In Italia le sue opere sono pubblicate da Meridiano Zero.
Poliziesco, giallo, polar, noir. Generi che a volte si
intersecano e a volte rimangono distinti. Esiste veramente una differenza tra
romanzo poliziesco e noir?
Nel romanzo poliziesco
classico c’è un delitto, c’è la polizia, c’è un’inchiesta e c’è un colpevole.
Il poliziesco ha una struttura geometrica. Procede dall’incertezza verso la
certezza. Il noir fa esattamente il contrario: procede dalla certezza verso
l’incertezza. In una trama noir non c’è un colpevole definitivo che pagherà per
i suoi delitti. Nel noir tutti sono in qualche modo colpevoli.
Marsiglia fa spesso da sfondo ai suoi romanzi. Sente
qualche punto in comune con Jean-Claude Izzo, altro scrittore noir che
ambientava le sue storie nella stessa città? Ne è stato in qualche modo
influenzato?
Ho iniziato a pubblicare prima
di Izzo. Le letture che mi hanno profondamente influenzato non sono state
legate solo al noir. Gli autori che mi hanno in qualche modo segnato sono stati
Flaubert, Jean Giono, Camus, Chandler e inoltre la mia esperienza di scrittore
deve molto alla mia attività prima di infermiere psichiatrico che organizzava
spettacoli teatrali con i pazienti e poi di animatore di un laboratorio di
scrittura alle Baumettes, il carcere di Marsiglia.
Può il noir essere considerato lo strumento più
appropriato per raccontare i disagi e le contraddizioni politiche, economiche e
sociali della nostra epoca?
Certamente. Proprio per
quello che dicevo prima, per quel procedere del noir dalla certezza verso
l’incertezza. Dentro ognuno di noi c’è un noir. Ed è soltanto raccontadolo che
si può sperare di superare il buio del disagio sociale per arrivare a vedere
qualche luce.
Lei è considerato uno degli esponenti del noir
mediterraneo. Che cosa caratterizza questo tipo di noir, al di là
dell’ambientazione, del territorio?
Una cosa sola, ma
fondamentale: dietro il noir mediterraneo c’è tutta la terribile e affascinante
grandezza della tragedia greca.
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