Un sottile confine divide la serenità dall'angoscia nei personaggi che vivono nei romanzi di Yusuf Atılgan. Una no man's land che invade il vissuto esteriore e quello interiore, generando una configurazione borderline in cui è sempre più difficile e complesso scorgere il perimetro di un'ibridazione che metabolizza il reale e lo trasfigura in un inquietante teatro della mente che sembra possedere le parole, le posture, i pensieri.
Per le strade e le piazze di una Istanbul, che spesso diviene opacamente onirica (luogo dai confini quasi irreali tanto sono incuneati nella mente di chi li percorre), cammina, pensa, incede, indifferente a tutto e a tutti, ma anche al contempo estremamente permeabile a ogni influsso sia delle anime che delle pietre, lo sfaccendato, personaggio che Yusuf Atılgan definisce solo con la lettera maiuscola C. Non sappiamo se così ne indica l'iniziale del nome o del cognome, ma in tal modo comunque lo incardina nell'universo dei K. che si muovono nella densa surrealità mitteleuropea che si declina ora nella città simbolo del ponte che unisce, o divide, Europa e Asia.
Come già è accaduto prima nella galassia delle narrazioni, altri personaggi sono stati in modo agghiacciante schiavi di un continuo camminare senza sosta tra le vie di una città, fino al raggiungimento del limite della sopravvivenza fisica e psichica (pensiamo ai racconti di E.A.Poe), ma C. cammina attraverso Istambul sostenuto economicamente da una rendita finanziaria misteriosa, di cui non ci viene chiarita la fonte se non attraverso i cadenzati incontri con un avvocato che amministra beni mobili e immobili lasciati a C. da successioni ereditarie altrettanto misteriose.
C. si lascia attraversare dagli incontri, dai ricordi, dagli amori, dalle incomprensioni umane, che forse per primo ricerca, per poi rimanere interrogativamente attonito, all'inseguimento di un principio senza fine o di una fine senza principio. Baristi zelanti, tassisti feroci, passanti frettolosi, artisti bohémien, donne e ragazze che seminano, con consapevole e indolente indifferenza, la bellezza erotica che nasce dalle irresistibili curve dei loro corpi, amici abbandonati senza ragione, conoscenti intrappolati in discussioni senza tempo, questo è l'universo umano che C. esplora senza sosta e, tuttavia, con la distaccata serenità che nasce dalla consapevolezza di essere il punto in cui lo scorrere del tempo trova quella inconoscibile e inafferrabile misura quantistica che lo fa giungere alla sua stessa autonegazione.
Lo sfaccendato è soprattutto il romanzo dello scorrere del tempo, della relatività delle distanze consce e soprattutto inconsce, distanze che, in primo luogo, definiscono quello spazio tempo in cui l'eterno mascolino si perde completamente nel tentativo di afferrare l'eterno femminino che rappresenta quella parte di cui ha necessità estrema e che, comunque, mai riuscirà a comprendere.
Lo sfaccendato, di Yusuf Atılgan (Calabuig).
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