E' stato un sacco di anni fa che lessi da qualche parte (forse era L'Espresso, forse Panorama, ora non ricordo) la definizione di "repubblica dei libri". Nome esaustivo e consolatorio che, nell'accezione di chi scriveva, avrebbe accomunato, in una sorta di universo condiviso, tutti coloro i quali, in qualche modo, avevano a che fare con i libri. Tutti assieme appassionatamente: lettori, scrittori, editori, intellettuali veri o presunti. Tutti uniti in questa consorteria dove, secondo l'autore di quella definizione, ci si sarebbe riconosciuti a prima vista.
Il tempo che passa fa giustizia di molte cose. E giustamente ha fatto giustizia anche di quella. Se il tempo passa per le strutture (o sovrastrutture) della nostra società (altro termine bruttissimo, di derivazione sociologica un po' stantia), passa anche per ognuno di noi. Ed è passato, giustamente, anche per chi scrive queste righe. Che, a ragion veduta e dopo svariate esperienze, può ora tranquillamente affermare che di "repubblica dei libri" ne ha sentito sì parlare, ma non l'ha mai vista. E verrebbe da dire: "per fortuna". Gente, qui non esiste e non è mai esistita una repubblica di tal fatta. Ci sono i lettori, gli scrittori, gli editori, gli intellettuali veri o presunti. Tutti con le loro storie, le loro bassezze, le loro meschinità, i loro meriti. E basta. Credo che questo sia più che sufficiente. In tanti anni ho conosciuto lettori, scrittori, editori, intellettuali veri o presunti e francamente non li ho mai riconosciuti a prima vista. E credo sia veramente un bene. Un gran bene per ognuna di queste categorie. In tanti anni ho fatto in tempo a capire che i libri non servono a migliorare un bel niente.e chi lo crede è soltanto un illuso. I libri esistono solo perché l'umanità ha l'insopprimibile desiderio di raccontare e di raccontarsi. E credetemi, non è poco. Leggete questo libro di Paolo Di Stefano. Leggetelo. Perché, tra i nomi, le storie, gli aneddoti capirete proprio questo. Che ci sono persone che vogliono raccontare e altre che vogliono ascoltare i loro racconti. E c'è qualcuno, gli editori, che questo lo rende possibile, pur con tutti i limiti (imposti e anche autoimposti) del loro ruolo. Certo, Di Stefano parla di mostri sacri dell'editoria, personaggi che, a mio modesto avviso, per ogni scrittore scoperto, ne avranno magari affossati almeno altri cento più bravi di lui. Ma come si dice: "è l'editoria, bellezza!" (Non ricordo più chi, ma c'è, tra queste interviste, quella di un editore che se la prende con l'ego smisurato e l'autoreferenzialità dei blogger. Chissà perché? Mah).
Un Libro.
Potresti anche dirmi grazie. Gli scrittori raccontati dagli editori, di Paolo Di Stefano (Rizzoli).
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