Ogni libro può essere uno strumento, un mezzo, un oggetto, ma con la ineludibile potenzialità di tramandare i concetti, le idee, le visioni del mondo. Ed è con un libro che Richard Millet trasmette la sua particolare forma di pensiero su quello che è il difficilmente sondabile territorio della letteratura. E lo fa attraverso una serie di frammenti, di rapide incursioni, di brevi (ma non certo poco profonde) analisi.
Ma cos’è L’inferno del romanzo? Un saggio? Un’invettiva? Un pamphlet che rinverdisce la vena dei polemisti settecenteschi? Oppure, pur se a modo suo, una particolare e nuova forma di narrazione?
Millet è certamente ed eccessivamente francocentrico, a volte sopra le righe, tenta spesso di far trasparire dalle sue parole una sorta di demoniaco “aroma di zolfo” e sembra cercar la polemica per il solo gusto di andare controcorrente. Ma se L’inferno del romanzo ha un merito è certamente quello di farci riflettere, di costringerci a non dare nulla per scontato, di obbligarci ad alzare gli occhi per guardare al di là di quella matrice del pensiero unico e dell’abitudine che, spesso, ci impedisce di vedere la reale struttura delle cose.
Questo è un libro non del tutto condivisibile, Millet stesso a volte è semplicemente detestabile, ma se “il medico pietoso fa la piaga pustolosa” ben venga allora un autore che, senza troppi riguardi e cauterizzando i luoghi comuni cerca di alzare quel velo di unanimismo imposto e artefatto che tutto sopisce e che anestetizza i sensi di chi scrive e di chi legge.
Esistono meccanismi che spesso, anche soltanto per una facile pigrizia condivisa, sono semplicemente esiziali ai fini della sopravvivenza stessa della letteratura. La indolente acriticità dei mezzi di comunicazione, lo spirito gregario che predilige l’immagine rispetto ai contenuti, l’affermazione della figura dello scrittore come semplice burattino della società dello spettacolo, dove la parola scritta è l’ultima a contare a vantaggio del physique du role e della creazione del personaggio, conducono a una letteratura fittizia che nulla ha a che vedere con lo scrivere. Perché scrivere, come dice Millet nell’ultimo frammento, è “un segreto che invoca il segreto”.
Un libro.
L'inferno del romanzo. Riflessioni sulla postletteratura, di Richard Millet (Transeuropa).
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