Esiste una linea narrativa che, spargendosi dalla parola scritta fino al mare infinito del web, inizia dall’imprescindibile Ermanno Cavazzoni e lentamente scende a valle, attraversando Paolo Nori, Alessandro Bonino e arrivando a lambire Enrico Remmert e Luca Ragagnin. È la linea espressiva dei fous littéraires, dell’immagine felliniana, della furbesca ingenuità del Bertoldo, della tragicomica vitalità delle maschere della Commedia dell’Arte, che vive in un eterno e sanguigno paesaggio narrativo che spesso è geniale, altre volte un po’ stucchevole, ma comunque c’è e lascia il suo segno.
Remmert e Ragagnin sono vittime e carnefici al contempo di questa linea narrativa che prendono e fanno combaciare con un paesaggio e un territorio che è quello di quel Piemonte che diventa Monferrato, Langa e Roero. E la cartina della loro poetica diventa così magistralmente la stessa cartina di un territorio, nella consapevolezza affascinante, e che gli Autori dimostrano, che una mappatura narrativa è anche la mappatura di un luogo e viceversa.
Geniali sì, Remmert e Ragagnin, ma anche un po’ stucchevoli, in quella narrazione che, a farsi prender troppo la mano, diventa maniera e si sente che manca comunque un Beppe Viola che fa il verso, ma lui lo faceva quasi trasfigurandosi, al Gioann Brera.
L’acino fuggente è un’opera interessante ma incompiuta, un po’ come quelle che son belle sì, son coinvolgenti sì, ma son un po’ dolci e un po’ fresche e manca sempre un qualche cosa, un po’ come un kiwi che non sa se esser lampone, fragola o limone.
Un libro.
L’acino fuggente. Sulle strade del vino tra Monferrato, Langhe e Roero, di Enrico Remmert e Luca Ragagnin (Laterza).
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