giovedì 11 marzo 2010

Died in the Seventies (Guido Morselli e Pier Angelo Soldini)

Certo che, quando leggi che uno scrittore è morto negli anni Settanta, hai l'impressione che ci sia quasi arrivato vicino a capire il mondo. Poi però, fai due conti, e scopri che lui, la sua vita, se l'è passata tra le due guerre e il fascismo. E allora scopri la fregatura del tempo e del calendario e scopri anche che lui, a capire il mondo ci ha provato, ma non ce l'ha fatta. E scopri anche che, a non avercela fatta, lui l'aveva capito benissimo. E fin da subito.
Io, Guido Morselli, l'avevo scoperto leggendo Dissipatio H. G. Era stato cercando dei libri nella biblioteca di mio fratello (che è molto più grande di me e certe scoperte letterarie già le aveva fatte). Me lo ero letto tutto d'un fiato. E poi di Morselli ne ho letti anche altri. Ma la ragazza dall'occhio nero mi era rimasta dentro. E' il nome dato alla pistola che il protagonista di Dissipatio H. G. ogni tanto guarda, per cercare forse il coraggio di farla finita. La ragazza dall'occhio nero. Già te l'immagini. La vedi. La tocchi, quasi. Perso nella confusione tra arma e ragazza. Perché non capisci che l'amore e la morte sono forse un po' troppo vicini. Morselli lo sapeva. Anche troppo bene.
Anche Pier Angelo Soldini muore nei Settanta. Quando vai da Sannazzaro verso Voghera, superato il ponte sul Po, arrivi a Cornale e poi alla Gerola. C'è sempre la pianura. Ma è diversa dalla mia. Passata la Gerola, vai verso Casei e fai fatica a capire che, guardando a destra, lì è già Piemonte.
Soldini è di Castelnuovo Scrivia. Il nome del suo paese mi entra in testa, parte di una sequenza di nomi che mi portano il Liguria, attraverso la A7. Lo associo alla vacanza, alle spiagge, alle ragazze in bikini.
Ma è pianura. Con la nebbia e tutto il resto.
Leggo Soldini. Scopro tante cose. Scopro una grande tristezza e un'amarezza forse ancora più grande.
Negli anni Sessanta, Roland Barthes scrive un decalogo sui motivi del perché si scrive (lo scopro leggendo La vita bassa, di Alberto Arbasino. Non a caso dopo Casei si arriva subito a Voghera).
Un punto solo mi attira, forse perché lo sento veramente mio: si scrive per essere riconosciuto, gratificato, amato, contestato, constatato. Non sopporto né gli esibizionisti né gli egocentrici, però scopro con spavento che, se scrivo, forse un po' lo sono anch'io.
Ma dopo Barthes arriva Queneau che, per fortuna dice: interrogarsi sulla propria funzione, che è quella di scrivere, mi pare assurdo: come un melo, che fa delle mele e poi si chiede il perché.
Sì, forse hanno ragione i Wu Ming. Chi scrive è solo un cantastorie. E anche Jack London qualche volta comprava per pochi dollari un canovaccio dagli storytellers.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. La mia bravissima professoressa di Italiano, al Liceo, aveva provato a spiegarcelo il dramma di Pavese. Ma un mio amico ed io (avevamo sedici anni) ci eravamo messi a ridere. La mia professoressa ci aveva lasciato fare e ci aveva guardato, quasi con compassione. Poi certe cose le abbiamo provate sulla nostra pelle e le abbiamo capite, oh se le abbiamo capite.
Mi piace pensare che nella parola scritta tutto sia collegato: trame, autori, emozioni.
Soldini scrive: 18 febbraio. Ho letto in una pagina di Cesare Pavese: "Giorno per giorno, mi convinco di questo. Tutti lo cercano uno che scrive, tutti gli vogliono parlare, tutti vogliono poter dire domani "so come sei fatto", ma nessuno gli fa credito di un giorno di simpatia totale, da uomo a uomo." E' la chiave della sua tragedia.
E' proprio vero. Si scrive per essere amati. Si scrive per essere constatati.
Guido Morselli e Pier Angelo Soldini.
Died in the Seventies.
Quattro libri.
Dissipatio H. G., di Guido Morselli (Adelphi). Si cominci da qui, ma di Morselli si leggano anche tutti gli altri.
Il cavallo di Caligola, La forma della foglia, Il giardino di Montaigne, tutti e tre di Pier Angelo Soldini (Interlinea Edizioni).

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