Quando eravamo piccoli prima o poi si finiva con il farsi regalare un microscopio oppure con l’usare quello che, qualche tempo prima, era stato regalato a un fratello o a una sorella di qualche anno più grande di noi. E cominciava allora il vero e proprio divertimento che consisteva nel posizionare sul vetrino qualunque cosa minuscola ci capitasse a tiro, per tentare di scoprire quella segreta struttura che ci appariva fonte di grandi misteri. Il tutto almeno fino a quando non ci saremmo stancati di fare i ricercatori per finire poi nell’inevitabile partita di pallone con altri ex piccoli scienziati.
A William Marx, quando era bambino, devono aver senz’altro regalato un microscopio, microscopio che ha poi abbandonato per diventare, con gli anni, docente di storia della letteratura comparata all’università di Parigi X. Ma la passione del microscopio non gli deve essere mai passata e sul vetrino ha messo quella che, come indicato dal sottotitolo de Il letterato: usi e costumi, è una vera e propria specie anomala.
William Marx, come un novello Jean-Henri Fabre, analizza con passione entomologica, unita a un grande senso dell’umorismo, la figura del letterato da Confucio a Barthes, creando un grande e interessante affresco che, con levità, raffigura la storia della parola, del libro, della conoscenza e della cultura.
Un viaggio nel tempo che riesce ad abbattere le stesse barriere temporali e ci dimostra come l’amore e la passione per i libri e la lettura altro non sono se non una costante che riappare sempre uguale a se stessa e che accomuna la storia umana. Un amore e una passione a volte brucianti e spesso anche foriere di sofferenza, ma che sempre hanno, come scopo ultimo, quello di farci fare un passo avanti verso quello spazio infinito che vive nelle nostre anime. Un libro che sarebbe piaciuto a Borges, a Calvino e, sono sicuro, piacerebbe anche a Ermanno Cavazzoni.
Un libro.
Il letterato: usi e costumi. Da Confucio a Barthes, la storia bizzarra di una specie anomala, di William Marx (Guanda).
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