Ungheria 1944. L’ex Transleitania dell’impero austro-ungarico ha condiviso alla fine della Prima Guerra Mondiale il crollo dell'Austria Felix (reso mirabilmente, dalla parte austriaca, dalla magnifica e inconsolabile poetica che traspare dalle opere di Joseph Roth), vivendo poi la parentesi belakunista dell’estremo confronto sociale che riverbera, prodromo degli avvenimenti che condurranno alla dittatura nazista, negli anni delle riparazioni di guerra imposti dal Trattato di Versailles anche nella evanescente e postguglielmina Repubblica di Weimar. Stabilità cerca l’Ungheria dandosi alla “monarchia senza re” dell’ex contrammiraglio asburgico Horthy, eletto dal parlamento come “reggente” e da allora definito “ammiraglio senza flotta”. Tiepidamente disposto a seguire la politica antisemita del Terzo Reich una volta divenuto alleato dell’Asse, Horthy verrà deposto dai tedeschi dopo un fallito tentativo di armistizio separato con l’Unione Sovietica e al suo posto i nazisti pongono al vertice dello stato magiaro il movimento filonazista e violentemente antisionista delle Croci Frecciate, guidato da Ferenc Szálasi, mentre le truppe dell’Armata Rossa superano i confini in direzione di Budapest in un’atmosfera ormai di fine imminente e di caduta degli dei (attimo storico reso con toni tragicamente onirici, e disvelando anche insospettabili retroscena politici, da Jonathan Littell nel suo romanzo Le benevole). Ed è questo attimo storico, attimo che nella sua sofferenza vale tutto il tempo dell’universo, che Ernő Szép localizza come momento narrativo di questo intenso L’odore umano. Come un diarista del Settecento l’Autore descrive le piccole sofferenze quotidiane, i mali del corpo (che divengono ben presto ferite irrimarginabili dell’anima), gli affanni di chi, vecchio, è costretto ai lavori forzati, gli afrori e gli sconforti della promiscuità imposta, la disperazione e le vane attese, le minuscole solidarietà e le incomprensibili violenze verbali e fisiche frutto dell’ideologismo più bestiale. Ernő Szep si barrica dietro questa relazione scritta del tragico divenire quotidiano il cui minimalismo descrittivo non è fuga, bensì tentativo umano di comprensione di un disumano (e antiumano) incomprensibile demiurgo di morte, quello stesso demiurgo di morte la cui orrida apparizione costringerà Primo Levi a scrivere: “C’è Auschwitz, dunque non può esserci Dio”. L’odore umano è romanzo di un grande autore, diario di una vittima che comunque resiste al di là di tutto, medicina prescritta da un medico dei sentimenti come linimento per le piaghe di quei mali che uomini satanicamente accecati impongono ad altri uomini. “Fui Ernő Szép”, così l’Autore presentava se stesso negli ultimi anni della sua vita e noi, nell’accoglimento di questo suo basso profilo dai toni quasi alla Borges, gli rendiamo l’onore che si rende agli eroi della parola scritta.
Un libro.
L’odore umano, di Ernő Szép (Calabuig).
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