Una mirabile ibridazione tra significati, sentimenti, narrazioni, tra mitteleuropa e Australia, in una sorta di avvicinamento (quasi) impossibile tra mondi, parole, storie. La luminosa arsura di un deserto australiano che sta ai confini del mondo, colonizzato da città e abitanti che sono il ricordo di un passato che si è forse perso nel futuro e la racchiusa magnificenza di una Vienna che ospita le rimembranze di un passato di Felix Austria trasmutatosi con dolore accorto in quella Finis Austriae che Joseph Roth raccontò con tristezza assoluta e analitica, si confrontano, si osservano, si cercano, intuiscono una possibilità di comprensione che va oltre i confini, le città, le nazioni. Ambientazioni di un vecchio mondo a volte astioso nella difficile convivenza con splendori antichi che sono ormai passati inesorabilmente, a volte immerso suo malgrado nella interpretazione sofferta di autori come Thomas Bernhard, palazzi che contengono l’affastellamento di ricordi dal valore sentimentale e anche patrimoniale che improvvisamente si arresta di fronte a stanze dalla postmoderna asetticità, scenari che si fondono con gli stessi personaggi che quelle mura abitano. Un viaggio a bordo di una nave mercantile che ricalca rotte contemporanee che attraversano luoghi del colonialismo ottocentesco dalle reminiscenze europee, reminiscenze che comunque sono ai due stessi estremi di questo viaggio che è anche viaggio conradiano alla scoperta, o meglio, alla ricerca di una definizione, impossibile forse, di quella linea d’ombra che accompagna la vita di ogni essere umano. Un viaggio costellato dalle interpunzioni di tempi narrativi che si intrecciano come una partitura musicale. E l’oggetto atavico di un pianoforte rinnovato nella sua tecnica ai confini del nuovo mondo ritorna, per una nemesi delle cose prima ancora che della storia, al vecchio mondo che in lui si rispecchierà e giungerà alla negazione, comunque impossibile, di tutto il suo passato per mezzo di una performance dai toni delilliani e bolañiani in cui la distruzione dell’oggetto è catarsi impossibile di un intero continente che non riesce a emendarsi dalla sua storia. Forse solo l’amore che unisce un uomo e una donna rimane come eterno avvertimento che un embrione di speranza è possibile, sempre.
Murray Bail scrive un romanzo particolare, interessante, che riesce in quella difficoltosa missione di rappresentare il punto Omega in cui l’immenso si unisce all’attimo e che è forse la missione ultima della letteratura.
Un libro.
Il Viaggio, di Murray Bail (Calabuig).
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