giovedì 23 agosto 2012

Da Moby Dick all'Orsa Bianca, di Anna Maria Ortese (Adelphi)

L’ho detto spesso, ma, in questo caso, mi ripeto più che volentieri: mi piacciono i libri che parlano di libri. Nel caso di Da Moby Dick all’Orsa Bianca è forse riduttivo dire che è un libro che parla di altri libri. Anna Maria Ortese va ben oltre la semplice raccolta di saggi di argomento letterario per arrivare a una vera e propria summa di quello che è il suo rapporto con la scrittura, la letteratura e l’arte. Quello che la Ortese descrive non è solamente la relazione naturale che ogni scrittore ha con il mondo della parola scritta, bensì l’enunciazione quasi programmatica di un comune sentire, di una unione di sentimenti che permeano una intera vita, dove la letteratura e l’arte si trasfigurano in strumenti per capire (e, a volte, per sopportare) la propria contemporaneità e la propria esistenza.
Hemingway, Buzzati, Leopardi, Pratolini, Cechov, questi alcuni soltanto degli autori che la Ortese non si limita solo a descrivere o a rendere protagonisti di qualche “pezzo” di saggistica, ma che analizza nei loro aspetti più nascosti, più indifesi, facendoli evadere dal ruolo ingessato di icone letterarie per consegnarli alla loro umanità della quale, grazie alle parole dell’Autrice, diventiamo compartecipi.
Da Moby Dick all’Orsa Bianca è una testimonianza tranquilla, forte e forse anche un po’ rassegnata, di quella rassegnazione che non va intesa però come arrendevolezza, ma come energia. Ogni tanto c’è bisogno, nell’oceano dei libri, di qualche punto fermo, di qualche isola che ci permetta una sosta rinfrancante per poi riprendere il cammino, a volte confuso, delle letture.
Un libro.
Da Moby Dick all’Orsa Bianca, di Anna Maria Ortese (Adelphi).

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