Ci sono domande che sono determinanti nell’universo della scrittura. Quale tipo di linguaggio è necessario utilizzare? Che rapporto esiste tra la condizione dei personaggi e lo stile con cui si esprimono? E come far convivere l’espressione linguistica delle varie epoche storiche con la contemporaneità dei lettori? Domande che sono alla base di quella struttura che dal Settecento si è formata con il nome di romanzo e che lo stesso Alessandro Manzoni si è posto per tutti i decenni di travaglio di quei Promessi sposi che sarebbero stati il primo romanzo in lingua italiana. Domande che si ripresentano con urgenza estrema soprattutto in quei luoghi che sono stati vittime della colonizzazione europea e che hanno avuto la necessità di sviluppare un linguaggio unificante non solo delle narrazioni ma, attraverso di esse, anche di un popolo. La lingua, la scrittura sono elementi determinanti dell’identità di un paese, di una collettività che, con esse, ribadisce la propria vitalità e la propria affermazione come entità vivente. È proprio questo è l’elemento dominante che sta alla base di questo Decolonizzare la mente. Ngugi Wa Thiong’o, scrittore e intellettuale africano che è stato incarcerato per l’attività da lui condotta per l’affrancamento linguistico della sua gente, descrive in questo saggio tutta l’odissea rivoluzionaria, culturale, narrativa ed editoriale che ha coinvolto un intero popolo per giungere al perfezionamento di una liberazione che non è mai completa del tutto finché non perviene anche alla emancipazione dalla lingua e dalla scrittura dei colonizzatori. Decolonizzare la mente è libro utilissimo per chi voglia conoscere gli aspetti meno appariscenti, e tuttavia non meno importanti, del processo della decolonizzazione africana, processo che, nonostante l’indipendenza ottenuta negli Anni Sessanta, è per molti aspetti economici, politici, sociali e culturali in attesa di un completamento ancora estremamente difficile. Il confronto tra tradizione orale e scrittura, tra teatro come espressione sociale e teatro come retaggio di domini culturali, tra romanzo che utilizza la lingua dei colonizzatori e romanzo che vuole nascere dalla lingua orale di un popolo alla ricerca del suo alfabeto scritto; queste sono le principali questioni che l’Autore affronta in questo saggio che si trasfigura in divenire storico di una nazione e di un continente. Così come Cirillo e Metodio affrontarono nel medioevo la creazione di un alfabeto slavo, così come ancor prima Ulfila cercò di fermare sulla carta la parlata dei Goti, ecco che ancora una volta, nell’infinito divenire della Storia, altri popoli sono alla ricerca della affermazione della loro identità culturale attraverso la scrittura, affrancandosi da un retaggio alfabetico e linguistico imposto proprio da quelle genti europee che mille anni prima sono andate alla ricerca di quella stessa liberazione dal dominio culturale dell’impero romano. In questo senso Decolonizzare la mente è libro illuminante. Nulla è mai nuovo sotto il cielo della storia dell’umanità e spesso i dominati di ieri divengono i dominatori dell’oggi.
Un libro.
Decolonizzare la mente. La politica della lingua nella letteratura africana di Ngugi Wa Thiong’o (Jaca Book).
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