A volte reminiscenze
adolescenziali portano a rispolverare ricordi ormonali. Un numero sgualcito di
Playboy, quello della edizione italiana degli anni Settanta, diretta da
Maurizio Mosca. Il Playboy che, per intenderci, vendeva un milione di copie
mettendo in copertina Ornella Vanoni. E questi ricordi lontani di acerbe
scoperte erotiche mi portano alla mente il nome di Gian Carlo Fusco che,
proprio in quel numero, se non ricordo male, era autore di un lungo,
circostanziato ed ironico articolo sulla partouze. Il nome di Gian Carlo Fusco
si è da allora sedimentato nelle mie ricerche letterarie che, negli anni, mi
hanno fatto poi scoprire questo irregolare della letteratura. Leggere Fusco ha
la sua importanza per due motivi. Il primo è quello, direi quasi igienico, della
liberazione per un istante dalla contemporaneità del narrare, liberazione che
ci fa riscoprire un autore a suo modo anarchico e guascone. Il secondo è quello
di riportare il lettore, almeno per un attimo, a quello scrivere che è quello
dei Montanelli e dei Piero Chiara, quello scrivere apparentemente leggero dove
la leggerezza altro non è se non un modo per rimarcare, invece, la pesantezza
del vivere quotidiano. Quello scrivere dove l’ironia ha il pregio di
trasformarsi in una lama affilata che fa a pezzi i luoghi comuni di
quell’italietta che, da sempre, alberga anche nei cuori e nei comportamenti più
insospettabili.
Gian Carlo Fusco, con Le rose del ventennio, dipinge con
pennellate decise ed essenziali, il ritratto di quell’italietta, di quel misto
di tragica comicità e di comica tragedia che, purtroppo da sempre, fanno da
sfondo alla nostra storia patria. Solo la penna, geniale nella sua austera
semplicità, di uno scrittore fuori dagli schemi come Fusco poteva donarci un
ritratto così pregnante di noi stessi. Le
rose del ventennio è sì ambientato tra la presa di potere del fascismo e la
guerra d’Albania, ma la sua contemporaneità è semplicemente disarmante. Come un
abito di alta sartoria che dura negli anni e sfida tutte le mode, i racconti
che compongono Le rose del ventennio
possono tranquillamente essere adattati alla nostra storia contemporanea senza
alcun problema. Certi ritratti, certe parole d’ordine, certe posture, certi
personaggi di quest’opera appartengono di diritto a quella eterna commedia
dell’arte che unisce sapientemente letteratura, storia, critica sociale e
genialità compositiva e che non risente del passare del tempo. Quella commedia
dell’arte della quale siamo tutti inconsapevoli protagonisti. Quella commedia
dell’arte che Fusco ha saputo descrivere e far vivere. Per sempre.
Un libro.
Le rose del ventennio, di Gian Carlo Fusco (Sellerio).
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