martedì 7 settembre 2010

Intervista a Riccardo Sedini (Giallomania)

Riccardo, tu sei il presidente dell’Associazione Giallomania. Ci spieghi di cosa si tratta?
Di un'associazione che intende divulgare la cultura del noir italiano ed europeo e che si occupa di contattare i vari scrittori e organizzare eventi e presentazioni in tutta Italia. Abbiamo anche un sito www.giallomania.it che si occupa di recensioni e pubblicizza gli eventi. La nostra base è presso la libreria "I Girasoli" di Tortona.

Il giallo e il noir sono stati per anni  un tabù per gli scrittori italiani. Fino agli anni Ottanta si facevano semmai i nomi di Scerbanenco e forse di Attilio Veraldi che, con La mazzetta, Uomo di conseguenza, Il vomerese e gli altri suoi romanzi, si era fatto conoscere negli anni Settanta. Poi c’è stata l’esplosione vera e propria. E, da allora, la produzione italiana di questi generi si è sviluppata in maniera esponenziale. Qual è stata, secondo te, la molla che ha trasformato il panorama letterario italiano?
Il noir è presente in Italia fin dal 1930 sotto due forme: una, la nascita del giallo Mondadori cosi chiamato proprio per la sua copertina di colore giallo, poi si sono aggiunte anche le collane segretissimo e mistery.

Si può parlare di un modo, di uno stile italiano nella creazione della letteratura gialla e noir?
Certamente sì. Esiste, a questo proposito, proprio una scuola Milanese del noir italiano che ha avuto come capostipite Augusto De Angelis nel 1931 poi, a seguire, Giorgio Scerbanenco negli anni ’50 e ’60 e per ultimo, ancora vivente ma molto malato, Renato Olivieri.

Spesso si dice che il giallo e il noir abbiano così tanta fortuna perché sarebbero i generi più adatti a rappresentare la realtà attuale. Che ne pensi?
Sono pienamente d’accordo. Infatti il noir classico ultimamente si è diviso in noir sociale e noir di inchiesta, vedi ad esempio la bellissima collana di Lega Ambiente VerdeNero e Massimo Carlotto con i Mama Sabot, per non parlare di Giuseppe Genna e anche tanti altri.

Ha ancora un senso l’impostazione classica, alla Agatha Christie per intenderci, o per l’autore è necessario ormai aprirsi a soluzioni e a stilemi nuovi?
No, secondo me ha ancora un senso, perché molti scrittori si rifanno a questo genere nella stesura delle loro prime opere.

Tu abiti, come me, in una zona di confine. In quella terra dove non si sa bene dove finisca la Lombardia e dove incominci il Piemonte. È importante, per un autore, fare riferimento alla sua terra, ai suoi luoghi?
Moltissimo, prendiamo ad esempio Valerio Varesi con Parma, Bruno Morchio con Genova, come Maria Masella Cristina Rava e Maria Teresa Valle, tutte scrittrici di pura ambientazione ligure. Il legame con i luoghi che ci circondano e con le ambientazioni è secondo me essenziale per qualsiasi scrittore.

Tempo fa si è aperto un dibattito, animato da Raul Montanari, sul postnoir, cioè sul fatto che, ormai, molte narrazioni, anche non di genere, fanno riferimento ad atmosfere e ad ambientazioni caratteristiche del giallo e del noir. È una ulteriore legittimazione, oppure sei convinto che ogni genere debba mantenere ben definiti i propri confini?
Io sono per un genere di scrittura considerato di nicchia, non amo molto i minestroni e come neo direttore editoriale diffido di chi mi dice che ha scritto un libro TRA noir fantasy e mistery. Ognuno deve avere il suo ben determinato spazio e ruolo.

Sei il direttore editoriale della sezione noir della casa editrice ACAR. Ci parli di questa tua esperienza e di questo editore?
Io devo tutto all’incontro con Amos Cartabia che ha creduto nelle mie capacità e mi ha proposto questa avventura che ho subito accettato. Il mio compito è quello di selezionare i manoscritti proposti dagli scrittori di noir e thriller e devo dire che è un lavoro abbastanza impegnativo, ma molto interessante sia dal punto di vista della lettura che degli incontri.

Nessun commento: