Judith McPherson, bambina tragica e triste, discendente
forse di quel tranquillo incubo che fu il filmico Il villaggio dei dannati, altra angoscia britannica dall’orrore
definitivo, si muove in quei meandri cupi di vie e di case che richiamano quei Territori londinesi che Martin Amis adorna
di oscura frammentazione di pietre e di anime. E Terra dell’Adornamento è il
nome di quel simulacro involontariamente satanico che la piccola Judith adorna
a sua volta di oscuri presagi e desideri. Come la bambola Perky Pat (bambola che
Leo Bulero vende ai coloni di Marte per sollevare la loro grama e
insopportabile vita, nel phildickiano Le
tre stimmate di Palmer Eldritch) agisce in una vita di felicità virtuale
all’interno di plastici in miniatura, corroborati dalla simultanea assunzione
della droga Can-D da parte di chi quei plastici acquista, così le figurette che
si appostano nella Terra dell’Adornamento, che la piccola Judith costruisce con
spontanea e disperata sofferenza, iniziano a fondare la valvola di sfogo alle
violenze e afflizioni subite. Come la Carrie White di Stephen King, anche la
piccola Judith si trasfigura in strumento di tragici accadimenti, persa in una
vita dominata da adulti che le durezze di una faticosa e triste esistenza hanno ormai costretto
ad abdicare da ogni ruolo di guida.
L’Autrice costruisce un angoscioso flusso di coscienza attraverso
il quale il punto di vista della piccola Judith lentamente si altera nella visione
totalizzante di una dolorosa e sofferente messaggera di morte. Quella Land of
Decoration altro non è se non la terribile visione di un mondo che è troppo dolente
per poter essere sopportato. Con Il posto
dei miracoli, Grace McCleen ha scritto la storia di un’educazione alle definitive e ineludibili asperità della vita.
Un libro.
Il posto dei miracoli,
di Grace McCleen (Einaudi).
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