Ci sono libri che hanno il pregio di accrescere il nostro immaginario, creando parallelismi con altri libri, altre narrazioni, altri autori. Tempo fa, nel frequentare la mia libreria preferita, mi imbattei in un volume corposo, dalla copertina che ritraeva una chiara visione del vicolo (caruggio, direbbero a Genova) di una città marinara. Le città di mare mi hanno sempre affascinato. Sono città che difficilmente si aprono, che difficilmente si fanno comprendere, gelose di quella loro particolare posizione che le fa quasi sembrare figure mitologiche, a metà strada tra una certezza (la terraferma) e una sfida (il mare).
Ed è certamente una sfida quella che Jean-Claude Izzo ha raccolto nel comporre i tre romanzi (Casino totale, Chourmo, Solea) che compongono La trilogia di Fabio Montale.
Sarebbe troppo semplice parlare di noir o di polàr. È una cosa che non mi interessa. A me interessano le storie, i personaggi, i dialoghi, le sensazioni. Non mi interesso dei generi. Mi interesso delle parole scritte. E quelle che Izzo ha utilizzato nel creare un vero e proprio affresco di una cera Francia mediterranea mi portano, per forza di cose, alle parole di Jean-Patrick Manchette. Come Izzo si immerge letteralmente in un mondo fatto di sapori, di odori, di sensualità, di afrori mediterranei, così Manchette sembra invece stagliarsi in solitudine contro un gelido vento normanno.
Sono due differenti visioni, due differenti posizioni e non soltanto di tiro.
Manchette scrive nei Settanta. La sua è una Francia che sa ancora di Maggio francese, di gollismo, di cravatte nere e sottili portate su camicie bianche, di mocassini lucidi e pantaloni a sigaretta. Izzo scrive almeno dieci anni dopo. La sua Francia è cambiata. I suoi visi non sono più quelli di Jean Gabin o di Lino Ventura, ma quelli di Vincent Cassel e di Said Taghmauoi. La Francia di Manchette è una Francia inevitabilmente parigina e settentrionale mentre quella di Izzo non è nemmeno il Midì, ma è Marsiglia, è Nizza. Le donne di Manchette sono algide, nevrotiche, pericolose, metropolitane. Quelle di Izzo sono sensuali, forti, coraggiose.
In Manchette c’è il vento (come dimenticare l’incipit di Posizione di tiro?). In Izzo c’è l’immobilità dolciastra e salmastra di un pomeriggio estivo.
Manchette ha i ritmi sincopati di un batterista jazz, è ossessionato dalle descrizioni maniacali degli abiti dei suoi personaggi e dai dati tecnici delle armi. Izzo ha i ritmi pieni di un percussionista raï, è ossessionato dai sapori dei cibi, dai colori del mare, dagli odori dei luoghi, dalle radici dei suoi personaggi e dal loro sradicamento. La trilogia di Fabio Montale è un baedeker fondamentale per comprendere il nostro presente e le sue contraddizioni. La trilogia di Fabio Montale è un libro necessario.
Un libro.
La trilogia di Fabio Montale, di Jean-Claude Izzo (edizioni e/o).
Nessun commento:
Posta un commento