Questo post esce significativamente oggi, 2 agosto 2010, come piccolo contributo nel trentennale della strage alla stazione di Bologna.
Se un libro è ciò che racconta questo è senz'altro il caso di Strage. Mai, come in questo caso, il noir diviene un pretesto per esercitare il tentativo di una catarsi. Una catarsi che ha per oggetto gli incubi non del singolo lettore, bensì quelli di un'intera collettività. Collettività intesa nel senso giuridico di comunità che vive su un determinato territorio, governato da istituzioni pubbliche. In questo risiede l'utilità di questo romanzo. Sì, perché Strage è un libro utile. Strage è un libro che serve. Che serve a non dimenticare. Che serve a mantenere il ricordo. Non certo un ricordo retorico. No. Strage è un vero e proprio strumento dinamico, nella sua costruzione, nella sua tecnica di composizione, perfino in certi suoi ritmi e soluzioni apparentemente scontati. Una narrazione è a volte ben più utile di un saggio, nel difficile compito di rappresentare uno stato di cose. A maggior ragione, quando questo stato di cose (la storia del nostro paese) ci ha abituati all'adagio che la realtà supera spesso la fantasia e che gli avvenimenti più inspiegabili (e ai limiti dell'umana ragione) sono in realtà il pane quotidiano (o la merce di scambio) del quel divenire storico che, lentamente, inesorabilmente e sempre sottotraccia, inquina la nostra vita, pubblica e privata. Per ben due volte infatti, e non a caso, si cita Elias Canetti: "Il segreto sta nel nucleo più interno del potere".
Come Don DeLillo con Libra, così Loriano Macchiavelli crea un labirinto che, trascendendo la vicenda stessa, la trasfigura e ne diventa il simbolo. La struttura stessa è la storia. Verrebbe da dire, appoggiandosi a citazioni illustri, che il mezzo è il messaggio e che l'intrico della narrazione altro non è se non lo strumento che rappresenta, più che degnamente, lo sviluppo storico e politico di un paese che è stato, ed è, un laboratorio di efferatezze politiche e criminali.
Quelle parti forse scontate nelle quali, a volte, Macchiavelli indulge (un po' alla hard boiled school) lo rendono simile (in un confronto con la narrazione cinematografica) più a Sbatti il mostro in prima pagina, di Marco Bellocchio, che a Cadaveri eccellenti, di Francesco Rosi o al raffinato ed enigmatico Todo modo, di Elio Petri.
Ma, in sottofondo, si sente la tragica e inascoltata eco dell'Io so, di Pier Paolo Pasolini.
Un Libro.
Strage, di Loriano Macchiavelli (Einaudi).
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