mercoledì 31 marzo 2010

Stendhal e i Proscritti

Anni fa lessi una recensione a I Proscritti, di Ernst von Salomon. La recensione era pubblicata sul Corriere della Sera. Si lodava la grande potenza narrativa e affabulatrice dell'autore. Mi colpì la citazione di questa frase: la mitragliatrice mi sussulta tra le gambe come un animale. Naturalmente non acquistai subito il libro. Spesso mi capita di dimenticarmi di un libro o di un autore. Credo di farlo con inconscia consapevolezza. Quasi che la sua ricerca, resa più faticosa dal tempo che passa, dia un senso alla mia avventura di lettore che, a volte, senso non ha.
Ernst von Salomon è prima tra i componenti dei Corpi Franchi e poi tra i fiancheggiatori degli assassini di Walther Rathenau. Un precursore del nazismo. Un antisemita. Un ammiratore quasi orgiastico della violenza. Un uomo che vive nel mito della guerra e del combattimento. Un uomo che definisce con disprezzo tutti gli altri uomini i subordinati.
Sa scrivere. E sa scrivere bene.
A volte è quasi con orrore che si scopre che il legame quasi intimo che abbiamo con la parola scritta, ci accomuna non soltanto a chi crediamo simile a noi, ma anche ai seguaci del ferro e del sangue, ai pazzi e agli assassini.
Credo sia un bene. Mi pare fosse Stendhal a dire che non si deve sfuggire all'orrore, bensì osservarlo con la più grande attenzione. Solo così sarà possibile non farsene travolgere.
Von Salomon passa molti anni in carcere, a seguito dell'assassinio di Rathenau. Viene sottoposto ad un regime molto duro, privato di libri e di giornali.
Un parente gli fa pervenire un libro. Naturalmente la direzione della prigione lo sottopone ad una sequela di domande ufficiali e di udienze con il direttore della prigione e con il cappellano. La solitudine e il regime carcerario, dove ogni cosa, se pur insignificante, diventa una ragione di vita, portano von Salomon a desiderare questo libro, la cui consegna viene continuamente procrastinata, come un innamorato desidera la donna amata e lontana e a fargli comprendere la sua debolezza.
Un giorno il libro gli viene finalmente consegnato: mi avvento sul tavolo (...) poi tiro fuori con una mano sudata il libro (...) pronto a nasconderlo ad ogni istante. Ne carezzo timidamente la copertina, finalmente l'apro alla prima pagina e leggo il titolo: "Stendhal. Il Rosso e il Nero".
Ora ho finalmente letto I Proscritti. Ne ho osservato l'orrore. Ho osservato il suo autore. Ho osservato il suo disprezzo.

Domenica scorsa, Philippe Daverio visita un archivio pieno di documenti che attestano le confische dei beni agli ebrei deportati nei campi di concentramento. Alla fine dice: ai negazionisti posso solo dire una cosa. Le carte sono tutte lì.

sabato 27 marzo 2010

Premio Letterario Tracce di Territorio

PREMIO LETTERARIO NAZIONALE

“TRACCE DI TERRITORIO”  VI EDIZIONE

Regolamento Edizione 2010

Il Rotary Club Cairoli (Distretto 2050), l’Associazione Tracce di Territorio e la Provincia di Pavia bandiscono l’edizione 2010 del Premio Letterario Nazionale “Tracce di Territorio”, da assegnarsi secondo le modalità indicate dal presente regolamento.

Il fine di questo premio è quello di abituare ciascuno di noi a guardarsi intorno per scoprire ciò che un particolare territorio italiano, rappresentativo di una delle innumerevoli realtà locali della nostra penisola, realmente ci dona e ci comunica al di fuori di ogni condizionamento: un pensiero e un comportamento consapevolmente locali, centrati sulle differenze anziché sull’omologazione e sull’indifferenza.

1. Il premio si articola in tre sezioni.
-Sezione “Riccardo Bacchelli”-
A tale sezione possono concorrere opere di narrativa nelle quali si ritrovi un riferimento preciso di descrizione e di conoscenza dell’ambiente fisico e umano, relativo ad una particolare realtà territoriale italiana. A tale sezione non possono concorrere opere di poesia.
-Sezione “Cesare Cantù”-
A tale sezione possono concorrere opere di saggistica storica legate alla memoria di un territorio italiano particolare.
-Sezione “Narrare con l’immagine”-
A tale sezione possono concorrere opere di fotografia nelle quali l’immagine fotografica diventi strumento di conoscenza e di valorizzazione di un determinato territorio italiano, in relazione ai suoi più vari aspetti. A tale sezione non possono concorrere opere aventi per tema le grandi aree urbane e le “città d’arte”.

2. Le opere concorrenti devono essere pubblicate per la prima volta in volume nel periodo intercorrente dal 1° gennaio 2007 al 31 marzo 2010 e regolarmente in commercio.

3. Gli editori o gli autori che intendono partecipare devono inviare entro martedì 20 aprile 2010 (fa fede la data di spedizione documentata) tre copie dell’opera con la quale intendono concorrere.
Le tre copie dell’opera devono essere inviate alla segreteria del premio (all’indirizzo indicato al punto 9 del presente regolamento) a titolo gratuito e non verranno restituite.
I partecipanti dovranno inoltre allegare una scheda nella quale dovranno indicare: il proprio nominativo se autori o la ragione sociale se editori, il titolo dell’opera, l’anno di pubblicazione, la sezione alla quale intendono partecipare, l’indirizzo, un recapito telefonico e un indirizzo e-mail.
La stessa opera può partecipare a più sezioni del premio.

4. Le giurie sono due. Una, definita “Giuria Letteraria”, è composta da: Mino Milani (coordinatore), Gian Battista Ricci e Angelo Ricci (segretari e ideatori del premio), Tino Cobianchi, Bianca Garavelli, Giuseppe Polimeni, Paolo Pulina. L’altra, definita “Giuria Popolare”, è composta da studenti dell’Istituto Tecnico Statale “Caramuel” di Vigevano, dell’Istituto Tecnico Statale “Casale” di Vigevano, del Liceo Scientifico Statale “Omodeo” di Mortara e dell’Istituto Professionale Statale “Pollini” di Mortara.

5. Le opere di narrativa e le opere di saggistica storica sono sottoposte al giudizio della Giuria Letteraria. Le opere di fotografia sono sottoposte al giudizio della Giuria Popolare. Le scelte delle giurie dovranno essere sostenute da una motivazione scritta.

6. I due premi assegnati dalla Giuria Letteraria e quello assegnato dalla Giuria Popolare sono costituiti da una somma di cinquecento euro ciascuno.

7. I tre premi sono assegnati ad insindacabile giudizio delle rispettive giurie.

8. La consegna dei premi avverrà sabato 12 giugno 2010 alle ore 17, presso il Palazzo del Moro, a Mortara (PV).
I premi devono essere ritirati personalmente dai vincitori.

9. Le opere devono essere inviate a mezzo posta al seguente indirizzo:

GIAN BATTISTA RICCI

FERMO POSTA VOGHERA CENTRO

27058 VOGHERA (PV).

10. Le opere partecipanti verranno donate a biblioteche comunali, scelte successivamente.

11. Per motivi organizzativi non verranno effettuate comunicazioni ai partecipanti, ma solamente ai vincitori. L’esito del premio e i nominativi dei vincitori potranno comunque essere consultati sul sito http://www.traccediterritorio.it/

mercoledì 24 marzo 2010

Piccolo destino, di Mino Milani (Mursia)

Ci sono dei libri che, una volta acquistati, devono essere letti subito. Piccolo destino l'ho avuto tra le mani ieri pomeriggio. E, nella serata, ho incominciato a leggerlo, per poi finirlo nella notte. Il Mino (e dico proprio il Mino, a rimarcare quella condivisione di pianura e collina, di fiumi, un fiume, e di acque, di città, una città, e di campagna) l'ho ritrovato tutto in queste pagine. Io, Mino Milani, l'ho conosciuto qualche anno fa. Non mi vergogno a dirlo: ho fatto parte di quella schiera di persone che vanno da lui a presentargli i loro manoscritti. Avevo paura. Avevo paura del suo giudizio. Ma soprattutto avevo, forse, più paura di me stesso. Paura di aver coltivato una follia come quella dello scrivere. Spesso sono stato nel suo studio, ammirando la sua libreria. Proprio quella che si vede in copertina. Il giorno in cui mi disse sai scrivere, sei bravo, i tuoi racconti mi piacciono, adesso vai avanti e scrivi un romanzo, è stato uno dei più belli della mia vita.
Ecco perché, in questo suo libro, io, il Mino, l'ho ritrovato tutto. Ho ritrovato le sue idee. Ho ritrovato la sua disponibilità. Ho ritrovato il suo coraggio e, perché no, anche la sua spavalderia. Una spavalderia però nascosta. Da gentiluomo. Da combattente che conosce la fatica e il dolore delle battaglie. Ho ritrovato Martin Eden e Cuore di tenebra. Ho ritrovato il Mino che parla di Martin Eden  e di Cuore di tenebra. E ne parla nel modo in cui può parlarne solo chi, come lui, sa ciò che quelle due opere realmente rappresentano per chi coltiva la follia dello scrivere. Il loro significato segreto e totalizzante. Il loro significato, a volte, anche terribile.
Quando gli portai il mio primo romanzo gli dissi Mino, non ce l'ho fatta a nascondermi completamente. Lui mi rispose non è necessario che lo scrittore si nasconda. Ecco, Mino Milani non si è mai nascosto. Non si nasconde neanche ora. Con disponibilità. Con Coraggio. E, so che sarà d'accordo, con un po' di spavalderia.

martedì 23 marzo 2010

Questa sera ho ascoltato gli Chic

Questa sera ho ascoltato gli Chic. Ho preso la mia Sennheiser ultraleggera e l'ho delicatamente appoggiata sulla testa. E' una della cuffie più leggere al mondo. Non sembra nemmeno d'averla, sulla testa. Poi ho inserito il cd nel lettore e sono stato lì. Ad ascoltare.
Quando acolto musica, penso. E non è sempre una bella cosa. Quando ascolto musica, immagino. E non è sempre una bella cosa. Perché alla fine ti vengono in mente un sacco di cose. E non tutte sono belle. Perché anche ad immaginare, alla fine, ti stanchi. E allora te ne stai lì. Ad ascoltare. A far passare il tempo. Come se non passasse già abbastanza in fretta.
Questa sera ho ascoltato gli Chic. E mi è venuto in mente che Bernard Edwards è morto già da quattordici anni. E' morto nel sonno, in un albergo di Tokyo, durante una serie di concerti in Giappone.
Questa sera ho ascoltato gli Chic.

lunedì 22 marzo 2010

I nomi della terra di mezzo

Del libro di Michele Marziani ho già scritto qui. Una terra è fatta anche di persone. Una terra è fatta anche dalle parole che quelle persone hanno scritto. E che hanno scritto proprio su quella terra. E mi piace sottolineare il fatto che su quella terra sta a significare sia parole scritte a proposito di quella terra, sia parole scritte vivendo proprio su quella terra.
E poi, scusate la pubblicità, tra quei nomi c'è anche il mio. Ma la terra di mezzo descritta da Michele è la mia terra. E della mia terra ne scrivo sempre. E ne scrivo standoci proprio in mezzo.

In corsivo riporto integralmente il post del blog di Michele Marziani. Il link del post è questo.

I nomi della terra di mezzo
Blaise Pascal, Gianni Brera, Mario Albertarelli, Piero Marziani, Bartolo Mascarello, Angelo Ricci, David Lowenthal, Gianni Mura, Camillo Benso di Cavour, Ferencz Gyulai, Francesco I di Valois, Carlo V, Carlo Emilio Gadda, Serge Libiszewsky, Adriano Olivetti, Ottorino Bossi, Dante Zavattoni, Filippo scarpini, Laura Pariani, Luigi Balocchi, Giampiero Jelmini, Ottavio Missoni, Walter Chiari, Giorgio Bellati, Doriana Basso, Lia Caimo Duc, Ludovico il Moro, Fulvia Legnazzi, Mario Soldati, Gioacchino Palestro, Desiderio, Carlo Magno, Cristiana Sartori, Giovanni Bazzano, Autari, Teodolinda, Agilulfo, Paolo Diacono, Franco Magni, Ariberto d'Intimiano, Luigi Veronelli, Carlo Petrini, Winston Churchill, Gabriele Corti, Ada Negri, Giulia Maria Mozzoni Crespi, Rudolf Steiner, Liutprando, Bramante, Cristoforo Rocchi, Opicino de Canistris, Napoleone III, Antonello e Paolo Rovellotti, Guido Rovellotti, Alberto Arlunno, Giada Codecasa, Francesco Brigatti, Beppe Scarparo, Fabio Aschei, Mario Fiocca, Luigi Giussani, Isabella di Castiglia, Maria Cantone, Carlo Orlandini, Graziano Pozzetto,Carlo Arrigone, Antonio Fioretti, Vittorio Emanuele II, Felice Garavelli, Guido Tommasi, Giusy Marzano, Manuela Angelini, Isabella Bordoni, Luigi Corte Rappis, Antonia Mealli, Paolo Bellati, Laura Alemagna, Giuseppe Pessini, Tommaso Farina, Riccardo Milan, Ornella Augeri, Edoardo Raspelli, Stefano Fagioli, Edoardo Bresciano, Michele Milani, Spartaco Albertarelli, Massimo Bini, Pierfelice Ponti, Adriano Bandi.


In ordine di apparizione nel mio nuovo libro I sapori della terra di mezzo, in uscita il 4 marzo. Raccolti sfogliando una delle prime copie fresche di stampa, odore inebriante di carta. Forse qualcuno mi è sfuggito, i dimenticati perdonino.

domenica 21 marzo 2010

Nel territorio dei maschi

Questo post mi è nato all'improvviso. Non ci sono ragioni apparenti. Forse, di ragioni apparenti, non ce ne devono essere. Mai.
E poi, è solo un racconto.

Arrivavano. Uno dopo l'altro.
-Chi si vede.-
-Eccolo là-
-Ma guarda questi due. Ma dove eravate finiti?-
-Eccolo là. E' arrivato anche il terzo. E là in fondo arriva anche il quarto.-
-No, Guarda che di voi non ne voglio più sapere.-
-Ma smettila. Se quando ci vedi, sei sempre il primo a venire a rompere con le tue storie.-
-Te, sei sempre superelegante. Giacca blu e pantaloni bianchi.-
-Chinos. Non pantaloni. Chinos. E kaki. Non bianchi.-
-Dì la verità, dai. Lo fai solo per le donne.-
-Perché te, invece? Cos'è? Hai mica fatto il voto di castità?-
-E, che palle! Bianchi. Kaki. Capirai!-
-No guarda che sono stati gli Inglesi a inventare gli abiti color kaki.-
-E vai! Vai giù con la lezione.-
-Certo! Andavano nelle colonie vestiti di bianco. Poi, giù in Africa o in India era tutto uno schifo. Il bianco si sporcava e allora hanno inventato il color kaki.-
-Comunque si fa sempre solo e soltanto per le donne.-
-Ovvio che lo fai per le donne. Se no, il tempo come lo passi?-
-Guarda, io ormai non le ascolto nemmeno più.-
-Massì, dai. Una  più, una meno.-
-Lascia perdere. Sono tutte uguali.-
-E più se la tirano e più sono zoccole.-
-Guarda, io mi sono convinto che c'è qualcuno che se le porta a letto tutte e gli altri invece stanno lì ad attaccarsi al tram.-
-Proprio ieri su internet ho letto una roba. Guarda, la sacrosanta verità.-
-Cos'è che hai letto? Eddai, non tenertelo per te.-
-Guarda c'era questa frase, che proprio, ti dico, me la sono segnata sull'agenda. Così me la ricordo.-
-Eddai, allora! Che sarà mai questa frase?-
-Guarda, quando l'ho vista, mi sono detto, questo qua che l'ha scritta deve essere un genio.-
-E allora! E dilla, su!-
-Bèh, sto tipo qua ha scritto sul suo blog che per i maschi scopare è un duro lavoro, mentre per le femmine è solo una questione di scelta.-
-Cazzo! Questo qua gli vorrei proprio stringere la mano.-
-Ma ve lo immaginate, se qualcuna ci stesse ad ascoltare? Proprio adesso.-
-Perché, che ti credi. Che quando se ne stanno lì a parlare tutte insieme che sembrano le dame di San Vincenzo, parlano dell'uncinetto? Ma non lo sai che noi di loro non capiamo niente, mentre loro di noi sanno tutto. E capiscono tutto. Appena ti guardano ti hanno già inquadrato. E ti hanno già eliminato. E quando già pensano ad altro, tu sei ancora lì a parlare.-
-Stai tranquillo che sono peggio di noi.-
-Sì. Stanno lì a parlare di metri.-
-Sì, di quelli che hanno preso.-
-Magari pensando a te, stanno lì a parlare di centimetri.-
-Sì, e pensando a te parlano di millimetri. Stai sicuro.-
-Guarda, a me le cose troppo complicate non piacciono. Quando lavoravo negli Stati Uniti, se una voleva venire a letto con te, te lo diceva e basta.-
-Hai ragione, qui è sempre tutta una gran manfrina. Che poi perdi solo del tempo.-
-Sì, e sta sicuro che sta lì a parlare con te di un sacco di cazzate. Tu le dai corda. Ci perdi un sacco di tempo e intanto lei pensa solo a quello che si vuole scopare. E che non sei tu. Tu per lei sei solo l'addetto alle cazzate.-
-Hai ragione. Sono micidiali. Ma io dico. Se ti vuoi far scopare da uno, perché cazzo continui a perdere tempo con me. Io almeno, se una non mi interessa, mica la tengo lì ad ascoltare le mie cazzate per più un'ora.-
-Ma in sto posto le sedie non le puliscono?-
-Perché?-
-Cazzo, mi sono sporcato i pantaloni.-
-E dai. I pantaloni bianchi non sono difficile da pulire.-
-Chinos! Non pantaloni! E kaki! Non bianchi! Kaki!-

venerdì 19 marzo 2010

In difesa di "Per un pugno di libri"

Sì, lo ammetto. Quando ho tempo, la domenica alle sei di sera, guardo "Per un pugno di libri". E lo guardo sin da quando lo presentava il "turista per caso" Patrizio Roversi. A me "Per un pugno di libri" piace. Nella vita non sopporto le cose complicate e addirittura scappo a gambe levate dalle persone complicate. Ecco, "Per un pugno di libri" è l'elogio della semplicità. E' l'esempio della tranquillità. E' un mantra. E' una ripetizione quasi religiosa di titoli e nomi di autori, senza la pretesa affannosa di interpretare e di spiegare. E il mantra serve a questo. A tranquillizzare e a rendere consapevoli. Senza pretese di complesse interpretazioni. Anche i grani del rosario sono, a loro modo, un mantra. Tutte le civiltà ripetono qualche cosa, qualche formula, che ha lo scopo di renderci la vita meno affannosa.
La notizia è questa: "Per un pugno di libri" chiude. Su Facebook sono sorti alcuni gruppi per protestare contro questa decisione. Cercateli e iscrivetevi.
Mi pare fosse Raymond Queneau a dire che l'essere umano solo in due casi ha la possibilità di provare l'eternità: quando fa l'amore e quando legge un libro.

giovedì 18 marzo 2010

L'ineluttabile destino delle scelte

La ragazza ha sotto il braccio un pacco di volantini. Sono a difesa del mantenimento del crocifisso nelle scuole e della identità cristiana dell'Europa. Se ne sta allacciata al suo ragazzo. Con la gamba sul ginocchio di lui, si fa baciare sul collo, lo sguardo perso verso un sogno erotico, forse. L'ha vista tempo fa. Abbracciata ad un altro.
Il Pep gli si fa incontro. Con il passo incerto. La bocca aperta e gli occhi bassi. Sono anni che fa dentro e fuori dai reparti psichiatrici. Bombato di psicofarmaci. Non lo saluta. Sarebbe inutile.
La sala dei biliardi non c'è più. Al suo posto, lo studio di un notaio. Le porte di legno massiccio dalla maniglia lucida d'ottone. Tende avorio alle finestre. Finestre dal verde pallido del vetro antisfondamento.
Il bar di fronte alla sala dei biliardi ha cambiato gestione. Almeno una ogni due anni.
Se ne va verso l'altro. Quello dove hanno girato una scena di Paura e amore, di Margarethe von Trotta. La von Trotta aveva girato anche Anni di piombo. E' da lì che quegli anni han preso il nome. Chssà se qualcuno se lo ricorda ancora.
Il Pep barcolla ormai lontano. Ragazze escono dall'università. Sono vestite come collegiali o come impiegate. Ridono e dicono, con studiata leggerezza, cose sulle loro vite. Terribili. Inconfessabili.
Si gira. Il Pep non si vede più. Perso nei suoi orrori.
Entra nel bar per prendersi un caffè decaffeinato. Era troppo giovane. Troppo. Quattordici anni sono troppo pochi. Ma c'era finito dentro. E c'era rimasto fin quasi ai venti. Due suore stuprate e uccise dai paramilitari in Salvador. A quella notizia se ne era andato. Per sempre. Non aveva voluto sentire ragioni. A volte bisogna sapere che si sta dalla parte sbagliata. E, nonostante questo, ci si rimane lo stesso. Ecco il problema.
Dai quattordici ai vent'anni. Troppi e troppo giovane. Non aveva mai avuto il tempo di perdersi nei discorsi terribili e inconfessabili delle ragazze.
Tutta la giovinezza ad inseguire una scelta. La scelta di un mondo che non c'è più. Un mondo diviso in due. Oggi c'è un mondo solo. Sono le nostre anime ad essere divise. Divise in due. E, nonostante questo, ci sentiamo benissimo. Ecco il problema
Il Pep portava un cappotto nero con, all'occhiello, una piccola croce celtica. Lui invece girava con le clarks blu e la giacca verde di una mimetica. Sul tascone di destra, un piccolo fascio.
La ragazza che distribuisce i volantini adesso bacia il suo ragazzo sulla bocca.
E' una tardo pomeriggio di marzo, ma viene buio lo stesso. Viene sempre buio.
Un libro.
Autobiografia di un picchiatore fascista, di Giulio Salierno (una volta Einaudi, ora Minimum Fax).

domenica 14 marzo 2010

Layla

Quando si erano conosciuti lei gli aveva detto: -Mi piaci perché sei un uomo sensibile.-
Era in quel momento che avrebbe dovuto cominciare a capire. Ma era andato avanti lo stesso.
Alla fine la cintura l'aveva appesa al manubrio del camminatore. Lo usava per tenersi in forma. Per piacere di più a sua moglie. Aveva fatto un piccolo tentativo per vedere se reggeva il suo peso. Poi se l'era legata al collo e si era lasciato andare. Era sicuro che lei, se l'avesse trovato, avrebbe buttato il biglietto. Quindi lo aveva dato in deposito, sigillato in una busta chiusa, al suo amico notaio.
Le volontà del defunto sono sacre. Tutti erano rimasti un po' così quando, alla fine del funerale, si erano sentite le note di Layla, dei Dereck and the Dominos. Eric Clapton l'aveva scritta per celebrare il suo amore per Pattie Boyd, che, moglie di George Harrison, lo ricambiava tradendo il marito.
Lei era appassionata di rock quanto lui, anzi, forse più di lui. Quando, alla fine della cerimonia funebre, sentì quelle note, seppe che lui aveva sempre saputo tutto. Fin dall'inizio.

giovedì 11 marzo 2010

Died in the Seventies (Guido Morselli e Pier Angelo Soldini)

Certo che, quando leggi che uno scrittore è morto negli anni Settanta, hai l'impressione che ci sia quasi arrivato vicino a capire il mondo. Poi però, fai due conti, e scopri che lui, la sua vita, se l'è passata tra le due guerre e il fascismo. E allora scopri la fregatura del tempo e del calendario e scopri anche che lui, a capire il mondo ci ha provato, ma non ce l'ha fatta. E scopri anche che, a non avercela fatta, lui l'aveva capito benissimo. E fin da subito.
Io, Guido Morselli, l'avevo scoperto leggendo Dissipatio H. G. Era stato cercando dei libri nella biblioteca di mio fratello (che è molto più grande di me e certe scoperte letterarie già le aveva fatte). Me lo ero letto tutto d'un fiato. E poi di Morselli ne ho letti anche altri. Ma la ragazza dall'occhio nero mi era rimasta dentro. E' il nome dato alla pistola che il protagonista di Dissipatio H. G. ogni tanto guarda, per cercare forse il coraggio di farla finita. La ragazza dall'occhio nero. Già te l'immagini. La vedi. La tocchi, quasi. Perso nella confusione tra arma e ragazza. Perché non capisci che l'amore e la morte sono forse un po' troppo vicini. Morselli lo sapeva. Anche troppo bene.
Anche Pier Angelo Soldini muore nei Settanta. Quando vai da Sannazzaro verso Voghera, superato il ponte sul Po, arrivi a Cornale e poi alla Gerola. C'è sempre la pianura. Ma è diversa dalla mia. Passata la Gerola, vai verso Casei e fai fatica a capire che, guardando a destra, lì è già Piemonte.
Soldini è di Castelnuovo Scrivia. Il nome del suo paese mi entra in testa, parte di una sequenza di nomi che mi portano il Liguria, attraverso la A7. Lo associo alla vacanza, alle spiagge, alle ragazze in bikini.
Ma è pianura. Con la nebbia e tutto il resto.
Leggo Soldini. Scopro tante cose. Scopro una grande tristezza e un'amarezza forse ancora più grande.
Negli anni Sessanta, Roland Barthes scrive un decalogo sui motivi del perché si scrive (lo scopro leggendo La vita bassa, di Alberto Arbasino. Non a caso dopo Casei si arriva subito a Voghera).
Un punto solo mi attira, forse perché lo sento veramente mio: si scrive per essere riconosciuto, gratificato, amato, contestato, constatato. Non sopporto né gli esibizionisti né gli egocentrici, però scopro con spavento che, se scrivo, forse un po' lo sono anch'io.
Ma dopo Barthes arriva Queneau che, per fortuna dice: interrogarsi sulla propria funzione, che è quella di scrivere, mi pare assurdo: come un melo, che fa delle mele e poi si chiede il perché.
Sì, forse hanno ragione i Wu Ming. Chi scrive è solo un cantastorie. E anche Jack London qualche volta comprava per pochi dollari un canovaccio dagli storytellers.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. La mia bravissima professoressa di Italiano, al Liceo, aveva provato a spiegarcelo il dramma di Pavese. Ma un mio amico ed io (avevamo sedici anni) ci eravamo messi a ridere. La mia professoressa ci aveva lasciato fare e ci aveva guardato, quasi con compassione. Poi certe cose le abbiamo provate sulla nostra pelle e le abbiamo capite, oh se le abbiamo capite.
Mi piace pensare che nella parola scritta tutto sia collegato: trame, autori, emozioni.
Soldini scrive: 18 febbraio. Ho letto in una pagina di Cesare Pavese: "Giorno per giorno, mi convinco di questo. Tutti lo cercano uno che scrive, tutti gli vogliono parlare, tutti vogliono poter dire domani "so come sei fatto", ma nessuno gli fa credito di un giorno di simpatia totale, da uomo a uomo." E' la chiave della sua tragedia.
E' proprio vero. Si scrive per essere amati. Si scrive per essere constatati.
Guido Morselli e Pier Angelo Soldini.
Died in the Seventies.
Quattro libri.
Dissipatio H. G., di Guido Morselli (Adelphi). Si cominci da qui, ma di Morselli si leggano anche tutti gli altri.
Il cavallo di Caligola, La forma della foglia, Il giardino di Montaigne, tutti e tre di Pier Angelo Soldini (Interlinea Edizioni).

martedì 9 marzo 2010

Una volta facevo i turni di notte

Una volta facevo i turni di notte. Come un metalmeccanico. Come un operaio della filanda (dalle mie parti non ce ne sono più) o di una fabbrichetta di tessili (dalle mie parti si chiamano, chissà perché, "maglierie" e di giorno ci lavorano le donne, mentre i turni di notte, a controllare i telai che lavorano ventiquattro ore su ventiquattro, li fanno gli uomini. Adesso, di "maglierie", ne saranno rimaste, sì e no, un paio).
Ma i miei turni di notte erano diversi. Claudio Magris ha scritto una volta, sul Corriere, che l'Italia ha due mali: un forte raffreddore che non ci ucciderà, cioè l'immigrazione clandestina, e una grave polmonite che alla fine ci farà soccombere, cioè la criminalità organizzata.
Ecco, io i turni di notte li facevo sia per il raffreddore sia per la polmonite.
-Sono il maresciallo. Dovrebbe venire subito.-
Il maresciallo della stazione di M. è più giovane di me. Magro, di bassa statura, è calvo. Ha una moglie e due figli piccoli.
Contro il muro sono in tre. Le mani alzate. Le teste chine. Sembrano enormi. Chi usa la violenza sembra sempre invincibile. Anche i carabinieri hanno paura.
-Maresciallo, una sigaretta?- La divisa nera con le bande rosse ai pantaloni ci viene vicino salutandoci con un cenno. Con la destra regge una gigantesca lampada alogena.
-No, grazie. Ho smesso tre anni fa. Fumare fa male.-
E' come uno schiaffo dato con forza da un bambino cattivo. Uno schiaffo che manca il bersaglio e sposta l'aria con violenza.
Il vetro della gigantesca lampada alogena va in pezzi. Un sibilo passa tra la testa calva del maresciallo e la mia. Un rumore sordo, quasi stupido, di latta ammaccata. Il proiettile buca la lamiera del palo alle nostre spalle.
-No, grazie. Ho smesso tre anni fa. Fumare fa male.-
Una volta facevo i turni di notte. Adesso ho smesso.

venerdì 5 marzo 2010

L'odore del riso

Stasera me ne sono reso conto ancora una volta. Tra poco ritornerà il mare a quadretti. Ancora un poco. Un mese, forse. Ma per sentire l'odore del riso ci vorrà ancora tempo. Dovrà venire agosto. Allora sì che, attraversando il Po, arrivando da Alessandria, o il Sesia, arrivando da Vercelli, l'odore del riso si farà sentire.
Stasera me ne sono reso conto ancora una volta. Tornavo dalla presentazione del libro di un amico e mi sono guardato indietro. A volte vedo molte cose. A volte niente.
Stasera ho rivisto un tavolo. Un tavolo con tre sedie. Michel è un miliziano della Falange e David è un sergente dei Golani, un reparto d'élite della Tsahal, l'esercito israeliano. David porta occhialini da intellettuale ed è calvo e un po' sovrappeso. Non sembra un sottufficiale di un reparto d'assalto. Michel è alto, secco e ride con l'ironia stampata sulla faccia.
-Allora cosa fai?-
-Scrivo.-
-Che cosa?-
-Racconti. Ogni tanto compilo dei rapporti.-
-Sei un militare?-
-No.-
-Se scrivi racconti, allora sei un poeta. E i poeti non vanno in guerra.-
In mezzo al tavolo c'è una zuppiera. Piena di riso.
-Senti un po', sei laureato?-
-Sì, in legge.-
-Abbiamo fatto delle cose. Con i nostri reparti, intendo. Sai, la guerra. Ce la spieghi la differenza fra il dolo e la colpa?-
David fa vedere la sua arma.
-E' perfetta, sai? Lo scarrellamento è quasi invisibile. Così la polvere del deserto non entra.-
Mette l'arma sul tavolo. La canna colpisce la zuppiera, che si rompe. Il riso bollito si sparge per tutto il tavolo.
Ogni tanto mi guardo indietro. A volte vedo molte cose. A volte niente.
In questa storia non so se ci sono stato veramente, oppure, se l'ho solamente immaginata.
Stasera, arrivato a casa, sono andato subito ad aprire l'armadio. Dentro ho trovato un giaccone militare color kaki. Ha molte tasche. Possono contenere dei caricatori. All'interno c'è un tasca rinforzata. Può portare il peso di un arma. Anche di un arma con lo scarrellamento ridotto al minimo.
Non ricordavo di possedere una giacca del genere. Ho messo la mano in una tasca. Ci ho trovato dei vecchi chicchi di riso. Secchi. Sembravano di riso bollito.
Due libri.
Storia dei servizi segreti in Italia, di Giuseppe De Lutiis (Editori Riuniti).
I sapori della Terra di Mezzo, di Michele Marziani (Guido Tommasi Editore).
Il primo libro è ormai esaurito. Il secondo è uscito il 4 marzo e poiché il sottoscritto viene citato, non vi resta che andare subito in libreria.