Questa storia si svolge sotto quel sole californiano che tante volte ha fatto da sfondo alle piattaforme narrative e cinematografiche americane. America come Stati Uniti, dove i secondi rappresentano la parte per il tutto. America come Stati Uniti, America come luogo divinatorio del business e della narrazione, dove lo storytelling diventa a sua volta business e il business diventa vita. Gioco di specchi borgesiano e di rimandi postmoderni alla Pynchon e alla DeLillo. Labirinto che crea e perpetua se stesso in una narrazione infinita. Intreccio di piani narrativi che si (con)fondono con una realtà, forse parallela, che sfugge da sempre al confronto con un mondo che probabilmente non esiste se non nella disperazione di qualche ghetto, a sua volta plasmato come luogo narrativo.
America. Stati Uniti. California. Cupertino. Apple. Jobs.
Ecco la concatenazione che tiene unito e al contempo sviluppa quel campo di distorsione della realtà teorizzato da sempre dallo stesso fondatore della Apple.
Realtà programmaticamente distorta che si trasmuta in narrazione del business e in business della narrazione, fino ad arrivare alla creazione di una realtà quasi parallela dove il postmoderno la fa da padrone e il motore primario diviene non più l’oggetto in sé, ma la strutturazione sapientemente pianificata e divulgata del suo desiderio.
La realtà questa volta non ha superato la fantasia perché è stata la realtà stessa a trasformarsi in fantasia, in un reciproco rincorrersi verso un vertice che appare però stravolto e confuso con la base, come in una allucinazione escheriana.
Riccardo Bagnato descrive le molte luci e le molte ombre di un mito, raccontandone la storia senza tacere nulla.
Un libro.
iJobs Biografia non autorizzata di Mr Apple, di Riccardo Bagnato (Manni).
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