Frammenti che segnano il tempo, come mistici e misterici metronomi che rendicontano, creano e delimitano un flusso infinito di narrazioni. Narrazioni che albergano nei testi pubblicati che, a loro volta, si trasfigurano nell’essenza di un ecosistema editoriale che assurge con imponenza a icona definitiva e pulsante di un immaginario che vive nei lettori e dei lettori.
Libri che si animano al di là dei loro stessi autori, nell’eterna e affascinante sedimentazione di un’identità che si fa simmetria quasi geometrica del pensiero e dell’umanità.
Stralci di avventure, di parole, di brani, di segmenti di un perpetuo raccontare e raccontarsi che è ritratto dell’anima di chi ha pubblicato, di chi ha scritto e di chi legge, in un avventuroso viaggio alla ricerca della perfezione, alla ricerca della parola estrema, dell’immagine di uno specchio che riflette meraviglie e stupori, quintessenza di quella investigazione letteraria che fine non può mai avere.
Adelphiana, “pubblicazione permanente e sporadicamente visibile” come ha da essere intesa e condivisa nelle stesse parole della prefazione a cura dell’artefice e demiurgo Roberto Calasso, pubblicazione imprescindibile che, come una pulsar, invia i suoi ritmici segnali di luce attraverso i confini di universi pitagorici e borgesiani, fino al termine di quel perpetuo narrare che altro non può significare se non il principio ancora di un altro narrare, in una rincorsa infinita che ha il fine eterno di trovare quel libro che tutto l’universo conterrà e che sarà a sua volta da esso contenuto.
Un libro.
Adelphiana 1963-2013 (Adelphi).
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