Ogni volta che leggo Guido Morselli mi girano i coglioni. Sì, mi girano proprio i coglioni. E mi girano ogni volta che lo leggo e ogni volta che penso che l'editoria italiana se lo spupazza e se lo mette sull'altare dei mammasantissima della letteratura solo da quando il Morselli si è suicidato. Uno dei più grandi scrittori delle nostre fottute patrie lettere, uno che poteva dare (e che dà comunque) dei punti a tutto il postmodernismo amerikano, a tutti gli scribacchini anglosassoni che trovano il loro punto finale nel DFW e in tutte le polemiche tra lui (morto) e un Bret Easton Ellis che è più morto che vivo. Tutta una manfrina letteraria d'oltreoceano che, se fossimo noi tenutari di una letteratura seria, ce ne staremmo zitti e mosca e non la degneremmo nemmeno di uno sguardo, tanto non è nemmeno degna dell'episodio pilota di Entourage.
Ho cominciato a leggere Morselli sul finire degli anni Settanta e da poco ho terminato il suo Divertimento 1889 e sto leggendo i suoi Diari. Sono passato attraverso Dissipatio HG, Roma senza Papa, Contropassato prossimo e ogni volta che lo leggo mi confermo in quel disprezzo che ho per le nostre patrie lettere, luogo del tutto inadatto a capire e a comprendere quelle che sono le reali dimostrazioni di genio letterario. Sì, lo ripeto e lo ripeterò all'infinito... ogni volta che leggo Guido Morselli mi girano i coglioni.
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