C’è nebbia e ferocia da queste parti di pianura. Io non son da meno. Questo è quanto. Sono pronto.
Io, il Luìs Balocchi l'ho conosciuto un sacco di anni fa e son anche sicuro che lui non lo sa più. Ma va bene così. E quando si parla del Balocchi bisogna usare l'articolo davanti al nome, perché il Balocchi lo sa lui, che qui è tutto un rimirar di fossi e di nebbia e che davanti al nome ci va l'articolo. Perché da noi si dice il Mario, l'Alberto, il Giovanni e via così con tutta la compagnia cantante. Che qui l'articolo davanti al nome ci vien fuori che non ce ne accorgiamo neanche. E io lo so che al Luigi tutta sta piana qua, a volte, gli va anche stretta, ma so anche che è la prima cosa che gli viene in mente quando si alza alla mattina. Perché per lui, quella di cantar la pianura con tutte le giravolte che ci stanno dentro, è un po' un'esigenza di vita. Ma il Balocchi la pianura te la racconta mica con il birignao dello scrittore finto. No. Il Balocchi le cose lui le sa. Lo sa che tutta la vita è una gran roba che si passa dal ridere al piangere che è un niente. Lui lo sa che le parole son niente se dietro non ci sta una storia. Ma una storia che ti deve venire fuori proprio da te che la scrivi. E da te che la scrivi la storia ti viene fuori solo se sei buono a tirarla fuori dalla mega di storie che ti vengono davanti agli occhi tutti i giorni. E io lo so che il Luìs Balocch la mega di storie che gli capitano davanti è capace di riunirle in una storia forte. Una storia che sa dell'odore della vita. Un po' come con le zie e le nonne di una volta che coi chili dei pomodori delle ortaglie ci facevano la salsa. Ed era una salsa che portava tutto il profumo dell'afa e del caldo dell'estate. E quel profumo ce l'aveva solo perché dal bollire dei chili dei pomodori veniva fuori il concentrato. Ecco quello che fa il Balocchi. Perso tra le nebbie d'inverno e l'afa dell'estate, ti sa tirar fuori una storia che si specchia tutta in quel mare a quadretti delle risaie, come dice il Mino Milani. E tutto quello specchio di acqua ferma il Balocchi te lo porta sotto ai portici della Piazza Ducale di Vigevano e ci costruisce, facendo bollire e cuocere e poi bollire e cuocere ancora tutti gli ingredienti, una storia che parte (ma il Luìs lo fa apposta e lo fa bene) dal Mastronardi e poi ti va via che è un piacere leggerla. Perché dentro c'è tutto. C'è tutto quello che, noi che siamo qui belli sparsi tra i fossi e le risaie, sappiamo che è importante che ci sia.
Un libro.
Un cattivo maestro, di Luigi Balocchi (Mursia).
1 commento:
interessante
saluti
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