Salvo Sottile intinge la penna nel rosso rubineo e sanguinante di una trama densa e affascinante che, a ogni frase, mozza il respiro al lettore, germinando dagli open space di redazioni di magazine del terzo millennio, comunque mossi dallo stesso scandalistico voyeurismo che rimanda a passati sapori di quegli omicidi stile Casati Stampa che fecero la fortuna delle iconografie dei settimanali della Cino Del Duca Editore, e abitati da redattori sfruttati, donne dai misterici e raccapriccianti passati e dai tragici presenti e diretti, con autocratico piglio psicoanalitico e manageriale, da un deus ex machina che combina le fattezze dei criminologi protagonisti sornioni delle varie “compagnie di giro” televisive con le foto segnaletiche di altri esperti eruditi che trovarono la morte nei Settanta degli anni di piombo, protagonisti loro malgrado di vendette camorristiche in salsa NCO di Raffaele Cutolo e ambivalenze politiche di nazimaoismi in versione NAR e Terza Posizione.
Una storia di decadenze psichiatriche, di erotismi vellutati ma al contempo sedimentati in coniugazioni di un presente permeato da plastiche avvenenze di ragazze dalla desiderabile e avvenente corporeità, di investigatori infaticabili come se ne trovano nelle storie di De Cataldo e da giornalisti che portano in loro le stigmate di incertezze bolaňiane nascenti da metropoli ipertrofiche dove Roma è forse paradigma di quell’eterno sanguinamento dei corpi che avviluppa una bellissima storia come questa, dove la mente si apre con orrorifica stupefazione allo sconfinato universo della follia e della crudeltà.
In Cruel Salvo Sottile coniuga magistralmente il classico di una trama poliziesca con i mondi onirici di quegli autori che, come Stephen King o Thomas Harris, ben conoscono l’evanescente confine tra la vita e la morte.
Da leggere senz’altro.
Un libro.
Cruel, di Salvo Sottile (Mondadori).
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