Quando Paul Claudel installò nella sua casa una delle primissime linee telefoniche sembra che François Mauriac commentasse acidamente: “Ora dovrà correre a ogni squillo come un lacchè”. Come tutti i media elettrici anche il telefono comunque entrò nei romanzi così come il cinema, la radio, la televisione. Anche internet inizierà ad avere un suo posto nei romanzi, dapprima come protagonista di assolute visioni cyberpunk, e poi si adagerà nell'uso quotidiano dei personaggi dei romanzi come un banalissimo telefono. Se esiste un narratore che compone una vera e propria mistica del telefono questi è William T. Wollmann che nelle prime pagine di Europe Central fa assurgere lo strumento di bachelite a protagonista della genesi della barbarie bellica del ventesimo secolo. Ma, al di là del temporaneo misticismo telefonico di Wollmann, soltanto la televisione, tra tutti i media elettrici, ha creato attorno a sé una produzione, soprattutto in veste di saggio, in cui gli umani utilizzatori del medium si domandano quale sia l'essenza di quel medium medesimo. E se, come afferma Marshall McLuhan, ogni medium contiene in sé tutti i media che lo hanno preceduto, internet, come e più della televisione, è oggetto e soggetto di una narrazione letteraria e saggistica che lo analizza, lo mitizza e lo maledice al contempo. Narrazione interpretativa del medium che avviene spesso utilizzando il medium stesso, in un gioco di specchi borgesiano dove alla fine la mappa del territorio si sviluppa in modo così ipertrofico e specifico da essere completamente sovrapponibile allo stesso territorio che intende rappresentare.
Sono i postmoderni che, nella sovrabbondanza narrativa volutamente cercata ed espressa con tonalità ridondanti e onnicomprensive, colgono l'occasione di fondere, con il mezzo della parola scritta, l'apparizione di più media possibili, e Don DeLillo è tra i primi a rendere protagoniste dei suoi romanzi installazioni e performance artistiche silenziose ma pregne di significante, nel tentativo letterario di gettare un ponte che unisca la multiforme varietà di piattaforme sulle quali si sviluppa l'espressività artistica degli esseri senzienti (Thomas Pynchon, altro maestro del postmodernismo letterario, darà invece, a terzo millennio ormai inoltrato, una sua lettura, come sempre tra l'agghiacciante e l'umoristico, del cosiddetto “lato oscuro” di internet in La cresta dell'onda).
Il titolo di questo saggio di Kenneth Goldsmith è volutamente fuorviante, così come volutamente fuorviante potrebbe essere una performance artistica che conduce lo spettatore/lettore verso confini che sono stati prima negati e poi invece palesati con sapiente ed esperta maestria, ma se pensiamo che Kenneth Goldsmith è sì poeta ma anche intellettuale avvezzo a frequentare l'arte moderna e contemporanea, che dai tempi della pop art usa fondere e contaminare i vari media, e a conoscere i tempi e i modi delle ibridazioni visive e narrative, ecco che tutto si spiega.
L'internet che Goldsmith celebra è strumento di comunicazione, di apprendimento, di circolazione di notizie vere e false, luogo in cui esprimersi a livello artistico e luogo che è esso stesso performance artistica e zona in cui il medesimo spaziotempo si ridistribuisce in fasi mai conosciute prima. Internet è creta da plasmare per creare, creta che nel medesimo istante in cui viene plasmata a sua volta plasma chi la sta plasmando, in un affascinante e inquietante rapporto quantistico che determina l'esistenza dell'osservato in quanto esiste un osservatore che, a sua volta, esiste in quanto esiste l'osservato.
Perdere tempo su internet non mitizza e non demonizza il medium, ma lo presenta in tutte le sue sfaccettature, positive e negative, immense e meschine, istituzionalizzate e fuorilegge. Un medium elettrico che per la prima volta non solo contiene in sé tutti i media che lo hanno preceduto, ma che li reinterpreta, li reimposta, li resetta e, cosa forse disumana ma tuttavia estremante seducente, reinterpreta, reimposta e resetta gli stessi esseri senzienti.
Un libro.
Perdere tempo su internet, di Kenneth Goldsmith (Einaudi).
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