Esiste un diaframma, un confine, un’interfaccia che è anche e soprattutto luogo di contaminazioni e di feedback, un’interzona che fonde e trasla quello che Gabriele Frasca definirebbe scambio di informazioni genetiche e non genetiche e che si pone tra l’inconscio di quella unità carbonio che è la macchina umana e l’universo esterno che questa macchina influenza e da cui è al contempo influenzata. Augusto Iossa Fasano esplora questo territorio di contaminazioni multiunivoche, questo cosmo in cui l’essere umano si muove e contempla le mutazioni che intersecano e trafiggono il corpo, la mente, le percezioni. Dalle definizioni di una mappatura necessariamente psicoanalitica e medica l’Autore prende le mosse per spingersi oltre i phildickiani Bastioni di Orione, seguendo la rotta segnata dai casi clinici con i quali da analista si è confrontato e si confronta, compiendo un viaggio attraverso la linea d’ombra che permea questi casi, giungendo a quel cuore di tenebra in cui l’oscurità è rischiarata dai bagliori di quelle astronavi in fiamme ricordate dall’androide di Do androids dreams of electric sheep mentre cerca di stipulare un armistizio con la sovrumana (auto)coscienza della infinita reiterazione della finitezza. E sono proprio quei bagliori che proiettano sullo specchio borgesiano, che si frappone tra il sé e l’universo, le ombre la cui osservazione e interpretazione conduce faticosamente la macchina umana a comprendere quale sia l’attimo in cui potrà, per una volta ancora, definirsi (in)finita nel benefico superamento della stupefazione prodotta dal confronto spietato tra la sua elastica fisicità e la rigidità forse mortale dei device e delle protesi, siano esse terapeutiche o anche e soprattutto esaltatrici di un potere che ci sorprende nel momento in cui quegli stessi device sembrano prendere il dominio sui loro stessi portatori. Ecco allora l’ostensione del rifiuto (il lancio) della protesi, messaggio estremo di una psicosi che cerca la verità, verità che sarà tale solo quando il cyborg affronterà il pensiero altrettanto estremo della provenienza e della genesi dei suoi ricordi, della sua memoria, del suo percepirsi immerso nella densità sorprendente di un universo della coscienza che si espande così come si espande l’universo quantistico delle particelle elementari. Ma è questa un’espansione le cui coordinate spaziotemporali sono determinate dallo stesso viaggiatore che è al contempo soggetto e oggetto, esploratore ed esplorazione, osservatore e osservato. Perché infiniti sono gli attimi della finitezza.
Un libro.
Fuori di sé. Da Freud all’analisi del cyborg, di Augusto Iossa Fasano (Edizioni ETS).
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