giovedì 30 settembre 2010

Scrivere 2.0, di Luca Lorenzetti (Hoepli)

Nei giorni scorsi sono passato davanti al Fondo Manoscritti dell'Università di Pavia, creato da Maria Corti, dove sono conservati gli originali delle opere di moltissimi scrittori contemporanei. Inutile dire che il pensiero è andato subito a questo libro di Luca Lorenzetti, dedicato agli strumenti del web al servizio di chi scrive. Ed è altrettanto superfluo sottolineare come la scrittura e il web rappresentino, ormai, un binomio indissolubile e imprescindibile per chi fa dello scrivere il proprio strumento di riferimento professionale, artistico o culturale. Certamente il manoscritto propriamente detto è diventato un elemento obsoleto e credo che gli scrittori che sono soliti comporre i loro testi direttamente sulla carta si possano contare sulle dita di una o, forse, due mani. Nei rapporti fra scrittori e case editrici il termine manoscritto sta ancora a significare il supporto cartaceo consegnato dall'autore, ma è ormai chiaro che tale supporto è la versione cartacea di qualche cosa che è stata creata per mezzo di un computer. Ma anche il computer rimane uno strumento inanimato. E, come in ogni storia che si rispetti, lo strumento si anima nel momento in cui diviene il punto di partenza del viaggio verso il mare infinito di internet.
Il web, appunto, e la scrittura. E' questo l'interessante rapporto, utilissimo ed entusiasmante, che sta alla base della struttura di questo libro. Non soltanto un freddo manuale. Non soltanto un catalogo di link. Non soltanto un contenitore di notizie. Luca Lorenzetti illustra, con grande professionalità ad asciuttezza, lo stato dell'arte del rapporto fra lo scrivere e il web. Tutte le tematiche sono rappresentate e sviscerate. Dagli strumenti relativi alla creazione e alla conservazione dei documenti, alle problematiche legate alla loro condivisione con gli altri utenti, sino al dibattito sul rapporto fra autori ed editori nell'era dell'ebook.
Luca Lorenzetti non ci illude presentandoci facili approdi. Anzi, ci fa capire chiaramente che, al di là della tecnologia, il punto fermo rimangono sempre i contenuti, la loro importanza, la loro irrinunciabile completezza e la loro decisiva pregnanza. La tecnologia al servizio dell'uomo, quindi, e non certamente il contrario. Leggendo queste pagine si rimane affascinati dalle risposte alle nostre più immediate esigenze tecniche e professionali. Ma si rimane altrettanto affascinati dalle domande che la sfida del web ci pone. "Siamo alla preistoria di una vera e propria rivoluzione", dice uno dei tanti protagonisti ed esperti del web, le cui interviste punteggiano i capitoli del libro. E.M. Forster diceva che la Storia è in movimento mentre l'Arte è ferma. E che la volontà creativa dell'uomo che, per primo, scolpì scene di caccia, con la punta acuminata di una pietra, sulle pareti di una grotta, è la stessa di uno scrittore o di un artista nostro contemporaneo.
Ringraziamo perciò Luca Lorenzetti, per averci consegnato un'opera completa che ci illustra quegli strumenti che ci permetteranno di mantenere la nostra volontà creativa inalterata e adeguata alle sfide del nostro tempo.
Un libro.
Scrivere 2.0, di Luca Lorenzetti (Hoepli).

martedì 28 settembre 2010

Due bellissimi giorni

Due bellissimi giorni. Ecco la prima idea che si affaccia alla mia mente, ripensando alla mostra dei piccoli editori di Belgioioso. Certo, di mostre e di fiere di editori, in vita mia, ne ho viste parecchie. Ci sono stato da spettatore, da appassionato e anche a presentare quello che scrivo. Ma la sagoma del castello che vedi avvicinarsi lentamente, mentre arrivi a destinazione, fa sempre un certo effetto. Nella vita abbiamo, a volte, bisogno di certezze. E per me, l'appuntamento di fine settembre nella bassa pavese, ha il sapore del rito. Passa il tempo. Sì, passa il maledetto tempo. Questa era la ventesima volta che il rito si compiva. Perché la mostra dei piccoli editori c'è ormai da vent'anni. E, a passare tra i saloni, ad osservare i tavoli colmi di libri, a guardare i visi, la memoria va a tutti i libri che hai letto, a tutte le storie che ti hanno affascinato, a tutto il mondo irrinunciabile che nasce dalla passione per la parola scritta.
Passa il tempo. Sì, passa il maledetto tempo. E allora ti butti nella scia dei visitatori per fare, inconsapevolmente forse, un bilancio. E scopri che di volontà, di vivacità e di coraggio, questi piccoli e avventurosi editori ne avevano allora e ne hanno ancora di più oggi. E passi per gli stand. Ed entri a guardare le presentazioni. E ti perdi in questo rito per cercare, in qualche modo, di ritrovarti. E per scoprire che "Parole nel Tempo" (il nome della fiera) non è soltanto uno slogan, ma l'illustrazione di un programma di vita. E ti fermi a parlare con Anna Grazia D'Oria e Agnese Manni, della Manni Editori, che hai incontrato a maggio a Torino e che ritrovi qui, animate dallo stesso entusiasmo. E ritrovi Paolo Pedrazzi e Stefano Costa della Eumeswil, in compagnia della verve dandy di Francesco Forlani, di Nazione Indiana. E ti ritrovi al bar, perso in una lunga chiacchierata con Claudio Morandini e Matteo Di Giulio.
Passa il tempo. Sì, passa il maledetto tempo. Una veloce corsa a salutare Roberto Cicala, editore di Interlinea e siamo arrivati alla fine. Alla fine di due bellissimi giorni.
Passa il tempo. Sì, passa il maledetto tempo.

venerdì 24 settembre 2010

Le "Parole nel Tempo" (Belgioioso: sabato 25 e domenica 26 settembre)

Esistono libri, esistono storie che, con poche parole, rendono manifeste le pieghe più nascoste delle nostre vite e del nostro tempo
Anni fa lessi uno di questi libri. William Least Heat-Moon è l'autore di Strade blu, la storia di un viaggio attraverso le strade secondarie degli Stati Uniti. In una delle tappe del suo peregrinare, alla ricerca anche di se stesso, incontra uno studente universitario di origine nativa americana (la stessa dell'Autore). E' un incontro fra due uomini apparentemente simili. Uno però sta cercando, forse, le sue origini, l'altro, pur vivendo nella contemporaneità, le mantiene nella speranza di non perdersi. Ed è proprio questo studente universitario a dire: "Gli uomini bianchi credono che la vita sia un viaggio in linea retta, che va da un punto verso un altro. Invece la vita è un circolo e si deve ritornare sempre, prima o poi, nel luogo da dove si è partiti".
E' affascinante questa idea della circolarità della vita. E, in effetti, a pensarci bene, è proprio la riproposizione di alcuni punti fermi che ci permette di non perderci.
Anche la parola scritta, anche la lettura, anche i libri, anche le storie sono punti fermi che ci aiutano a comprendere dove stiamo andando e che, nella riproposizione continua della narrazione delle nostre gioie e dei nostri dolori, ci guidano in questa circolarità. Borges stesso diceva che "tutti i libri sono copiati". Ma, con questo, il grande argentino non si riferiva certo a plagi universali, bensì al fatto che, in tutti i libri, c'è sempre la stessa insopprimibile esigenza di raccontare e di raccontarsi.
Per questo, noi lettori, scrittori, editori e amanti della parola scritta, adoriamo così tanto la costante riproposizione nel tempo delle parole e di quegli appuntamenti nei quali la repubblica delle lettere (vera o presunta che sia) si mostra e si confronta.
E, allora, ecco che ogni anno arriva Torino e poi Mantova e poi tanti altri incontri. E a settembre arriva, da vent'anni, a Belgioioso, "Parole nel Tempo-Piccoli Editori in Mostra".
E da vent'anni, a Belgioioso, si incontrano lettori e scrittori ed editori. Soprattutto i "piccoli" editori. Che tanto piccoli poi non sono, visto che la letteratura più vera, più vivace e più lontana dalla dittatura televisiva la cercano, la trovano e la pubblicano proprio loro.
Per sapere tutto, ma proprio tutto su questa edizione di Parole nel Tempo, basta cliccare qui.
Sabato e domenica prossimi, quindi, tutti a Belgioioso.

mercoledì 22 settembre 2010

Scrittori giocatori, di Stefano Bartezzaghi (Einaudi)

Nel film Contact, tratto dall'omonimo romanzo di Carl Sagan, la difficoltà nel comprendere il messaggio che arriva da una civiltà extraterrestre, nasce dal fatto che il messaggio in questione viene tradotto sulla base delle tre dimensioni della nostra realtà. Sarà l'intuizione che quelle tre dimensioni non sono sufficienti, e che è necessario ricorrere ad una dimensione ulteriore, a far comprendere il suo vero significato.
Stefano Bartezzaghi ci guida nella scoperta di quella dimensione che si cela tra le parole scritte. Scrittori giocatori fa cadere una ad una le nostre certezze di lettori. Come Alice, accompagnati o forse trascinati dall'Autore, ci ritroviamo spaesati oltre lo specchio della nostre sicurezze. Sicurezze coltivate nella riduttiva, e falsamente tranquillizzante, pretesa che una storia, un racconto, un romanzo esauriscano nel rapporto catartico autore/lettore la loro funzione. Invece, come figurine immobili perse nel paesaggio surreale della vignetta di un rebus, come manichini statici di un quadro di De Chirico o come sagome mollemente scheletriche di un'opera di Dalì, ci ritroviamo prigionieri di un enigma di cui ignoravamo persino l'esistenza. Una carrellata di scrittori che hanno giocato con le parole e che, per mezzo di questo gioco, hanno saputo creare un vero e proprio universo parallelo dei significati nascosti. Tanti sono i nomi: Nabokov, Calvino, Proust, Queneau, Capote, tanto per citarne soltanto alcuni. Creatori di mondi, gioiosi carnefici della nostra insipienza ma, a volte, anche tragiche vittime del loro stesso gioco. Anche Stefano Bartezzaghi, da buon enigmista, non si sottrae a questa scelta e, nell'ultimo capitolo (dedicato a David Foster Wallace), compare addirittura come spettatore del funerale dell'autore di Infinite Jest.
Anche l'artefice Bartezzaghi, come in ogni buon gioco di specchi borgesiano, è rimasto prigioniero oltre lo specchio assieme a noi.
Un libro.
Scrittori giocatori, di Stefano Bartezzaghi (Einaudi).

domenica 19 settembre 2010

Diario di un maestro

Bruno Cirino in "Diario di un maestro"
Esistono antidoti. Sì, esistono. Esistono antidoti alla insipienza televisiva dei nostri tempi. Esistono possibilità di fuga, di discussione, di riflessione. Esistono possibilità di non essere ricondotti sempre ai cortocircuiti dei luoghi comuni del nostro presente. Non è certamente una richiesta di eccessivo pedagogismo. No. E' semplicemente il tentativo di scampare agli automatismi, peraltro poveri ormai di qualsiasi connotazione ideologica (e, forse, è meglio così) nei quali è infusa la nostra quotidianità. E' necessario scappare da una corporeità senza senso alcuno, da una riproposizione costante, costretta e, perché no, coattiva di modelli stereotipati, dai quali, sembra, non abbiamo vie di fuga.
La televisione degli anni Settanta è una miniera dalla quale è ancora possibile e necessario ricavare stimoli e occasioni di riproposizione di soluzioni non scontate. Certo, è facile oggi ricorrere agli slogans, alle frasi fatte, alle prese di posizione stereotipate. Rifarsi ad un buon senso comune (foriero, da sempre, di errori madornali e di facili soluzioni) che ha, come unica positività, quella di esentarci dal pensare.
Diario di un maestro è una delle tante produzioni della televisione degli anni Settanta che andrebbe rivista, discussa, valutata. E' una proposta di soluzioni non facili, non scontate, complesse. Ma sono proprio queste le soluzioni che possono salvarci da quel sonno della ragione che genera soltanto mostri.
Inoltre è un'occasione per rivedere un grande, e troppo presto scomparso, interprete: Bruno Cirino.

mercoledì 15 settembre 2010

Gli scrittori inutili, di Ermanno Cavazzoni (Guanda)

A leggere queste pagine di Ermanno Cavazzoni ci si ritrova dapprima leggeri e zompettanti, quasi come i personaggini tenuemente colorati di qualche illustrazione di Folon. Poi però, a mano a mano che si procede nella lettura, subentra nel nostro animo un certo pessimismo. E allora viene quasi da immedesimarsi nel fauno sfortunato e patetico di Allegro ma non troppo, di Bruno Bozzetto. E come quel vecchio fauno insegue, sempre rifiutato, una giovane e bella ninfa, anche noi scopriamo di essere degli inseguitori. Degli inseguitori del nulla. Perché, a nostro modo, siamo tutti riconducibili agli scrittori che Cavazzoni descrive con leggiadro sadismo. Tutti scriviamo, sulla carta, sulla pagina infinita di internet (per dirla alla Saramago) e scriviamo costantemente, indefessamente, senza tregua. Con l'intento, nemmeno troppo malcelato, di perpetuare qualcosa di noi stessi. Senza però renderci nemmeno conto che, in realtà, ciò che contribuiamo a rendere eterno è soltanto un costante, infinito, sfiancante rumore bianco.
Ermanno Cavazzoni ha guardato dentro se stesso, ha guardato dentro noi tutti. Ha scoperto lacrime e illusioni e, come nella miglior tradizione del pamphlet settecentesco, ci dice, con ironica follia, che, alla fin fine, siamo tutti soltanto dei fous littéraires. E che, nell'esserlo, siamo anche contenti e appagati.
Un libro.
Gli scrittori inutili, di Ermanno Cavazzoni (Guanda).

domenica 12 settembre 2010

Morte di un matematico napoletano

A volte succede di essere sorpresi nelle reminiscenze del proprio immaginario. Sedimentazioni di letture, di parole, di libri letti, di immagini viste. Libri e parole letti e, forse, dimenticati. Immagini che si sono aperte un varco nel nostro immaginario e poi si sono, forse, rese irreperibili. Immagazzinate e, forse, perse e dimenticate. Ma perse e dimenticate per essere poi, inesorabilmente, ritrovate.
Quell'impermeabile bianco, indossato quasi a celare il dolore di un'anima. Il giallo ocra della fotografia che, sapientemente, trasla lo spazio e il tempo. Lo spazio e il tempo di una Napoli che diviene luogo delle idee e di una storia senza tempo, anche se, nel tempo, anzi, nei suoi tempi, vi è drammaticamente infusa.
La storia di Renato Caccioppoli. La storia di un matematico.
Una narrazione tagliente che, nella sua stessa ragione d'essere, diviene simbolo della infinita possibilità del narrare. Di quel narrare che va ben oltre la parola e le immagini, per trasformarsi, nel suo stesso esistere, in una creazione autonoma. Che c'è per il solo fatto di esistere. Come la infinita, viva, tragica e ineluttabile sequenza dei numeri.
Come il superamento di un ostacolo spazio-temporale, le immagini di questo film, rivisto nella notte senza tempo di Enrico Ghezzi  mi hanno riportato al buio di una sala dove, anni fa, ho avuto il privilegio di esserne spettatore.
Un film.
Morte di un matematico napoletano, di Mario Martone (1992).

venerdì 10 settembre 2010

Workshop di scrittura con Michele Marziani

Michele Marziani
L'estate finisce e lascia il posto ai colori e alle atmosfere affascinanti dell'autunno, stagione ricca di occasioni e di contesti letterari ed enogastonomici. 
La Cia - Confederazione italiana agricoltori della provincia di Rimini, nell'ambito della rassegna "Storie da bere e da mangiare: raccontare attraverso i sapori", organizza per sabato 16 e domenica 17 ottobre 2010, presso l'agriturismo "I muretti", in località Monte Colombo, Rimini, il workshop di scrittura dal titolo “Il contadino ti fa sapere, del suo formaggio e delle sue pere …”. Condotto da Michele Marziani il modulo prevede 10 ore complessive di lavoro di cui 7 sabato - con 2 ore di scrittura individuale - e 3 domenica. La sessione si prefigge di creare una consapevolezza narrativa in tutti coloro che scrivono e comunicano intorno al mondo del cibo.

Principali destinatari sono:

- produttori di cibi e vini, agricoltori, piccoli artigiani, casari, norcini, olivicoltori, vignaioli per i quali è sempre più importante saper raccontare il proprio lavoro.
- appassionati di scrittura, interessati a misurarsi con una scrittura specialistica capace allo stesso modo di attraversare la vita e le storie delle persone: quasi nessun romanziere ha rinunciato a sedersi a tavola.
- giornalisti e aspiranti giornalisti enogastronomici.
- comunicatori, addetti stampa, blogger del mondo del cibo e del vino.

Il costo del workshop è di euro 150,00 (senza pernottamento) ed euro 185,00 (con pernottamento e prima colazione presso I Muretti). La quota comprende docenza, materiale didattico e due coffee break con prodotti tipici della Romagna. NUmero massimo dei partecipanti: 20

Gli argomenti trattati:

- il racconto del cibo e del vino
- la geografia come mappa di ogni storia
- incontrare e raccontare: la narrazione degli uomini e del fare
- allenamento alla percezione
- allenamento alla precisione
- scrivere attraverso i sensi: la magia dell'olfatto, lo spettacolo dei sapori
- scrivere, comunicare, far sapere, convincere, l'alchimia delle parole: istruzioni per un uso sensato e corretto.

ISCRIZIONI E INFORMAZIONI
Ufficio stampa Cia Rimini: Domenico Chiericozzi tel. 348-8898649
e.mail: d.chiericozzi@hi-net.it


Leggi qui la mia intervista a Michele Marziani.

martedì 7 settembre 2010

Intervista a Riccardo Sedini (Giallomania)

Riccardo, tu sei il presidente dell’Associazione Giallomania. Ci spieghi di cosa si tratta?
Di un'associazione che intende divulgare la cultura del noir italiano ed europeo e che si occupa di contattare i vari scrittori e organizzare eventi e presentazioni in tutta Italia. Abbiamo anche un sito www.giallomania.it che si occupa di recensioni e pubblicizza gli eventi. La nostra base è presso la libreria "I Girasoli" di Tortona.

Il giallo e il noir sono stati per anni  un tabù per gli scrittori italiani. Fino agli anni Ottanta si facevano semmai i nomi di Scerbanenco e forse di Attilio Veraldi che, con La mazzetta, Uomo di conseguenza, Il vomerese e gli altri suoi romanzi, si era fatto conoscere negli anni Settanta. Poi c’è stata l’esplosione vera e propria. E, da allora, la produzione italiana di questi generi si è sviluppata in maniera esponenziale. Qual è stata, secondo te, la molla che ha trasformato il panorama letterario italiano?
Il noir è presente in Italia fin dal 1930 sotto due forme: una, la nascita del giallo Mondadori cosi chiamato proprio per la sua copertina di colore giallo, poi si sono aggiunte anche le collane segretissimo e mistery.

Si può parlare di un modo, di uno stile italiano nella creazione della letteratura gialla e noir?
Certamente sì. Esiste, a questo proposito, proprio una scuola Milanese del noir italiano che ha avuto come capostipite Augusto De Angelis nel 1931 poi, a seguire, Giorgio Scerbanenco negli anni ’50 e ’60 e per ultimo, ancora vivente ma molto malato, Renato Olivieri.

Spesso si dice che il giallo e il noir abbiano così tanta fortuna perché sarebbero i generi più adatti a rappresentare la realtà attuale. Che ne pensi?
Sono pienamente d’accordo. Infatti il noir classico ultimamente si è diviso in noir sociale e noir di inchiesta, vedi ad esempio la bellissima collana di Lega Ambiente VerdeNero e Massimo Carlotto con i Mama Sabot, per non parlare di Giuseppe Genna e anche tanti altri.

Ha ancora un senso l’impostazione classica, alla Agatha Christie per intenderci, o per l’autore è necessario ormai aprirsi a soluzioni e a stilemi nuovi?
No, secondo me ha ancora un senso, perché molti scrittori si rifanno a questo genere nella stesura delle loro prime opere.

Tu abiti, come me, in una zona di confine. In quella terra dove non si sa bene dove finisca la Lombardia e dove incominci il Piemonte. È importante, per un autore, fare riferimento alla sua terra, ai suoi luoghi?
Moltissimo, prendiamo ad esempio Valerio Varesi con Parma, Bruno Morchio con Genova, come Maria Masella Cristina Rava e Maria Teresa Valle, tutte scrittrici di pura ambientazione ligure. Il legame con i luoghi che ci circondano e con le ambientazioni è secondo me essenziale per qualsiasi scrittore.

Tempo fa si è aperto un dibattito, animato da Raul Montanari, sul postnoir, cioè sul fatto che, ormai, molte narrazioni, anche non di genere, fanno riferimento ad atmosfere e ad ambientazioni caratteristiche del giallo e del noir. È una ulteriore legittimazione, oppure sei convinto che ogni genere debba mantenere ben definiti i propri confini?
Io sono per un genere di scrittura considerato di nicchia, non amo molto i minestroni e come neo direttore editoriale diffido di chi mi dice che ha scritto un libro TRA noir fantasy e mistery. Ognuno deve avere il suo ben determinato spazio e ruolo.

Sei il direttore editoriale della sezione noir della casa editrice ACAR. Ci parli di questa tua esperienza e di questo editore?
Io devo tutto all’incontro con Amos Cartabia che ha creduto nelle mie capacità e mi ha proposto questa avventura che ho subito accettato. Il mio compito è quello di selezionare i manoscritti proposti dagli scrittori di noir e thriller e devo dire che è un lavoro abbastanza impegnativo, ma molto interessante sia dal punto di vista della lettura che degli incontri.

lunedì 6 settembre 2010

Bologna, 8 settembre: New Wave, la scena post-punk inglese 1978-1982

New Wave, la scena post-punk inglese 1978-1982. Un libro di Pierfrancesco Pacoda. NdA press.
Far parlare i protagonisti della new wave inglese, ecco lo scopo di questo libro. Concepito come un diario di viaggio nel cuore dell’Inghilterra del dopo punk, quando l’estate anarchica dei Sex Pistols aveva fatto esplodere le energie sotterranee di band che univano la volontà di rivolta al puro gusto per la sperimentazione. Sfilano, in New Wave, incontri con gruppi ‘seminali’ come Throbbing Gristle, Pop Group, Essential Logic, Glaxo Babies, Passions, Killing Joke, Ruts, ed il "vecchio" Robert Wyatt che di questa generazione è stato il padre spirituale. Tutti incontrati nelle loro case, negli studi di registrazione, per le vie di Londra. Condividendo non solo una conversazione ma un frammento intenso di creatività sonora che continua, oggi, ad influenzare tutta l'avanguardia rock contemporanea. Alla scoperta di una delle più importanti scene musicali mondiali attraverso interviste inedite a gruppi e solisti.
Pierfrancesco Pacoda, critico musicale, saggista, scrive di stili di vita e culture giovanili su il manifesto, L'Espresso, il Resto del Carlino e altri giornali. È caporedattore di Hot. Contemporary Magazine. Ha scritto, tra gli altri libri, Hip hop Italiano (Einaudi) e Potere alla Parola e Sulle rotte del Rave (Feltrinelli). Insieme a Claudio Coccoluto ha scritto Io, dj (Einaudi).

Mercoledi 8 settembre 2010, ore 21.30. Assieme all'autore ne parlerà Alberto Ronchi, ospite Mark Stewart voce dei The Pop Group 
MODO INFOSHOP
(Interno 4 Bologna)
via Mascarella 24/b e 26/a
40126  -  Bologna
tel. 051/5871012

domenica 5 settembre 2010

Libri e panini: in Autogrill stravince Camilleri

Libri e panini: in Autogrill stravince Camilleri: "

camilleri I libri più gettonati in autostrada in questo Ferragosto? Oltre al panino Rustichella e al caffè, ci sono Camilleri e Lucarelli, che infatti sono gli autori dei titoli più venduti dalla rete Autogrill.


Gli Autogrill, leggo, hanno venduto oltre 200mila copie solo nel mese di agosto. Nella top ten Camilleri-Lucarelli con “Acqua in bocca”, seguiti da Jeffery Deaver con “Il filo che brucia” e da Benedetta Parodi con il suo “Cotto e Mangiato”.


Seguono “Canale Mussolini” di Pennacchi (vincitore Premio Strega 2010) e libri di manualistica. Non so perchè ma anche su di me i libri dell’autogrill hanno un fascino particolare: sono libri mainstream, di ‘consumo’, ultimi best seller, e niente di particolarmente sofisticato, eppure prende la voglia di comprarli, insieme a panini e caffè.




E’ che io non li avrei mai comprati, magari, visti in libreria, perchè in libreria mi faccio prendere da altro, cerco titoli che non siano best seller, poesia magari. E nei supermarket o negli autogrill invece mi prende la voglia. E’ capitato anche a voi? E condannate, come molti, l’idea di vendere libri non in libreria?


Perchè io dico: 1) se una persona (come me) non avrebbe, mettiamo, mai comprato quel libro; 2) e quello stesso libro quella persona l’ ha acquistato d’impulso in autogrill o al supermarket, 3) non sta quella persona comunque contribuendo ad allargare il mercato dei lettori italiani?



Libri e panini: in Autogrill stravince Camilleri é stato pubblicato su booksblog alle 16:04 di lunedì 16 agosto 2010.




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giovedì 2 settembre 2010

Dancing Days (1978-1979 i due anni che hanno cambiato l'Italia), di Paolo Morando (Laterza)

Il bianco e nero delle foto delle pagine politiche de L'Espresso; quello delle immagini dei quotidiani che ritraggono i processi ai terroristi, quei processi che per loro erano, come li definì Giorgio Bocca, delle vere e proprie "messe cantate"; il grigio di quelli che sono stati chiamati, dall'omonimo film di Margarethe von Trotta, gli "Anni di piombo"; i toni scuri e sgranati delle istantanee della Renault 4 in via Fani. Ecco, tutto quel nero, tutto quel grigio, improvvisamente, assume i toni sgargianti dei lustrini e delle pailettes. Lustrini e pailettes che accompagnano ancora il nostro intorpidito immaginario. Verrebbe quasi da dire, alla Dumas, ben più di "vent'anni dopo". Paolo Morando racconta, documenta, scopre un filo che sottotraccia ha iniziato, proprio nel biennio indicato dal titolo, a modificare radicalmente la società italiana e, soprattutto, la percezione che quella società ha di se stessa. Il "riflusso", la "fuga nel privato", definizioni entrate anch'esse in quel tritatutto che sono i luoghi comuni. Il tutto sarebbe semplicemente da archiviare negli annali degli studi sociologici e di costume. Quegli studi capaci di riassumere gli anni Cinquanta con il "chiodo" di Marlon Brando e lo sguardo perso di James Dean o i Sessanta con la minigonna di Mary Quant e le giacche con gli alamari della copertina di Sgt. Pepper's. Ma Paolo Morando ci racconta un'altra storia. Una storia che ha in superficie i colori sgargianti di quei lustrini e di quelle pailettes, ma che, nel profondo, nasconde, e nasconde ancora, tutte le tonalità di quel grigio che tanto affascina chi di quel grigio ammanta i suoi scopi nascosti. E che, da sempre, sono nascosti nelle profondità insondabili dei misteri della storia italiana.
Un Libro.
Dancing Days (1978-1979 i due anni che hanno cambiato l'Italia, di Paolo Morando (Laterza).

mercoledì 1 settembre 2010

Jimi santo subito!

Il 18 settembre ricorre il quarantesimo anniversario della morte di Jimi Hendrix. E tutti noi sappiamo bene quanto sia affascinante quando la musica e i suoi protagonisti vengono raccontati attraverso la parola scritta.
Nell'occasione di questo anniversario le Edizioni Shake pubblicano nella collana Underground questo interessante volume di Enzo Gentile.
Ecco il testo del comunicato stampa:

Quarant’anni di mitologia hendrixiana: il personaggio Jimi Hendrix e i motivi che ne hanno alimentato la leggenda, dalle prime incisioni del 1966 fino ai giorni nostri.

Jimi Hendrix, la sua musica, il suo stile di chitarrista stratosferico, la sua inventiva di cantante e compositore, hanno attraversato l’arte e il costume, il suono e le classifiche dalla metà degli anni Sessanta a oggi, per una densità, una qualità, una continuità sbalorditive. Il suo mito vive di luce propria, grazie alle continue pubblicazioni discografiche, all’influenza esercitata su generazioni intere di musicisti, all’attualità della sua immagine, recentemente utilizzata come testimonial nella campagna pubblicitaria di un importante marchio di jeans. Hendrix, più di ogni altro protagonista della cultura popolare del Novecento, incarna nella sua opera genio e modernità, tradizione e ricerca, in un quadro produttivo completatosi in meno di quattro anni.

Nel volume, insieme a una ricca selezione di immagini che coprono la carriera e aspetti poco noti della vita privata, si raccontano e si spiegano i motivi di questo fenomeno che non ha uguali e anzi si alimenta con progetti e produzioni sempre seguitissime dai media e dal grande pubblico.
Totem trasversale e senza età, Hendrix viene qui esaminato e illustrato con una serie di sguardi in profondità: maestro di performance dal vivo, autore di canzoni dai testi lucidi e visionari (qui tradotti e commentati), osannato da amici e colleghi (di cui si riportano decine di dichiarazioni) e ricordato in una rara intervista al padre Al e alla sorellastra Janie, oggi a capo della società che ne organizza la memoria e gestisce l’eredità.

Jimi santo subito! ospita interventi di giornalisti e studiosi che riflettono intorno al pianeta-Hendrix da diverse angolazioni: i rapporti con il jazz, il ruolo all’interno della comunità nera, i rapporti con il potere e le “attenzioni” riservate da polizia e servizi segreti, la sua icona nel campo dell’immagine, la tensione “mistica” che sprigionava il personaggio, i contatti con i musicisti italiani durante il tour 1968. In appendice, una guida minuziosa e aggiornata a oltre cinquanta tra dischi e dvd, frutto di una strabiliante epopea produttiva, e una panoramica su articoli storici e più recenti, ripresi dalla stampa italiana.

L’autore: 

Enzo Gentile (Milano, 1955), giornalista e critico musicale. Ha scritto per un centinaio di  testate (tra cui Repubblica, Mattino, Europeo, Panorama, Diario, Linus, Ciak, Jam), lavorato per radio e tv (RadioRai, Radio Popolare, Radio 24). Docente universitario (Cattolica e IULM, a Milano), in master e corsi di formazione, ha curato convegni, mostre (Beatles, Woodstock, la grafica nelle copertine del jazz e del rock), ed è autore di saggi e presentazioni per le maggiori istituzioni (dalla Scala al Piccolo Teatro), oltre che di una dozzina di libri ad argomento musicale (Note di pop italiano, 1978, Arcipelago rock, 1987, Rock around the clock, 1995, Enciclopedia del pop-rock, 1999, A day in the life, 2006, Beatles ’68, 2008). E’ ideatore e direttore artistico di varie manifestazioni, da Suoni e Visioni (dal 1990) a Music club (2009).