Chissà se ci ricordiamo ancora che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, appena qualche tempo dopo il crollo del muro di Berlino, crollo che mutò equilibri mondiali che duravano sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, la Jugoslavia divenne teatro di una guerra civile che, per efferatezze e crimini di guerra, riportò l'Europa a rivivere sanguinose e sanguinarie atmosfere di genocidi e pulizie etniche. Come oggi molte crisi mediorientali e africane nascono da suddivisioni territoriali disegnate a tavolino dalle ex potenze coloniali, che hanno tratteggiato confini artificiosi senza tenere conto di ataviche rivalità tribali e religiose, così la Jugoslavia è stata una creazione artificiosa partorita dal trattato di Versailles, unendo territori asburgici, slavi e ottomani e ponendo inevitabilmente le condizioni per un conflitto etnico e religioso che soltanto l'equilibrio atomico tra Usa e Urss avrebbe momentaneamente sopito per circa mezzo secolo.
Spesso la letteratura ha il privilegio di decrittare le dinamiche degli umani in modo ben più profondo di quanto non riesca a fare l'analisi storica e L'uso dell'uomo è uno di questi interessanti esempi. Il paesaggio storico, politico, economico e sociale della Jugoslavia tra le due guerre mondiali e nel momento della presa di potere del comunismo titino, dopo la sconfitta e il crollo della Germania nazista, fa da sfondo a questo carotaggio narrativo, a questa spettrografia letteraria in cui le anime dei personaggi si alternano in un perfetto rincorrersi di voci, di accadimenti, di tragici destini, di incroci di tempi storici e di piani narrativi.
Tutte le dinamiche che sarebbero poi orribilmente esplose nella guerra civile degli anni Novanta del Ventesimo secolo sono qui presenti come ombre agghiaccianti che non aspettano altro che l'occasione più propizia per manifestarsi con ferocia disumana. Crudele e al contempo quasi fisiologica è la sovrapposizione tra la violenza delle ideologie totalitarie e le meschinità delle aspettative individuali e tra la definizione di appartenenza etnica e la grettezza delle rivalse personali; sovrapposizione che lentamente prima o poi, in qualche modo si sedimenterà nel vissuto di ognuno dei personaggi di questo romanzo
Un oggetto, il quaderno/diario di un'insegnante tedesca, attraversa gli eventi e i destini come uno spettro impalpabile nella sua fragilità e tuttavia atroce nella sua apparente e quieta normalità che altro non è se non l'esito finale della tragedia umana perpetuamente trafitta dalla banalità del male che dimora eternamente in quell'intreccio genetico e strutturale che accomuna gli dei, i demoni e gli umani.
Un libro.
L'uso dell'uomo, di Aleksandar Tišma (Calabuig).
Nessun commento:
Posta un commento