Buttate la chiave dei vostri segreti
Una scrittrice porta dentro un peso per anni.
Poi arrivano le amiche, e tutto cambia.
Letizia Muratori, nel suo ultimo libro, non lo
dice.
Anche se...
di Assia Baudi di Selve foto
di Leonardo Cendamo
Sono pagine che si fanno leggere d’un
fiato, grazie alla suspense. Sappiamo che è accaduto qualcosa, che la
protagonista ha vissuto un trauma, ma lo tiene segreto. Per scoprirlo tocca
sfogliare. Così è la vita: necessita di un tempo di lettura prima di dispiegare
il suo significato. Quel che è importante sapere è che «i segreti non li
capisci mai a pieno finché non li riveli. Credi di possederli, ma quando li
sveli diventano un’altra cosa, si trasformano». Sono le sette
di sera, Letizia Muratori è negli uffici
dell’Adelphi a Milano, l’editore di Come se niente fosse. Accende una
sigaretta dietro l’altra, ed è felice di parlare proprio qui del suo ultimo
libro, il sesto, nel quale uno dei temi centrali è la lettura: i personaggi si
riuniscono a Villa Gunther, a leggere i manoscritti inviati dagli aspiranti
scrittori alla casa editrice, proprio come quelli che si trovano ora sulla
scrivania accanto a lei.
Il libro è scritto in prima persona, la protagonista è una scrittrice, lo
ha dedicato a sua madre. Quanto c’è di autobiografico?
Non è tanto il fatto che si parli di uno
scrittore. Quel che mi ha fatto capire che c’è qualcosa di autobiografico nel
mio libro è che non sono riuscita a trovare un nome per la protagonista. E se
gli davo il mio, risultava ancora più falso .
È il non detto, l’incapacità che ha la
protagonista di parlare della sua storia, ad appartenerle?
Non rivelo tanto i miei segreti, né tanto
li scrivo. Ma so che un segreto non lo capiamo mai a pieno finché non lo
sveliamo. E quando lo sveliamo si trasforma in qualcos’altro.
Quel che è accaduto alla protagonista non
si può rivelare. Comunque si tratta di un archetipo, di un evento che la
sottrae alla sua vita.
È un cambio di stato, che rovescia il
punto di vista e a partire da quell’evento, da quell’elemento che uno chiama
trauma, avviene il rovesciamento.
La protagonista lo ha tenuto segreto per
anni. Ma se lo avesse tirato fuori prima, ora non si ritroverebbe “un
corpo estraneo” addosso, la vita che
poteva essere e non è stata.
Non esprimo giudizi: la tempistica è
sempre relativa. Non ho mai creduto che ci sia un momento giusto per dire le
cose, e questo mi ha sempre procurato guai. Credo al caso, che ti porta a
raccontare in un certo tempo piuttosto che in un altro. E credo che l’attimo
giusto sia molto meno interessante di quello sbagliato. La protagonista nel mio
libro non aveva voglia di raccontare la sua storia finché...
Finché non è arrivato il coro di amiche,
durante il corso di lettura.
Sì, l’autobiografia non è una cosa che si
può fare da soli. Hai bisogno dell’aiuto più o meno consapevole delle persone
che ti conoscono da una vita e hanno
condiviso molto con te. Intorno a me non si è ancora raccolto questo coro.
Rivedere la propria vita è come rifare una valigia che non si è chiusa. Devi
trovare lo spazio giusto per ogni cosa.
E non è un caso se il “coro” lo incontra durante un corso di lettura.
È un libro che ragiona sull’atto di
leggere. E siccome tra le attività umane, l’unica che non riusciamo a vedere
completamente è la lettura – ovvero vediamo che qualcuno legge, ma cosa? Come?
Qual è il legame tra lettore e libro? Non lo sa nemmeno chi legge - ho dato
voce a personaggi che devono interpretare dei vuoti.
La protagonista nel libro si contrappone
ad una donna forte, Giacinta Gunther, che è anche la sua “lettrice
ideale”. Chi è la lettrice ideale dei suoi
manoscritti?
La cosa più difficile è far leggere ai tuoi
genitori ciò che scrivi. Io ho avuto la fortuna che mia madre con il tempo ha
raggiunto un certo distacco. Ha un carattere diverso da Giacinta, ma la stessa
disponibilità a cadere nella storia. E capacità di giudicarla molto duramente..
Anche lei, magra, da ragazzina era in
carne come la protagonista?
Sì, sono stata una bambina cicciottella e
ne ho sofferto. Sono dimagrita quando mi sono innamorata, a 12 anni. Come dice
Giacinta Gunther,gli innamorati sono sempre magri. Non si dimagrisce perché si
soffre, ma per amore. È l’amore di per sé a bruciare calorie.
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