lunedì 23 settembre 2013

La letteratura nazista in America, di Roberto Bolaňo (Adelphi)

Deliziose e definitive simulazioni che tessono una trama che va al di là della realizzazione dell’opera dell'Autore, opera che trasfigura da sempre se stessa da veicolo descrittivo in strumento, mezzo, particella eterna di un universo che vive e riproduce se stesso tra gli specchi (ustori?) di affascinanti malie che fondono echi borgesiani, sentimenti feroci, vitalità estreme e tragiche escatologie. Universo dove la parola non si limita alla pur fatale descrizione, ma va ben oltre il suo stesso ruolo, sino a giungere alla enunciazione di un vero e proprio atto creativo cosmico.
Tassonomia letteraria che prende le mosse da realtà che sono (diventano) finzione e da finzioni che sono realtà, esercizio definitivo di narrazione estrema che conduce verso orizzonti che fluttuano sornioni in quella interzona del creato letterario, interzona gravida di demiurghi tragici che osservano e plasmano strutture narrative che si palesano lentamente nella definizione dei confini del cosmo narrativo, allo scopo di superare quegli stessi, nella dimostrazione ultima dell’infinito percorso della narrazione. Palesamento di stimmate borgesiane imprescindibili, terra di mezzo narrativa tuttavia bolaňiamente determinata, carta geografica uno a uno di un impero della parola, lotteria fantastica nella cui esibizione vengono domate e condotte alla ragione persino travalicazioni ucroniche phildickiane.
La letteratura nazista in America è tassello irrinunciabile nel e del mosaico bolaňiano, è tessera preziosamente cesellata di quel domino (di quell’universo) narrativo che termine non può mai avere se non nel suo impercettibile e tuttavia irrevocabile crollo organizzato da quel suo stesso autore/demiurgo, crollo che ha lo scopo ultimo della e nella dimostrazione dell’orrore atavico che alberga da sempre in quella gnosi misterica e indicibile che è l’umanità.
Un libro.
La letteratura nazista in America, di Roberto Bolaňo (Adelphi).

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