giovedì 28 luglio 2011

Amori al singolare, di Teo Lorini (effigie)

Non è certamente un caso che questa raccolta di racconti sia divisa in due parti. I personaggi, le storie che popolano Amori al singolare compiono un viaggio che li porterà dall’embrione di una consapevolezza, dalla sensazione di un’inquietudine, dalla percezione (amara) di un leggero sfasamento nel fluire delle proprie vite alla cognizione definitiva di una sconfitta, di una ferita, tanto più sanguinanti quanto più celate tra le maglie di un esistere a metà strada tra levità rohmeriane e spietate rese dei conti con se stessi.
Le “prime persone singolari” della prima parte, che Teo Lorini governa con interessante abilità mimetica, cercano di equipaggiare (anche inconsapevolmente) le proprie vite, per prepararsi all’incontro con quella inesorabile linea d’ombra che, prima o poi, siamo tutti costretti a superare. Una linea d’ombra dove l’immobilità apparente del tempo ha l’unico scopo di farci comprendere che proprio quel tempo è passato ed è passato crudelmente. Le scaramucce solo in apparenza lievi e i patemi d’animo che paiono tardo adolescenziali, ma che nascondono la sofferenza, che rappresentano lo sfondo sul quale si dibattono i personaggi di Amori al singolare sono, in realtà, i prodromi di quella battaglia (di quello scacco) con cui tutti loro dovranno misurarsi e che l’Autore ha saputo sapientemente nascondere sino al palesamento finale della fine di tutte le illusioni, di quelle più dolci come di quelle più brucianti.
Ecco, allora, come le prime persone singolari (tutte quelle prime persone singolari che erano poi, in fin dei conti, una sola) si dividono nelle "terze persone singolari" della seconda parte; mutazione stilistica che introduce la definitiva scissione di quell’io narrante che si presentava sul proscenio della prima. Ma non è solo mutazione stilistica quella di Lorini, bensì vera e propria presa di coscienza (sua e di tutti i suoi personaggi) che il viaggio che hanno intrapreso è finito, che la battaglia è conclusa, che quella immobile linea d’ombra è stata superata. E questa presa di coscienza, questa consapevolezza divengono ancor più reali, quanto più le varie voci, i vari personaggi, si affrancano definitivamente dalla tutela del loro creatore che, fattosi da parte (o, forse, costretto a farsi da parte dalla loro decisiva maturazione), non può far altro che osservarne e raccontarne il fallimento. Non rimane più nulla, se non qualche ricordo che presto verrà macinato dallo scorrere del tempo.
Con il suo stile lineare, diretto e, a volte, sincopato Teo Lorini ci dice, con le parole di questo libro, che il weekend postmoderno è finito. Per sempre.
Un libro.
Amori al singolare, di Teo Lorini (effigie).

martedì 26 luglio 2011

America amore, di Alberto Arbasino (Adelphi)

Leggere America amore è un po’ come andare con i ricordi a certe immagini della televisione della fine dei ’60 o dei primi ’70, quando Carlo Mazzarella o Sergio Telmon si sedevano al tavolo della mensa universitaria di qualche campus della Ivy League o del Caltech e intervistavano per ore Herbert Marcuse o Marshall McLuhan mentre, al tavolo vicino, Richard Feynman sbucciava un’arancia.
Basic, direbbe l’Autore, e subito ci si ritrova tutti in completo nero con camicia bianca e cravatta scura e sottile (molto Kennedy o molto Rat Pack o molto George Peppard in Colazione da Tiffany, tanto per non dimenticarci del Truman Capote).
Alberto Arbasino (spesso blasé, a volte tranchant, ma sempre godibilissimo nel suo stile torrenziale ed elegante) ci porta tutti in America (quella degli States, per intenderci; la famosa parte per il tutto) e non ne ricava soltanto un ricercato reportage a metà strada tra il Village Voice e Il Mondo di Pannunzio, ma chiede, cerca di capire, va spesso al di là del suo stesso stile (con qualche innesto successivo - che ci fa, per esempio, un riferimento a Cruising in un testo scritto quarant’anni fa? - ma per Arbasino, si sa, ogni opera è un work in progress; la rivisita e la riscrive ed è questo il suo bello) per consegnarci la descrizione (a volte raffinatamente attonita, ma dell’attonito del preveggente) della preistoria della nostra contemporaneità. Tutto il cattivo gusto e il superfluo che ci circonda hanno avuto un luogo d’origine, una loro fucina dove il pop si mescola al kitsch e insieme producono banale orrore quotidiano; e quel luogo è proprio quell’America che Arbasino vede, cerca di indagare e abbandona al suo destino, ben sapendo che quello stesso destino sarà (come è stato), anche troppo presto, il nostro.
Un libro.
America amore, di Alberto Arbasino (Adelphi).

sabato 23 luglio 2011

DonaBol. Gli autori e i titoli più votati

Dopo il Salone del Libro, e le giornate letterarie di Anteprime, DonaBol, la bella iniziativa promossa da Bol.it, è giunta alla conclusione 
Come si può vedere in questa infografica, sono state raccolte più di 50.000 liste di libri e autori. 
I primi cinque classificati sono stati: 1) Il piccolo principe (Antoine de Saint-Exupéry);  Il signore degli Anelli (J.R.R. Tolkien); 3) Cent'anni di solitudine (Gabriel Garcia Marquez); 4) Orgoglio e pregiudizio (Jane Austen); 5) 1984 ( George Orwell). 
Gli autori con più libri sono stati: Agatha Christie (90 titoli); Stephen King (67); Alexandre Dumas (62).
Gli autori preferiti dalla categoria autori/artisti sono stati: 
1) Dostoewskij; 2) Hemingway; 3) Omero/Tolstoj. 
Gli autori preferiti dai blogger sono stati: 
1) Italo Calvino; 2) C.Pavese/J.L.Borges/S.Benni; 3) Chuck Palahniuk.
DonaBol ha avuto una grande condivisione in rete, suddivisa in un 43% di commenti, status e like su Facebook, un 40% di tweet su Twitter, un 11% di messaggi su friendfeed e un 6% di condivisioni su altri socialnetwork (anobii, goodreads, lulu...). I post sui vari blog sono stati più di cento.
I momenti di questa iniziativa si possono rivivere su Donabol su YouTube.

venerdì 22 luglio 2011

Banda stretta, di Francesco Caio e Massimo Sideri (Rizzoli)

"È il web, bellezza, il web. E tu non puoi farci niente…niente!". 
A leggere Banda stretta vien voglia di parafrasare così la famosa frase pronunciata da Humphrey Bogard, alias Ed Hutchinson, nel film L’ultima minaccia.
Quindi, conviene fare la faccia da duri, stringere una sigaretta tra le labbra, calare la tesa del Borsalino sino agli occhi e, alzando il bavero dell’impermeabile, entrare senza paura nell’analisi che Francesco Caio e Massimo Sideri dedicano alla rivoluzione digitale.
C’è proprio tutto nelle poco più di duecento pagine di questo agile saggio. I due Autori non sono certo gli ultimi arrivati e hanno le carte in regola per illustrare la mutazione digitale senza tralasciarne alcuna implicazione, presentandoci quelli che sono gli effetti che il web riverbera sia sui grandi protagonisti della comunicazione sia sulle nostre vite e abitudini quotidiane.
Tante sono le vittime illustri della rivoluzione digitale. L’industria discografica tra le prime e, a seguire, gli editori dei giornali che vedono sempre più in crisi la forma cartacea del quotidiano, al punto che si fa ormai il conto alla rovescia per il giorno in cui verrà stampata l’ultima copia del New York Times.
Nuovi protagonisti sono da tempo sulla breccia: Google, con la sua volontà di organizzare ogni traccia presente sulla Rete; Apple, con la sua creazione di mondi digitali, dove la tecnica si sposa con il culto del marchio; e poi Facebook, paradigma della socializzazione globale.
I vecchi interpreti si fanno da parte. È significativo uno degli esempi fatti dagli Autori: le pubblicità dell’iPhone vedono sempre in primo piano, quasi come l'effigie di una divinità precolombiana, l’immagine del telefono multimediale della Apple, mentre i loghi delle compagnie telefoniche, che forniscono le sim, sono minuscoli e, a volte, quasi invisibili; simbolico passaggio di consegne tra vecchi e nuovi protagonisti dell’economia.
Il punto di forza di Banda stretta è quello di raccontare tutto questo con grande lucidità, senza nessun intento celebrativo né, tanto meno, alcuna volontà luddistica.
Una citazione servirà a dare il senso del realismo degli Autori di questo saggio:
L’enorme massa di dati oggi accessibili tramite pc e rete, infatti, rende indispensabili i fondamentali “analogici” della formazione, che andrebbero caricati di una nuova centralità. L’esercizio di una coscienza critica, la capacità di elaborare sintesi (che fine ha fatto il riassunto nelle scuole medie?) sono capacità di cui non si può più fare a meno in un mondo che ci sommerge di una gigantesca e informe massa di dati.
Un libro.
Banda stretta, di Francesco Caio e Massimo Sideri (Rizzoli).

mercoledì 20 luglio 2011

Nel cuore della notte, AA.VV. (Del Vecchio Editore)

Si illude chi pensa che di notte ce ne sia una soltanto. Tante sono le notti e tanti sono i sogni (gli spettri, forse) che le popolano. Sogni e spettri, illusioni e aspettative, ironie e incubi. La notte ci lascia indifesi di fronte a noi stessi e a ciò che siamo, a ciò che siamo stati, a ciò che, forse, saremo.
Dalle 21 alle 6 del mattino. Dall’incedere della morte del giorno sino al lento nascere di un giorno nuovo. Dalle 21 alle 6 del mattino. Sono le ore del sesso, del divertimento, della solitudine, del triste soliloquio che accompagna verso qualche sentenza senza appello. Ore in cui non c’è alcuna maschera sociale che ci protegge; ore in cui ogni nostro travestimento, scelto con cura per le nostre mansioni lavorative e sociali, si scioglie come solo può sciogliersi il cerone sul viso di un attore. Di un attore troppo stanco per proseguire la recita.
E una volta che il sipario è sceso sulle ore diafane del giorno, ecco apparire l’ombra inquietante di un palcoscenico buio, che si popola lentamente di meschinità, di esami di coscienza, di durezze senza empatia alcuna, ma anche di tragicomiche storie che non lesinano il sorriso.
I racconti che popolano le ore di Nel cuore della notte si muovono come folletti demoniaci, a metà strada tra Gogol’ e Poe, tra Carver e Villon.
Andrea Ballarini, Caterina Bonvicini, Bruno Morchio, Gianluca Morozzi, Sandra Petrignani, Lidia Ravera, Gianmaria Testa, Grazia Verasani, Nicola Verde hanno avuto il coraggio di confrontarsi con la notte, hanno avuto la freddezza di volgere lo sguardo verso uno specchio che riflette, impietosamente, non solo un’immagine, ma anche l’anima che in quella immagine abita.
Dai loro racconti nasce un suono apparentemente difficile da comprendere ad un primo ascolto, ma che, pian piano, ora per ora, dà vita ad un'armonia dolce e ipnotica che ci accompagnerà fino al mattino.
Un libro.
Nel cuore della notte, AA.VV. (Del Vecchio Editore).

lunedì 18 luglio 2011

Condivisioni a proposito dell'intervista a Lietta Manganelli

La mia intervista a Lietta Manganelli è stata pubblicata e/o segnalata da molti blog. Fra gli altri: La Poesia e lo Spirito, il blog di Giovanni Agnoloni, Letturalenta, Pensieri spettinati, Nutrire il corpo e l'anima. Anche su Twitter molti ne hanno dato notizia. Tra i tanti: 00doppiozero,  Quodlibet edizioni e lo scrittore Arturo Robertazzi.
Grazie a Lietta Manganelli per la disponibilità e ai tanti che ne hanno condiviso il pensiero.

martedì 12 luglio 2011

Intervista ad Amelia (Lietta) Manganelli

Amelia (Lietta) Manganelli, figlia unica di Giorgio Manganelli, si occupa con passione e testardaggine delle opere edite e inedite del padre. E' la fondatrice e curatrice del centro studi Giorgio Manganelli.

Da tempo l’editore Adelphi sta pubblicando l’opera di Giorgio Manganelli. È entusiasmante scoprire veri e propri tesori letterari che danno la misura di quello che è stato il Manganelli autore. Di quanto è stata debitrice la nostra cultura nei confronti del “Manga”?
Penso che la cultura, e non solo la cultura italiana, sia fortemente debitrice nei confronti del Manga”. Debitrice di un nuovo modo di fare “letteratura”, inventando linguaggi e rendendo visibile e concreto ciò che “non esiste”.
La capacità di Manganelli di trasformare il pensiero in realtà e la realtà in pensiero è certamente unica e inimitabile

Nella sua attività di autore, Manganelli considerava predominante il ruolo di narratore o quello di saggista? Oppure i due ruoli si confondevano?
Manganelli non è mai stato un “narratore” nel senso che normalmente si dà a questa parola, come, allo stesso modo, non è mai stato “saggista” nel senso tradizionale del termine. Le sue opere “narrative” sono saggi e i suoi “saggi”, sono delle vere e proprie opere narrative. I due ruoli si confondono? Forse, semplicemente, Manganelli ha creato, come è suo costume, un ruolo assolutamente inedito. Peccato che si sia dimenticato di inventarne anche la definizione o, quanto meno, il nome.

Quali sono stati i rapporti di Manganelli con il mondo editoriale e con il mondo del giornalismo?
I rapporti fra Manganelli e il mondo editoriale sono stati strettissimi, anche se al momento praticamente sconosciuti. E' intenzione della casa editrice Adelphi di proporre un testo che investighi finalmente i rapporti fra Manganelli e l’editoria e l’importanza che Manganelli ha avuto nel panorama editoriale italiano. La mole del materiale raccolto fino ad ora è assolutamente impressionante. Con il giornalismo Manganelli ebbe sempre un rapporto da par suo, un rapporto da “fuori dal coro”. Amava il giornalismo solo ed esclusivamente perché gli permetteva di fare quello che amava di più: scrivere senza regole e condizionamenti. Nel momento in cui questi presupposti cadevano, cambiava testata.

Giorgio Manganelli ha assunto posizioni autonome e affascinanti per quanto riguarda la critica letteraria (penso a Il rumore sottile della prosa o a La letteratura come menzogna). Che cosa rappresentava per lui la letteratura? Quanto spazio occupava nella sua vita?
La letteratura occupava, nella vita di Manganelli, una posizione di primissimo piano. Di difesa verso un mondo, quello delle emozioni, che lo turbava profondamente. Avrebbe potuto vivere senza rapporti umani, mai senza letteratura. C’è una foto di Manganelli, bellissima ed estremamente significativa: Manganelli ha circa tre anni, seduto su di un muretto, vestito da femminuccia (la madre si intestardì a vestirlo così fino a circa 6 anni, e Manganelli non è mai stato un “bel” bambino), ma con in mano quello che lui chiamava “la mia muraglia cinese”, un libro, la sua difesa contro il mondo.

Quali sono stati gli autori che considerava importanti per la sua formazione? Quali, invece, quelli che seguiva tra i suoi contemporanei?
Gli autori fondamentali per la sua formazione sono stati, da una parte, gli autori inglesi, dall’altra gli autori italiani del ‘600. Da Yeats a Daniello Bartoli. Come si vede Manganelli non si smentisce mai... Fra i suoi contemporanei... era tanto intellettualmente onesto da amare opere ben riuscite di autori che non gli piacevano e da bacchettare opere non riuscite di autori che adorava. Forse è proprio questa onestà che ora manca nella cultura italiana. Il valore della cultura al di là e al di sopra di tutti gli altri valori, amicizia compresa.

Lei è la creatrice e curatrice del “centro studi Giorgio Manganelli” (http://manganelli.altervista.org). Ce ne vuole parlare?
Purtroppo qui cominciano “le dolenti note”. Il centro studi Giorgio Manganelli, nato per far conoscere l’opera di questo grande, permettere agli studiosi e agli studenti di fruire di inediti, carte private, appunti e altre amenità, oltre a permettere a chi ancora non lo conosceva, di entrare in contatto con lui e con la sua “scrittura” anche attraverso eventi che possono sembrare opinabili, fino ad ora è stato portato avanti con le mie sole forze, anche economiche. Ora le forze, anche per motivi familiari, si sono ridotte all’osso. Non vorrei veramente essere costretta a lasciar perdere. So bene che la nostra mentalità ci porta a pensare: “Deve pensarci il pubblico”, ma noi ben sappiamo che il pubblico è in altre faccende affaccendato, e quindi, forse varrebbe la pena che il privato si mettesse in gioco personalmente. Allego un appello (*) uscito su vari blog circa un anno fa. Un silenzio assordante come risposta, hanno risposto in 6. Che Manganelli fosse veramente un sognatore?

(*) Cari amici
Nell'anno appena trascorso, il 2010, cadeva l’anniversario dei vent’anni dalla morte di Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista e quant’altro, nonché mio padre.
Ma essendo mio padre un personaggio fuori dalle regole possiamo autonomamente decidere che l'anniversario va dal 28 maggio 2010, data della morte, al 28 maggio 2011, oppure, meglio ancora, possiamo decretare che Manganelli non ha bisogno di una ricorrenza per essere
s-commemorato.
Quindi mi piacerebbe organizzare degli eventi vuoi per ricordarlo, vuoi per farlo conoscere a chi ancora non lo conosce. Il mio sogno è sempre stato quello di “snicchiarlo” (chissà se questa espressione gli sarebbe piaciuta), cioè di toglierlo da quella “nicchia” in cui è stato messo sia per la sua obiettiva difficoltà, sia per la sua indubbia “scomodità”.
Alcuni eventi hanno già visto la luce. A Roma, il 5 Maggio 2010, presso la Casa delle Letterature in Piazza dell’Orologio, è stato inaugurato il Secondo Cantiere Manganelli, che comprendeva un mostra di disegni ispirati a “Centuria”, varie presentazioni di libri in uscita, un dibattito, e un documentario assolutamente inedito.
A Milano, il 9 Maggio sempre del 2010, presso l’Istituto ciechi di Via Vivaio, è stata messa in scena, naturalmente nel Teatro rigorosamente al buio, l’ “Intervista a Dio”, e credetemi, un teatro “di parola” come quello di mio padre raggiunge, in un simile ambiente, una suggestione assolutamente irripetibile.
L'11 novembre a Pavia, il Centro Manoscritti e l'Università gli hanno dedicato una giornata di studi con l'intervento di studiosi, appassionati e quant'altro. Il primo numero di “Autografo” di prossima uscita sarà dedicato agli atti di questo convegno.
Il 15 Novembre 2010 una serata conviviale all'hotel Ala d'Oro di Lugo di Romagna, ha “festeggiato” il compleanno del Manga.
Il 2 Dicembre 2010, a Milano, città dove mio padre è nato e che sembra averlo dimenticato, è stata aperta una mostra fotografica che ripercorre la vita di mio padre attraverso immagini originali dell'epoca (e che ora desidererei far girare).
Altri eventi sono in fieri, ci sto lavorando, credetemi con difficoltà difficilmente immaginabili. A molti ho dovuto rinunciare per mancanza di fondi.
Il sito (www.manganelli.altervista.org) è in stato messo in linea e comprende tutte le informazioni, in tempo reale, utili e indispensabili per gli estimatori di mio padre, che sono molto più di quelli che credevo.
Il 17 febbraio 2011 alla Biblioteca Classense di Ravenna verrà inaugurata la mostra dei disegni per “Centuria” di Paolo della Bella e una esposizione di tutte le prime edizioni dei libri di mio padre e di tutti, o a quasi, il libri di mio padre tradotti in lingua straniera.
Vi chiederete, allora, il perché di questa mia lettera, solo per informarvi di tutti questi eventi?… Purtroppo no.
Tutto questo sarà il canto del cigno del centro studi che da tempo cerco di mettere in piedi.
Chi ha già avuto modo di contattarmi sa bene che non mi sono mai tirata indietro, mi ha trovata sempre disponibile a rispondere alle più svariate domande, a fare e inviare fotocopie, copie di cd e dvd, a reperire e inviare copie di libri ormai esauriti da tempo e quant’altro fosse utile e necessario…
Tutto questo a opera di un Centro studi che non è mai nato. Mi sovviene un aforisma di mio padre che forse non ho mai capito bene come ora: “E’ incredibile il numero di cose che ha fatto gente che non è mai nata!”. Ovviamente il Centro Studi non è mai nato, ma io sì, e di tutto mi sono fatta carico in prima persona. E, credetemi, vorrei continuare a farlo.
Ma… la gestione economica è divenuta insostenibile… e la cultura, oggi come oggi non è certo sostenuta dal pubblico, anzi… come mi disse una volta mio padre, tra il serio e il faceto: “Vuoi fare cultura?… bene, fai pure, ma ricordati che sarai punita”.
Bene, la mia punizione sarebbe abbandonare questa mia creatura, lasciar perdere, smettere di studiare le carte di mio padre, di cercare, negli archivi più disparati, cenni del suo passaggio. Smettere di dare tutto il sostegno possibile, e anche quello impossibile, a giovani che su mio padre volessero laurearsi, e sono molti di più di quanti si creda, o solamente avere notizie, parlarne, confrontarsi… Smettere di cercare nelle varie emeroteche, redazioni di giornali e quant’altro per reperire articoli e scritti, a volte fondamentali, di mio padre, che altrimenti cadrebbero nell’oblio. Smettere di cercare, acquistare e sbobinare cassette (che credetemi, hanno un prezzo proibitivo) della Rai che contengono interventi di mio padre, interventi di cui non esistono dattiloscritti. Molti degli ultimi libri pubblicati di mio padre sono nati così. Tutte cose che hanno un costo, che comportano, oltre al tempo e alla passione, (e… il tempo si trova e la passione non manca), anche delle spese vive: posta, viaggi, telefono, e altro che non sto a elencarvi, che io, da sola, non sono in grado più di sostenere.
Non cerco donazioni, né grandi cifre, lungi da me l’idea, come qualcuno ha insinuato, che io voglia speculare sul nome di mio padre, ma solo che gli amici, gli estimatori di mio padre, secondo le loro possibilità, partecipino a questo lavoro, che, ne sono convinta, sarà poi una ricchezza, culturale e di vita, per tutti.
So perfettamente che la maggior parte di voi è formata da giovani e da studenti, ma il mare è fatto di piccole gocce. Se chi vuole, senza nessun impegno né obbligo, partecipasse, secondo le sue possibilità, forse potremmo, tutti insieme, far sì che questo sogno non restasse un sogno, ma diventasse una realtà, potremmo fare in modo che questo visionario autore, di cui molti di noi sentono la mancanza, rimanesse vivo e vitale. Sapeste quante volte, di fronte ad accadimenti attuali, mi sono chiesta: “Chissà cosa avrebbe detto”, per poi scoprire che, magari trenta anni prima, lui “l’aveva già detto”.
Quindi, per concludere, quello che chiedo è che gli amici, secondo le loro possibilità, partecipino, anche economicamente, alla nascita di questo centro studi che sarà poi a disposizione di tutti.
Rimane inteso che sarà tutto documentato e che i soci “benemeriti” di ora godranno poi di facilitazioni e benefici. Uno dei miei “sogni” è quello di un raduno di manganelliani, dove poter parlare, confrontarsi, visionare testi introvabili o addirittura inediti, vedere filmati, che sono una vera rarità (forse nemmeno la Rai si ricorda di averli fatti) ascoltare registrazioni e quant’altro ci venisse in mente.
Se tutto questo vi piace e vi interessa, se pensate che ne valga la pena e che sia un peccato che il lavoro svolto finora vada perso, fatevi sentire e ripartiremo.
A presto, spero.
Lietta Manganelli. 349 7789466

giovedì 7 luglio 2011

Il sangue del tiranno, di Claudio Morandini (Agenzia X)

Agenzia X (casa editrice diretta da Marco Philopat) ha da poco inaugurato la collana Inchiostro Rosso-Noir di Rivolta, diretta da Matteo Di Giulio. La particolarità di questa collana è quella di presentare opere che coniugano le atmosfere noir con l’impegno politico e sociale, attraverso la narrazione inquieta e inquietante della confusa contemporaneità italiana.
E per i tipi di questa collana è da poco uscito Il sangue del tiranno, di Claudio Morandini.
Quando si leggono le opere di Morandini non ci si deve semplicemente fermare al dispiegarsi dell'intreccio. Molte sono le metaletture e tanti gli elementi sottotraccia che questo Autore riesce sapientemente a celare sotto la superficie delle sue storie. E Il sangue del tiranno non fa eccezione. Il noir, la suspense, il mistero, presenti in questo romanzo, sono, per Morandini, dei pretesti, degli strumenti, quasi degli escamotages per mezzo dei quali far passare un messaggio più profondo. Strutture architettoniche apparentemente indistruttibili che nascondono un lento e inesorabile collasso degli elementi. Corridoi e uffici che lasciano trasparire, nel loro irrimediabile decadimento, l’avvento terribile di una inevitabile desertificazione. Desertificazione che, a partire dagli elementi, dalle strutture, si estende, come una metastasi, fino alle anime. Docenti e ricercatori universitari preda delle meschinità più oscure. Studenti che vagano come spettri svuotati, spinti dal nulla o, nel migliore dei casi, dalla violenza gratuita. Uomini politici che rappresentano un'Italietta senza rimedio. In una università di provincia che, come una cattedrale costruita nel deserto, si staglia al di sopra di una cittadina dalla quale non proviene nessuna voce, nessuna vitalità. Su tutto e tutti regna un rettore/dittatore; sorta di carognesco ritratto di autocrate da basso impero ravennate. Lui stesso non immune da un male che lo sta uccidendo lentamente, mentre si odono gli echi, apparentemente lontani e tuttavia sempre più vicini, di un complotto a livello nazionale che si sta sviluppando con una serie di misteriosi omicidi di rettori e docenti universitari. Claudio Morandini ha saputo descrivere un universo dickiano, un universo che collassa e cade a pezzi. Un universo che si staglia come paradigma ammonitore di una preoccupante deriva sociale. Speriamo rimanga almeno qualcuno in grado di poter lanciare l'ubikiano grido d'allarme: “Io sono vivo, voi siete morti".
Un libro.
Il sangue del tiranno, di Claudio Morandini (Agenzia X).

lunedì 4 luglio 2011

"Autografo" riprende le pubblicazioni e riparte da Giorgio Manganelli

Sono particolarmente contento nel dare questa notizia: nel 2011 Interlinea, l'interessante e dinamica casa editrice novarese diretta da Roberto Cicala, torna a pubblicare "Autografo", una delle riviste di letteratura italiana più autorevoli,  fondata da Maria Corti e promossa dal Fondo Manoscritti dell'Università di Pavia, caratterizzata da numeri monografici sui maggiori problemi e autori del Novecento italiano. l nuovi direttori sono Maria Antonietta Grignani e Angelo Stella, mentre fanno parte del comitato scientifico Franco Contorbia, Gabriele Frasca, Gianfranca Lavezzi, Anna Longoni, Niva Lorenzini, Clelia Martignoni, Anna Modena, Giuseppe Polimeni e Carla Riccardi. Il primo numero della nuova serie (dedicato a Giorgio Manganelli) è intitolato La "scommemorazione". Giorgio Manganelli a vent'anni dalla scomparsa: volume monografico con gli atti della giornata di studi (Pavia 11 novembre 2010) con inediti, pp. 272, euro 20.

venerdì 1 luglio 2011

La visibilità del libro

Scrivere un libro e riuscire a trovare un editore che lo pubblichi può sembrare un grande traguardo. Ma le vere difficoltà cominciano proprio quando l'autore rimira con trepidazione la copertina della sua opera, fresca di stampa e frutto di fatiche, speranze e attese. Perché quella bella copertina, quell'oggetto dal profumo inconfondibile che racchiude parte della nostra vita, quel volume frusciante di pagine che sono proprio le "nostre", adesso deve affrontare il mare aperto dei lettori, il rumore bianco dell'informazione e la inevitabile pletora di tutti gli altri autori che, come noi, tenendo tra le mani altri oggetti di tal fatta e appena sfornati dagli editori, dovranno sgomitare senza sosta per ottenere un minimo appena decente di visibilità.
Eugenia Romanelli, scrittrice, giornalista de "Il Fatto Quotidiano", docente di comunicazione, in queste ultime settimane, curando la campagna per il romanzo Vie di fuga ha dimostrato quanto potente e efficace sia la comunicazione su internet. 
In poco tempo, grazie alla narrazione parallela su Facebook, ai video su YouTube, ai comunicati inviati via mail a migliaia di contatti, ha fatto esaurire la tiratura in serie limitata del suo romanzo, tanto da farne parlare persino l'Ansa.  
Ora ci spiega il segreto del successo di questa operazione. Ovvero come cambia il modo di scrivere, leggere, informare e comunicare nell'era degli smartphone, dei social network e dei libri elettronici. 


A cura di Eugenia Romanelli

Prefazione di Giulio Anselmi

Tre Punto Zero

La rivoluzione digitale. Come cambia il modo di scrivere, leggere, informare e comunicare nell'era di smartphone, social network, file audio e libri elettronici


"Dopo l’eclatante caso WikiLeaks, abbiamo avvertito il bisogno di indagare in modo laico e socializzato quella che comunemente viene definita “rivoluzione digitale”, a oggi poco presidiata dagli studiosi e dalle Accademie. In questo volume verranno analizzati cause ed effetti e proiettati alcuni scenari: in ambito pubblico – sociale, politico, economico – in quello professionale – tecnologico, metodologico, deontologico – in quello espressivo – come cambia la creatività grazie ai new media? – in quello personale – emotivo, psicologico, relazionale, affettivo. L’occasione è anche misurare, a vantaggio di un approfondimento della conoscenza tecnica, come cambia il modo di indiziare, confezionare e divulgare una notizia e come cambia la notizia stessa, esposta in modo paritario a tutti; come cambia la stesura di un testo o di un ipertesto creativo e la sua fruizione. E come cambia la circolazione di messaggi e contenuti, sia dal punto di vista del mittente che del target."

Saggi di: Patrizia Bellucci (Università di Firenze), Fabio Bezzi (editore di audiolibri), Alessan- dro Calderoni (giornalista investigativo), Rory Cappelli (“la Repubblica”), Sergio Caucino (scrittore), Giandomenico Celata (Università di Roma La Sapienza), Monica Di Sisto (agenzia stampa ASCA), Cristiana Giacometti (Presidente AEDA), Sebastiano Maffettone (Università LUISS), Enrico Menduni (Università Roma 3), Giacomo Nencioni (Università Roma 3), Michele Panozzo (Università Roma 3), Marta Perrotta (Università Roma 3), Vera Risi (Università LUMSA e direttore dell’e-zine “Bazarweb”), Riccardo Rita (ghost writer), Guido Scorza (Università di Bologna), Michele Sorice (Università LUISS).
Eugenia Romanelli, giornalista di “il Fatto Quotidiano”, collabora con l’Ansa e insegna tecniche di scrittura e new media all’Università LUISS. Ha diretto la rivista internazionale “Time Out” per l’Italia, ha fondato e dirige l’e-zine “Bazarweb” e ha pubblicato, tra gli altri:Vladimir Luxuria (Castelvecchi), Sfide (Giunti), Con te accanto (Rizzoli), Bazar Cultural Brand: comunicare sempre (Rai Eri), Vie di fuga (Dino Audino).