Il viaggio che si compie
percorrendo la produzione di uno scrittore risponde a leggi strane e in parte
sconosciute che, a nostra insaputa, creano misteriosi disegni. Così come la
trama a ritroso di Underworld anch’io, nel percorrere il mio personale viaggio con DeLillo, giungo infine al suo
primo libro.
C’è stato un tempo in cui lo
scrittore italoamericano lo si trovava edito da Tullio Pironti che, per primo,
lo fece conoscere al pubblico italiano. Ma Americana
era invece pubblicato dal Saggiatore, in base a quei misteriosi casi di
trasferimento e acquisto dei cosiddetti foreign rights. Oggi DeLillo è pubblicato da Einaudi.
Ho iniziato il mio personale
viaggio tra le parole di DeLillo anni fa, con Rumore bianco. Viaggio che ora mi fa approdare a questa sua opera
prima così definitiva. Definitiva nella misura in cui presenta da subito tutte
le sue ossessioni. Il suo voyeurismo descrittivo che lo porta ad essere
osservatore del frenetico dibattersi delle vite dei suoi personaggi. La
presenza costante dei feticci che circostanziano lo scorrere del tempo di una
collettività che rimane basita di fronte alla propria incapacità di porsi
domande. Lo stagliarsi inquietante di un paesaggio, mai veramente descritto, ma
tuttavia sempre presente, che confronta metropoli (luogo di angoscianti
strutture che incombono quasi senza vita) e deserto (zona di autodafé senza
assoluzione alcuna). E poi l’affascinante commistione di segni stilistici, di
installazioni artistiche, di performances totalizzanti che in Americana prendono le forme di una resa
dei conti condotta con il mezzo della cinepresa, strumento di autoanalisi, per
mezzo del quale l’io narrante coinvolge chi gli sta intorno nella creazione di
un film che è, poi, il film della sua propria vita. La parola scritta a DeLillo
già non basta più. Deve lasciare spazio alla commistione, alla contaminazione
dei generi. La parola che si fa vettore di idee, di confronti, di narrazione
nella (della) narrazione. Un gioco di specchi dove l’origine dei personaggi si
perde e si trasforma lentamente in un riflesso di ricordi, di azioni, di
assente corporeità.
Un riflesso che, alla fine, rivelerà
il nulla che circonda la nostra società.
Non c’è scampo nei romanzi di
DeLillo. Per nessuno e per niente.
L’ostensione del nulla della
nostra contemporaneità è destinata a continuare.
Un libro.
Americana, di Don DeLillo (Einaudi).
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