Avevamo assoluta necessità di
questa traduzione integrale. Noi, che da sempre abbiamo cercato nella
fantascienza quelle impronte, quelle tracce che ci avrebbero senz’altro
condotto al tentativo, forse titanico, di comprendere il presente. Ricordi
cinematografici sostengono questa opera dalla lettura irrinunciabile. Le
atmosfere rarefatte di Tarkowskij che vengono poi riprese dall’hollywodiano
Soderberg e scopriamo (e ci stupiamo di questo e forse non dovremmo), nella
postfazione di Francesco M.Cataluccio che Lem preferiva il secondo al primo, in
una rivelazione che ci fa comprendere molto di quello che credevamo di sapere,
che ci illudevamo di conoscere di quella fantascienza altra che, come quella
dei fratelli Strugackij (altri oggetto tarkowskijani con il loro Picnic sul ciglio della strada divenuto l’immenso
Stalker) scriveva quasi in
opposizione semantica e sintattica alle space operas degne di un western alla
John Ford e alle saghe asimoviane debitrici del Decline and fall of the Roman Empire di Gibbon.
Colossale affresco della sofferenza della psiche umana,
Solaris va ben oltre l’essere
soltanto un romanzo. Solaris è la
zona misterica della letteratura, tra quei rimandi borgesiani a infinite
biblioteche, enciclopedie e raccolte di articoli sulla Solaristica, che
riprendono a amplificano il desiderio inappagato e inappagabile della totale
conoscenza (maledizione tipicamente umana) e quella tassonomia fantastica di
autori e opere che anticipa di molto il Bolaňo di La letteratura nazista in America.
Luogo inafferrabile a qualsivoglia definizione
letteraria, Solaris è l’ostensione
anatomica dell’infinita insondabilità della mente umana.
Come disse una volta Lem, nella fantascienza c’è molta
spazzatura e, qualche volta, del genio. Stanisław Lem rappresenta senza ombra
di dubbio il genio.
Un libro.
Solaris,
di Stanisław Lem (Sellerio).
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