Paolo Milano fu, dal 1957 al 1986, critico letterario de L'Espresso. Costretto all'esilio negli Stati Uniti, a causa della leggi razziali, tenne un diario. Detta così può sembrar semplice, ma gli scritti di Paolo Milano non possono (anzi, non debbono) essere considerati una semplice sequenza di annotazioni quotidiane. Le sue note sono un vero e proprio reportage che, prendendo le mosse apparentemente dagli aspetti più intimi, ci consegnano il sapore, l'odore, i sentimenti di quelle che sono state le atmosfere sociali, politiche e culturali degli anni Cinquanta. Anni vissuti dall'Autore a cavallo fra due continenti, al continuo inseguimento di un ideale di vita purtroppo irrealizzabile. Apparentemente ciniche, le sue annotazioni sono un inestimabile tesoro che ci permette di capire quelle che sono state le nostre radici politiche e culturali e che, nonostante tutto, certi meccanismi e certe dinamiche sono inestirpabili. Viaggiatore fra due continenti, forse non più europeo e certamente non ancora americano, Paolo Milano segna sulla carta le sue visioni più segrete, più personali e più intime che, tuttavia, sono per noi un lasciapassare irrinunciabile per comprendere il nostro presente. Molto stimato da Giorgio Manganelli, frequentatore, suo malgrado, del milieu culturale dell'epoca, Milano si schermisce e stupisce spesso della sua condizione, in uno sfogo personalissimo e amaro che trasfigura le sue parole nel senso di un'epoca che, ferita dall'orrore della Seconda Guerra Mondiale, ha celato, dietro a un apparente ed instancabile iperattivismo, il proprio inguaribile male di vivere.
Un libro.
Note in margine a una vita assente, di Paolo Milano (Adelphi).
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