Ci sono parole, nomi, assonanze che hanno una vita propria, che hanno la forza di creare una sensazione che, forse, anche se solo per un attimo, ci avvicina all'eternità.
The Great Complotto. Questa unione di una parola anglosassone e di una parola italiana. Questa commistione di suoni, quasi cialtronesca, che apre una breccia fra le tracce dei ricordi. Sfoglio distrattamente uno dei tanti allegati di un qualche quotidiano e improvvisamente mi appare un articolo che mi ricorda che The Great Complotto è ancora vivo, che The Great Complotto c'è ancora. Quella unione di suono latino e anglosassone, quella espressione fatta quasi per ricordare La grande truffa del Rock'n' Roll, di Julian Temple, con Malcolm McLaren che racconta tutto e niente. Ma il film di Temple è dell'80, mentre The Great Complotto è del 1979. The Great Complotto non è una truffa. The Great Complotto è stato un sogno. The Great Complotto è stata la preistoria di quasi tutto quello che si crea oggi nel panorama indie.
Continuo a sfogliare questo giornale. Vedo facce un po' imbolsite, vecchi parka da Mod, da indossare guidando una Vespa superfanaluta alla Quadrophenia, qualche occhio bistrato da ragazza alla Kaos Rock meneghino fine anni '70. Ma The Great Complotto continua. The Great Complotto ci sarà sempre. Perché quando hai sognato una volta, quel sogno non lo dimenticherai mai più.
Nel sito del Great Complotto ci sono queste parole: Questo sito è dedicato a tutti quegli anni che non torneranno più. Mi piace.
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