mercoledì 29 febbraio 2012

I quarant'anni della Tullio Pironti Editore

La Tullio Pironti Editore ha avuto una grande importanza nei miei ricordi di lettore. Potete leggere qui e qui
E' quindi con grande piacere che pubblico questa notizia.
Tre giorni per festeggiare i quarant'anni della Casa Editrice Pironti

UNA FESTA
Casa Editrice Tullio Pironti
Palazzo Ruffo di Bagnara
P.zza Dante, 89
venerdì 2 marzo, ore 18.00
Tullio Pironti incontra amici, scrittori, lettori e giornalisti per un brindisi

Tullio Pironti, scugnizzo, pugile, libraio, editore.
Come editore ha collezionato grandi successi, dal Camorrista di Giuseppe Marrazzo a The Vatican Connection di Richard Hammer, a In nome di Dio. La morte di Papa Luciani di David Yallop, e ha pubblicato, spesso per primo in Italia, testi di scrittori come Don DeLillo, Bret Easton Ellis, Anna Rice, Raymond Carver e il premio Nobel egiziano Naghib Mahfuz.
È autore del volume autobiografico Libri e cazzotti, pubblicato nel 2005, tradotto in America e in Croazia, cui è seguito nel 2010 Il paradiso al primo piano.

sabato 3 marzo, ore 18.00
Fondazione Morra
Palazzo Ruffo di Bagnara
P.zza Dante, 89
Presentazione del libro di Giancarlo Dotto 
Elogio di Carmelo Bene. A dieci anni dalla scomparsa
A discuterne con l'autore:
Maurizio de Giovanni
Giuseppe Sansonna
Luisa Viglietti

Giancarlo Dotto, giornalista, scrittore e autore teatrale.
Per molti anni è stato collaboratore e assistente alla regia di Carmelo Bene, con cui ha scritto Vita di Carmelo Bene (Bompiani, 1998). Ha collaborato alla stesura di Chi mi credo di essere (biografia di Maurizio Costanzo, Mondadori, 2005) e di Una bellissima ragazza (biografia di Ornella Vanoni, Mondadori, 2011). Ha scritto per «L'Espresso», «Panorama» e «La Stampa», collabora attualmente con «Il Foglio», «Sette», «Diva e Donna», «Gioia». Per la televisione è stato ed è opinionista e autore in diverse trasmissioni Mediaset, tra cui «Controcampo», «Buona Domenica», «Verissimo», «La Versione di Banfi», «Matrix». Per la collana elogi di Tullio Pironti ha già pubblicato l'Elogio della malafemmina (2008) e l'Elogio di Helenio Herrera (l'unico vero mago) (2010).

domenica 4 marzo, ore 18.00
Inaugurazione mostra e presentazione catalogo
Quattro artisti e un editore
Christian Leperino, Nino Longobardi, Vincenzo Rusciano, Lello Torchia
omaggiano Tullio Pironti con le loro opere
Testi di Francesco Durante, Mario Franco,
Armida Parisi, Eleonora Puntillo, Salvo Vitrano
Foto di Rino Palma

 Info:
Casa editrice Tullio Pironti
Tel. 081 549.97.48  sito:       www.tulliopironti.it
Tel. 081 21.80.169  e-mail:  editore@tulliopironti.it
Fax 081 564.50.26

Fondazione Morra   sito:         www.fondazionemorra.org
Tel. 081 564.16.55  e-mail:    info@fondazionemorra.org
Fax 081 564.14.94      

                                                      

sabato 25 febbraio 2012

La libreria nata da un tumblr

Prima è nato il blog sulla piattaforma tumblr e poi, finanziata da Kickstarter (sito di fund raising per progetti creativi), è nata la libreria. Succede negli Usa, a Chicago. Uncharted Books si occupa della vendita di libri di narrativa e saggistica, dal vintage al quasi nuovo.
Una storia interessante, una vera e propria avventura che dimostra come la strada vincente è solo quella del sincretismo mediatico: store digitali e librerie, libro e ebook, carta e web.

venerdì 24 febbraio 2012

Il metodo infallibile per fare soldi al Casinò

Da piccolo andavo in vacanza in Riviera. Le mamme (e i pediatri, dalle cui labbra le mamme pendevano) l'hanno sempre saputo: l'aria del mare contiene iodio e quale miglior toccasana per le tonsille?
In quei caruggi scuri e dalle case alte (caruggi sempre paralleli al mare, che così il vento delle eventuali tempeste stava fuori dall'abitato, come un nemico impotente di fronte alle mura di un castello) c'era una tabaccheria/cartolibreria.
Cartoline, buste, sigarette, accendini, sigari, penne biro, mazzi di carte e anche libri, in gran parte prigionieri di una rastrelliera/contenitore. Qualche bestseller alla Harold Robbins, raccolte di proverbi genovesi, guide turistiche e l'immancabile manualetto: Il metodo infallibile per fare soldi al Casinò.
Ogni volta che mi imbatto in chi descrive il modo per diventare un autore di culto e vendere milioni di copie trasformandosi in una sorta di imprenditore dei propri libri mi viene sempre in mente quel titolo: Il metodo infallibile per fare soldi al Casinò.

giovedì 23 febbraio 2012

Sono una vecchia comunista, di Dan Lungu (aìsara)

Uno spaccato di storia europea contemporanea narrato non attraverso le voci scontate dei primi ministri o dei presidenti della repubblica, bensì attraverso le voci vivaci e sofferenti della quotidianità. Infatti i veri protagonisti di Sono una vecchia comunista sono proprio quelle persone comuni che la storia (e le sue vicissitudini) sono spesso costrette a subirla. Attraverso l’intersecazione dei piani narrativi e di quelli temporali veniamo lentamente introdotti nella vita di Emilia Apostoae. Oggi madre disillusa ma ancora combattiva, ieri figlia in cerca di una vita diversa da quella del villaggio in cui era nata. Oggi donna che tenta faticosamente di scendere a patti con un mondo che non le appartiene più, ieri ragazza entusiasta e innamorata della vita, ma ben presto consapevole delle durezze e dei compromessi che nella vita si nascondono.
E proprio attraverso la condivisione dei piani narrativi e temporali assistiamo all’incedere non solo delle sue vicende personali, ma anche di quelle dei suoi genitori, dei suoi parenti, del suo futuro marito, dei compagni di lavoro, delle figlie. Un incedere che sapientemente parte dalle vite comuni e lentamente apre il sipario su tutto un mondo. Sociale, economico, politico.
La Romania di Ceausescu è lo sfondo sul quale Dan Lungu dipinge le vite dei suoi personaggi. Ne nasce un vero e proprio affresco dove i colori sono sempre veritieri, efficaci, senza alcuna volontà polemica. Ne nasce una commedia umana dai toni sommessi, che ricorda le immagini delicate e riservate, e tuttavia venate di intrinseca drammaticità, del Decalogo di Kieslowski. Il confronto costante ma affettuoso tra Emilia e la figlia Alice è il naturale sviluppo del confronto, forse ancora più duro, tra Emilia e la propria madre. Ecco il nucleo centrale attorno a cui si snodano le vicende del romanzo. Ma è proprio questo rapporto famigliare, fatto di affetti e anche di durezze, che costituisce il naturale passaggio del testimone fra le generazioni. Un passaggio del testimone che, nonostante tutto, fortifica ancora una volta le vite delle persone comuni, le vere protagoniste dei fatti storici. I presidenti della repubblica, i primi segretari di partito, i potenti insomma, vivono nelle barzellette che vengono raccontate a mezza voce, sono attesi per una visita che non avverrà mai e poi scompaiono in un pomeriggio di dicembre, travolti da una rivoluzione dai risvolti misteriosi. I loro fedelissimi si trasformano subito in araldi del capitalismo e il simpaticone che raccontava quelle barzellette era poi un informatore della Securitate, mentre la riservata sarta in pensione nasconde un passato da perseguitata del regime. Tutto cambia per rimanere come prima. Rimangono le madri e le figlie a testimoniare che la vita deve andare avanti. Sempre.
Un libro.
Sono una vecchia comunista, di Dan Lungu (aìsara).

martedì 21 febbraio 2012

La sollevazione, di Franco Berardi Bifo (Manni)

Se l’elemento dominante del divenire storico è il conflitto, la nostra contemporaneità ci pone per la prima volta di fronte a una mutazione sostanziale. Il conflitto non nasce più dal confronto tra strutture politiche, sociali ed economiche ben determinate e organizzate. Il conflitto non vede più istituzioni e sistemi che si scontrano nella eterna battaglia per la supremazia delle forme e degli ordini che ognuno di essi rappresenta. 
Lo stesso scenario della battaglia è completamente mutato e non risponde più a nessun tentativo di interpretazione messo in pratica attraverso quegli schemi consolidati che, parte essi stessi di quello scenario, sono entrati non tanto in una fase di crisi, quanto in un vero e proprio stato di obsolescenza.
Stato di obsolescenza che è penetrato così in profondità al punto da rendere indispensabile una interpretazione del conflitto che deve essere necessariamente e totalmente nuova e che deve tenere conto di elementi che sembrano apparentemente estranei alla sua stessa struttura, ma che, proprio da quella apparente estraneità, traggono tutta la loro forza dirompente.
Una lenta ma inesorabile parcellizzazione della società contemporanea è l’elemento che unisce e caratterizza la mutazione sociale, economica e politica. E, come in un grande e inquietante scenario phildickiano, Franco Berardi Bifo riesce a scardinare quella narrazione propagandistica che il presente fa di se stesso, andando a svelare tutta la menzognera propaganda di un consolidato storytelling che altro non è se non la matrice che tutto governa o crede di governare.
Nulla è separato dal resto e la realtà quotidiana di ognuno di noi è ormai fortemente intrisa di parole d’ordine e di comportamenti indotti da una silenziosa condivisione e commistione di mondo reale e virtuale. Condivisione e commistione silenziosa e invasiva, che porta modificazioni non soltanto nella percezione che della loro funzione hanno i gruppi di individui, ma anche e soprattutto nella percezione che di sé stesso ha ognuno di noi.
La prospettiva infinita della rete, la matrice senza tempo del web, il riposizionamento continuo provocato dalla ridondanza di informazioni e dalla mutazione del linguaggio hanno ricadute non solo tecniche o interpretative, bensì contribuiscono pesantemente a una sorta di alterazione semantica e sintattica dell’individuo e della sua conoscenza ed espressione.
Un dogma che apparentemente nega ogni dogma. Un pensiero unico che apparentemente nega ogni pensiero unico. Un inquietante mix di capitalismo selvaggio intento ad accaparrarsi il valore di ogni contenuto e di produttori di contenuti che si autoilludono di essere protagonisti in nome di una finta libertà e che invece sono confinati in un recinto senza fine di precarietà.
È questo il lato della matrice che Franco Berardi Bifo ha avuto il coraggio di mostrarci. 
Ed è il lato in cui siamo, spesso inconsapevolmente, prigionieri.
Un libro.
La sollevazione. Collasso europeo e prospettive del movimento, di Franco Berardi Bifo (Manni).

lunedì 20 febbraio 2012

Intervista a Jonathan Franzen - anteprima Io donna del 25 febbraio

Su Io donna di sabato 25 febbraio uscirà un'intervista a Jonathan Franzen. Eccone un'anteprima.

“Così costruisco un bestseller.
E poi lo riscrivo”
Candidato al Nobel, nei suoi romanzi condensa anni
di riflessioni. Eppure Jonathan Franzen rimette
mano a un successo come Le correzioni. Qui ci racconta
perché. Svelando come sia in soggezione di fronte a donne
attraenti. E come siano volgari gli antidepressivi
di Livia Manera, foto di Andy Ryan

Un pomeriggio con Jonathan Franzen può cominciare bene o male. E questo è cominciato male: Franzen mi aspettava il giorno prima. Ora, a New York ancora più che altrove, una star come il cinquantaduenne autore di quattro romanzi i cui ultimi due, Le correzioni e Libertà (Einaudi), sono stati allo stesso tempo bestseller planetari e successi di critica formidabili; uno scrittore che ha avuto la copertina di Time; che malgrado l’aspetto da studente è già candidato al Nobel, e che per di più, in questo momento, sta affrontando il compito di riscrivere Le correzioniper una serie televisiva prodotta da Scott Rudin, avrebbe potuto dire: mi spiace, lei ha perso la sua occasione. Ma è tipico invece di Jonathan Franzen sforzarsi di correggere la distanza intellettuale e di prestigio sociale che spesso lo separa dal prossimo. Al punto da offrirsi di dire: «È capitato anche a me, una volta», mentre mi prende il cappotto nell’ingresso del suo appartamento.

Davvero? Quando?
Quando ho passato un periodo a Washington per il New Yorker e non mi sono presentato a un appuntamento con il vicepresidente perché avevo staccato tutto - compresi posta elettronica e telefonino - per scrivere il mio pezzo. Quando li ho riattaccati ho trovato almeno una dozzina di telefonate della sua segreteria.
Se sta parlando di Joe Biden come penso, l’ha fatta decisamente più grossa di me. E così, con le carte della nostra intervista sparigliate, ci sediamo al tavolo da pranzo tra la cucina e il salotto, e cominciamo a parlare di come deve essere cambiata la sua vita da quando ha smesso di essere un talentuoso ma frustrato giovane scrittore americano. E nella peggiore delle date possibili – cioè il 12 settembre del 2001 - Le Correzioni è approdato in libreria e ha rubato il cuore al grande pubblico americano, con le sue 600 e più pagine su
una famiglia disfunzionale del Midwest, nemmeno tanto tipica.

Cosa le ha cambiato la vita dopo il successo del suo libro?
Più che la fama, sono i soldi a cambiarti la vita. Non ne avevo mai avuti prima che uscisse Le correzioni, quando
avevo quarantun’anni. E la cosa curiosa è che dal momento che il mio modo di essere era già formato, sarei rimasto un povero per il resto della mia vita, con la differenza che oggi sono un povero con i soldi. Ma una cosa la fama l’ha certamente cambiata. Oggi so che ogni volta che accendo il computer c’è qualcuno che vuole qualcosa da me.

Come cosa?
Qualunque cosa. Persone che vogliono mandarmi libri e manoscritti; che chiedono raccomandazioni, o soldi per associazioni benefiche, o sostegno alle loro cause; apparizioni personali, interviste, o cose come “Possiamo venire a fotografare la sua libreria per un pezzo che stiamo preparando sulle librerie delle persone famose?”. E cos’è tutto questo se non la più abietta venerazione della fama?

Con la sua aria da ragazzo studioso e con i suoi occhiali spessi sembra un timido, ma le sue opinioni non sono
timide affatto.
Quando qualcuno ti ferma in aeroporto e ti dice che gli piacciono i tuoi libri, come fai a non essere contento?
Il rovescio di questa medaglia è che chiunque incontri oggi mi vede in primo luogo come una persona famosa. Per questo mi sono molto cari i rapporti che risalgono a quando ero uno sconosciuto. La fama ti costringe a convivere con la paranoia di chiederti continuamente: a questa persona piaccio perché le piaccio sul serio, perché le piace l’idea che ha di me, o perché il fatto che io le piaccia le è utile?

Allora non è vero che è un timido?
Sì e no. Sono timido al telefono, per esempio: non mi piace parlare con le persone che non conosco. Nemmeno ai party. E certamente sono timido con le donne attraenti: la sicurezza sessuale non era certo una cosa che ti dava una famiglia come la mia.

Lei viene da un sobborgo di St. Louis nel Missouri, padre svedese, madre americana. E nei suoi libri ha quasi sempre esplorato i luoghi e l’ambiente sociale in cui è cresciuto.
Perché cercare altrove, quando puoi concentrarti su ciò che conosci bene?

Perché potrebbe diventare una limitazione (la mia è una domanda provocatoria, ma lui sorride tranquillo perché sa bene che non è vero).
Per risponderle dovrei ricorrere al mio scrittore nordamericano preferito, l’autrice di racconti Alice Munro, quando dice che «non c’è fine alla complessità delle cose nelle cose». E se è questo che ti interessa, allora i contorni del paesaggio che più ti è familiare sono la tua àncora. Le limitazioni di cui ho veramente paura sono altre. Sono abbastanza intelligente? Sono abbastanza sensibile? Ho accumulato abbastanza esperienza, per trovare più cose nelle cose?

E cosa si risponde?
Senta: scrivere un romanzo serio è qualcosa che ti costringe all’umiltà. Sono passato quattro volte per l’esperienza di cominciare un romanzo e di non avere la più pallida idea di come riuscire a scriverlo. E la soluzione è sempre stata di iniettarvi un po’ di avventura. Il senso del rischio è contagioso. Come lettore sono molto stimolato quando sento che uno scrittore sta rischiando, che si sta misurando con qualcosa che potrebbe esporlo alla vergogna, o a far del male a qualcuno.

Mi dice che cosa l’ha spinta allora ad accettare di riscrivere Le correzioni per la televisione, invece di lavorare a qualcosa di nuovo?
Me lo chiedo anch’io. All’inizio dovevo essere solo un consulente alla produzione. Ma la verità è che non vedo un altro scrittore che possa conoscere i miei personaggi come li conosco io, e lavorare ad aggiungere nuove scene.

Aggiungere nuove scene? Perché?
Perché un romanzo consiste nella virtuosa gestione di quello che ne rimane fuori. Nelle Correzioni molte cose le avevo lasciate fuori perché non riuscivo a immaginarle, per esempio. E invece adesso devo ritornarci sopra e farlo. Com’erano veramente questi personaggi? Come sono diventati quello che sono?

Ce lo vuole dire? In altre parole, come si scrive un romanzo? È diverso da una sceneggiatura?
Il lavoro vero avviene prima della scrittura. Quando poi ci arrivo, quello che butto giù è più o meno la sua forma definitiva. Ciò che conta veramente sono i tre, cinque, sette anni in cui ci penso su e prendo appunti che raramente riguardo, ma che alla fine della giornata mi danno l’idea di avere lavorato. Scrivere sceneggiature è esattamente l’opposto.

Tutto questo lavoro di riflessione fa pensare alla psicoanalisi. È una cosa che fa parte della sua vita?
Preferisco non rispondere. Quello che posso dire è che sono desolato di vivere in una cultura che ha così svalutato
la psicologia. Io mi muovo in un mondo freudiano, che cerca di capire quali siano i veri motivi dietro le cose, e che usa la sensibilità per comprendere in che modo i conflitti interiori diano forma alle persone e ai loro comportamenti. E che tutto questo oggi sia rimpiazzato dalla chimica del cervello, è un fatto di una volgarità inimmaginabile.

Le chiedo scusa, forse era una domanda troppo indiscreta.
No, può chiedermi quello che vuole (si allontana un attimo a prendere un bicchiere d’acqua, ndr). Solo che una delle prime lezioni della fama, per tornare all’inizio della nostra conversazione, è che quando rispondi non pensi che quello che dici sarà stampato. E questo all’inizio mi ha procurato non pochi guai, e di conseguenza rabbia… Ecco: una cosa che è cambiata in questi anni è che non sono più così arrabbiato. So di apparire immodesto se le dico che rileggendo Le correzioni sono rimasto colpito da quanto sia ben scritto. Ma quello che voglio dire è che ho visto una prosa in cui traspaiono rabbia e autodifesa: come se con quelle frasi così curate volessi difendermi, dimostrando di essere stato capace di scriverle.

Quella rabbia ha fatto la sua fortuna. Le ha permesso di iniettare in un romanzo ambizioso la vitalità e l’energia che lo hanno reso popolare.
Forse. Ma quando mi sono chiesto da dove venisse, non ho trovato una riposta. E così la soluzione è stata un altro
libro, Libertà. Con molta meno rabbia, meno paura nell’approccio alla lingua, e tuttavia lo stesso forte legame a tenere
insieme la scrittura e la vita.

venerdì 17 febbraio 2012

Giuliano Scabia a Pavia con "Marco Cavallo"

Giuliano Scabia a Pavia con "Marco Cavallo"
A cura dell’associazione culturale musicale “il Demetrio”

Il 25 febbraio Giuliano Scabia sarà a Pavia in una serie d'incontri che lo vedranno protagonista.
L'occasione è la riedizione di Marco Cavallo la storia di un esperimento di animazione collettiva: medici, infermieri, ricoverati e artisti trasformano un reparto psichiatrico in un laboratorio della fantasia.

Primo appuntamento Istituto Cairoli ore 11,15 Sala Tobia grazie alla fattiva collaborazione dell’Associazione Amici della Biblioteca Adelaide Cairoli che ha consentito l’incontro, quattro classi dell’indirizzo Sociale, dopo aver letto il libro di Giuliano Scabia lo incontreranno per dialogare con lui sull'esperienza di animazione nell'ospedale psichiatrico di Trieste che lo ha visto protagonista a fianco di Franco Basaglia. Modererà l’incontro Francesco Mastrandrea.

Secondo appuntamento 'Osteria letteraria Sottovento ore 13,15
“A pranzo con l’autore…Giuliano Scabia”, per prenotarsi tel.038226350.

 Terzo appuntamento presso il Centro Culturale I Crociferi, Via Cardano 8. L'evento previsto presso il Centro Culturale a partire dalle ore 15 e fino alle ore 19 è un Laboratorio di Teatro su un nuovo testo dal titolo provvisorio “Commedia di matti assassini”, tratto dal ciclo del teatro vagante. Durante il pomeriggio il testo verrà letto, esaminato e recitato con un gruppo di "attori" (non necessariamente professionisti). Possiamo considerare questo evento come un laboratorio di lettura, decifrazione, recitazione e drammaturgia.
Su richiesta dell'Autore, per poter svolgere in maniera ottimale il lavoro, è previsto un numero massimo di 20 partecipanti.
Informazioni e prenotazioni possono essere richieste al numero: 0382 312041

Quarto appuntamento Mercoledì 7 marzo ore 9,15 e 11,15
nel salone dell’Istituto San Giorgio in via Bernardino da Feltre
"Teatro con Bosco ed animali"
racconto per orchestra, coro e voci narranti liberamente ispirato al lavoro teatrale " Teatro con bosco ed animali” di Giuliano  Scabia. Regia di Francesco Mastrandrea, musiche di Ugo Nastrucci, coro giovanile e orchestra del Vittadini diretti da Giuseppe Guglielminotti.

Nel bosco fatato troviamo cavalieri, animali magici e sapienti, l'asino ed il cervo bianco, il lupo,una famiglia di cinghiali, la Notte, il Sole, una volpe, un cervo, una lepre, due aquile, una città magica e misteriosa, l'uomo selvatico, il vento e le api, ed uno strano teatro vagante.
E poi personaggi grotteschi che rappresentano un comico legame tra il mondo delle "bestie" e quello degli esseri umani
ed in questo teatro magico e misterioso si narrano storie e miti in cui, spesso, gli animali, commentano il teatro umano, cioè le finzioni degli uomini, i loro comportamenti, i loro atti di eroismi e coraggio ma anche la paura, la gioia e la felicità del vivere.
Dice, infatti il cinghiale maschio " vorrei potere osservare gli esseri umani da vicino: so che ridono, giocano, fanno dei viaggi, amano, si arrabbiano, e fanno guerre.
Nei nostri confronti sono così feroci. eppure sono animali anche loro"

Marco Cavallo a cura di Giuliano Scabia
Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura nuova edizione a cura di Elisa Frisaldi.
Noi non sappiamo cosa sia stato Marco Cavallo, ma una cosa è certa: per noi ha avuto una profonda importanza. Quando oggi gli ospiti dell’allora Ospedale psichiatrico di Trieste si incontrano in città, molti ripensano al periodo in cui costruirono Marco Cavallo come a un momento che segnò un nuovo inizio; un progetto di vita che non aveva niente in comune con l’odiata quotidianità del manicomio, ma che rappresentava piuttosto un legame tra individui in una nuova dimensione.
Franco Basaglia

Giuliano Scabia è nato a Padova nel 1935. Attualmente vive a Firenze. Scrittore, poeta, drammaturgo, narratore dei propri testi, è protagonista di alcune tra le esperienze teatrali più vive degli ultimi decenni. Nel
1964 scrive per Luigi Nono il libretto dell’opera Diario Italiano.
Fra i suoi libri: “La luce di dentro. Viva Franco Basaglia. Da Marco Cavallo all'accademia della follia”, Titivillus - 2010, “Nane Oca rivelato”, Einaudi, 2009, “Il tremito. Che cos'è la poesia?”, Casagrande, 2006, “Le foreste sorelle: nuove straordinarie avventure di Nane Oca”, Einaudi, 2005, “Il drago di Montelupo: cronaca del teatro e dello storico incontro fra il Drago e Marco Cavallo” Titivillus, 2004 (con Pilade Cantini), “Lettere a un lupo, con nuove lettere”, Casagrande, 2001, “Lorenzo e Cecilia”, Einaudi, 2000, “Il poeta albero”, Einaudi, 1995, “Nane Oca”, Einaudi, 1992, “In capo al mondo,” Einaudi, 1990.

La Associazione Amici della Biblioteca Adelaide Cairoli, nata all’inizio del 2007, si propone di sensibilizzare la città su un patrimonio di 12.000 volumi di indubbio valore storico e culturale. La biblioteca, ospitata nel settecentesco Palazzo Olevano in Corso Mazzini, 7 (per i pavesi I Tri Raste’), rischia di deteriorarsi progressivamente se affidata soltanto ai fondi scolastici in costante diminuzione. E’ quindi possibile sostenere la Associazione, iscriversi alla biblioteca che è pienamente inserita nel catalogo unico informatizzato delle biblioteche di Pavia e provincia e, per chi lo desiderasse, svolgere opera di volontariato in collaborazione con i responsabili. L’Associazione si propone inoltre di promuovere sul territorio la cultura del libro e la diffusione dei saperi, nonché di sensibilizzare la comunità alla conservazione di Palazzo Olevano e di tutte le dotazioni storiche di pregio dell’Istituto Cairoli che si appresta a compiere 150 anni.

giovedì 16 febbraio 2012

Toccare i libri, di Jesús Marchamalo (Ponte alle Grazie)

Qui è necessario intendersi da subito. La lettura di questo agile libretto è caldamente consigliata nell’ordine:
a tutti quelli che, dopo avere stipato libri su scaffali e mensole e avere colonizzato posti impensabili come cantine, garage e toilette non hanno più un solo centimetro libero di spazio;
a tutti quelli che da sempre cercano di dare un ordine alle loro librerie (cronologico, alfabetico, di lettura) e inevitabilmente rimangono sempre vittime di qualche libro che di questo ordine non ne vuole assolutamente sapere;
a tutti quelli che sono stati sfiorati dall’idea che, per liberare le proprie case invase da tonnellate di libri, sia necessario disfarsi in qualche modo di qualcuno almeno dei suddetti libri;
a tutti quelli che pietosamente nascondono a se stessi la più dura delle verità: non riusciremo mai a leggere tutti i libri che avremmo voluto leggere;
a tutti quelli che, dopo aver letto migliaia di libri e migliaia di trame scoprono, con sorpresa mista a un po’ di terrore, che alcuni dei libri letti sì ce li ricordiamo, ma che di altri (e sono la maggior parte) ricordiamo a mala pena il titolo.
Detto questo non mi resta che augurare buona lettura.
Un libro.
Toccare i libri. Una passeggiata romantica e sensuale tra le pagine, di Jesús Marchamalo (Ponte alle Grazie).

venerdì 10 febbraio 2012

Pier Angelo Soldini. Tra giornalismo e letteratura

Esistono purtroppo casi in cui l’editoria ha la memoria corta e, schiava dei modelli imposti dalla frettolosa mercificazione dei nostri tempi, dimentica autori che molto hanno dato alla letteratura italiana.
Uno di questi autori, a lungo caduto nell’oblio, è Pier Angelo Soldini. Nato a Castelnuovo Scrivia (in provincia di Alessandria) il 25 maggio 1910, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Pavia. Nella città lombarda iniziò a collaborare con la rivistaTicinum, abbandonando poi gli studi universitari per diventare allievo ufficiale a Palermo.
Nel 1931 uscì il suo primo libro Pupa Fernanda e altre novelle, nel 1935 vinse il “Premio Viareggio – opera prima” con Alghe e meduse e diventò collaboratore del quotidiano La stampa. Nel 1936 fu corrispondente di guerra in Spagna e, da quella esperienza, nacque nel 1940 il romanzo Duri a morire, che fu edito da Bompiani. Dal 1940 al 1943 continuò l’attività di corrispondente di guerra a bordo dell’incrociatore Eugenio di Savoia e successivamente al seguito del corpo di spedizione italiano in Russia. A quegli anni risalgono Avventura e Terra deserta.
Nel 1957 vinse il “Premio Bagutta” con Sole e bandiere.
Negli anni Cinquanta divenne caporedattore del settimanale Tempo, direttore della sezione libri della casa editrice Palazzi e responsabile della collana narrativa della casa editrice Ceschina.
Soldini propose di chiamare quella collana con il nome de “Il Sagittario”, volendo rendere omaggio così al segno zodiacale della figlia Lidia.
Nello stesso momento nasceva una nuova casa editrice che, guarda caso, decise anch’essa di chiamarsi “Il Sagittario”. E anche in questo caso il nome era legato a un segno zodiacale: quello del suo fondatore Alberto Mondadori, figlio di Arnoldo. Tuttavia, poiché il nome trovato da Soldini per la nuova collana di Ceschina era già stato registrato, quella nuova casa editrice fu costretta a mutare il suo nome. Da “Il Sagittario” si trasformò ne “Il Saggiatore”.
Nel 1962 uscì il primo dei suoi tre volumi di diari Il Cavallo di Caligola, seguito nel 1964 dal secondo La forma della foglia. Il terzo volume Il giardino di Montaigne uscì postumo in Svizzera nel 1975.
Pier Angelo Soldini è stato inserito nel volume Giornalismo italiano, curato nel 2007 da Franco Contorbia, per la collana “i Meridiani” della Mondadori. Le sue opere sono in corso di ristampa presso l’editore novarese Interlinea.
Sono ora disponibili in volume, per chi volesse approfondire la figura di Soldini, gli atti del convegno tenutosi a Castelnuovo Scrivia sabato 5 giugno 2010.
Tra giornalismo e letteratura. Pier Angelo Soldini e la cultura del Novecento. Quaderni della Biblioteca P. A. Soldini. Curato da Roberto Carlo Delconte e con i contributi di Clelia Martignoni, Chiara Lungo, Roberto Cicala, Antonello Brunetti, Angelo Ricci, Chiara Lombardi, Brunello Vescovi, Roberto Carlo Delconte, Giusi Baldissone, Chiara Parente, Marco Franceschetti.
(Pubblicato anche su La poesia e lo spirito)

giovedì 9 febbraio 2012

Fantasmagonia, di Michele Mari (Einaudi)

C’è un demone che vive e abita in tutte le pagine, in tutte le storie. C’è un demone che vive e abita in tutti i lettori, in tutti i libri. C’è un demone che vive e abita in tutte le trame, in tutte le frasi. C’è un demone che si perpetua senza fine alcuna attraverso i secoli. C’è un demone che ci guarda, con il sorriso tragicamente segnato sulle labbra pallide. E che ci osserva fintamente benevolo dagli anfratti più celati di ogni narrazione. Un demone che, con dolore, rassegnazione e nascosto godimento, compie il definitivo atto di possederci. E di possedere chi scrive e chi legge. E di possedere così l’umanità tutta che, da sempre, arde dal desiderio di raccontare e di raccontarsi. E nutrendosi di quel desiderio geneticamente stampato in ognuno di noi, lentamente se ne impadronisce sino a diventare, forse con sua stessa tragica ritrosia, la storia, la narrazione stessa.
C’è un demone che, con sapiente e ributtante accoglienza, si accoccola sulle nostre spalle di lettori, di scrittori, di cantastorie e come le Tre Madri di De Quincey si abbevera della nostra inutile speranza, assaporando e nutrendo se stesso della nostra vana rincorsa verso la parola.
C’è un demone che trasforma ogni libro in se stesso e, attraverso la lettura, penetra la sottile membrana che separa ogni lettore dalla sua storia, perché, per il lettore, ogni libro racconta la storia di quel lettore che sta leggendo, inconsapevolmente, di se stesso.
C’è un demone che ha assunto con sapiente pazienza le forme di uno scrittore. C’è un demone che ha scritto un libro attraverso le mani e gli occhi di quello scrittore. C’è un demone che è arrivato sino a me, che quel libro ho letto e che di quello scrittore ho bevuto ogni parola. Adesso, dopo aver letto quel libro, so che il demone esiste. Grazie a quel libro e a quello scrittore ho imparato a riconoscere il demone. Adesso so che c’è. Ho imparato a dominarlo ma, ogni volta che i miei occhi si posano sulla riga di un libro, il demone mi guarda da lontano con consumata tristezza.
Un libro.
Fantasmagonia, di Michele Mari (Einaudi).

lunedì 6 febbraio 2012

Il premio internazionale di narrativa intitolato a Stefano Benassi

Copio e incollo dal blog dello scrittore Michele Marziani.
Stefano Benassi era prima di tutto un amico, una persona cara, una delle poche che conosco che credeva davvero nella scrittura, come modo di raccontare il tempo, la vita e anche di stare insieme. Non a caso insegnava sociologia della letteratura all'Università di Bologna, lui che per mantenersi agli studi, mi raccontava una volta, scaricava i bancali alla Coop. E insegnava scrittura creativa in diverse libere università e associazioni. Il corso che tengo a Rimini a Università Aperta è una sua eredità perché Stefano è morto tre anni e mezzo fa. Ed è a lui che Università Aperta di Rimini ha voluto dedicare un premio internazionale di narrativa inedita del quale ho l'onore è il piacere di presiedere la giuria (della quale, tra gli altri, fanno parte anche l'agente letterario Carla Casazza e l'amico scrittore Angelo Ricci). È un premio piccolo, semplice, per racconti brevi. Un premio popolare, aperto a tutti. Non so se servirà a scoprire talenti, ma sicuramente sarà un premio pulito, dove a vincere saranno i migliori. Come sarebbe piaciuto a Stefano. Cliccando qui si può scaricare il bando. Scade il 20 aprile 2012.

giovedì 2 febbraio 2012

Intervista a Michele Monina

Michele Monina da sempre spazia tra la letteratura, la saggistica e la musica e ha pubblicato con editori come DeriveApprodi, Pequod, Castelvecchi, Guanda, Mondadori. Vero e proprio esploratore della cultura pop ha scritto, tra le altre cose, le biografie di Vasco Rossi, Laura Pausini, Fabri Fibra e Valentino Rossi.


Michele, c’è differenza tra scrivere un racconto o un romanzo e scrivere invece la biografia di una rockstar? O, forse, sono soltanto facce diverse di un’unica narrazione?
Nel corso degli anni sono passato attraverso quelli che convenzionalmente vengono definiti generi con una certa agilità. Personalmente non ho mai capito il motivo di queste distinzioni, e in quanto scrittore, nato nella narrativa e poi passato alla saggistica e alla cosiddetta varia, ho sempre pensato che scrivere è scrivere, a prescindere dalla sezione della libreria dove poi i miei libri sarebbero finiti. Se poi proprio non possiamo uscire da questi cliché, io sono e resto un narratore, al limite un narratore in prestito alla saggistica.

Nel tuo ultimo libro, 10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi), edito da Laurana, descrivi molto di quello che c’è dietro la creazione di una rockstar o popstar di successo. Oggi il successo in campo musicale passa proprio solo attraverso uffici stampa e campagne create a tavolino? La bella storia, da film americano, del giovane di belle speranze che suona per strada e viene scoperto per caso dal grande discografico è soltanto una bella storia da film?
No, credo che esistano quelle belle storie da film anche nel mondo reale. Che siano rarissime, ma possibili. Resta comunque il fatto che il tipo che suona in strada diventa una star solo dopo che l'ha intercettato il grande discografico, nei film americani. Quindi quel passaggio è necessario. O meglio, è necessario trovare il modo di far passare il talento del tipo che suona in strada da quella strada al resto del mondo. In questo la rete fa molto, ma la rete da sola è semplicemente una strada più grande e molto ma molto affollata. Diciamo che talento e lavoro fatto a tavolino sono il giusto mix.

Se i talenti musicali vengono trovati ormai attraverso i reality la domanda sorge spontanea: la case discografiche fanno ancora scouting?
Le case discografiche non fanno scouting almeno da dieci anni. Forse anche di più. Del resto non esistono quasi più, le case discografiche. Stanno implodendo. Morendo per dolce morte autoinflitta. Lo scouting lo fanno i produttori, quei pochi capaci, e anche un po' noi critici musicali. Io, nel mio piccolo, almeno un paio di artisti poi arrivati al successo li ho intercettati prima che diventassero famosi...

Nel mondo dei libri la rete ha rivoluzionato l’universo della critica. Ormai di libri si parla sui blog, le riviste letterarie hanno quasi tutte abbandonato il cartaceo per trasferirsi online, nei social come anobii e goodreads sono ormai i lettori che scrivono, parlano e giudicano i libri e gli editori cominciano ad accorgersene. Che impatto ha avuto il web sulle riviste musicali (mi riferisco al mitico Rolling Stone, a Uncut, ma anche, per esempio, al nostrano Il Mucchio Selvaggio)? Il giornalismo che si occupa di musica, penso a mostri sacri come Riccardo Bertoncelli o a eretici geniali come Piero Scaruffi, ha ancora un senso?
Il mondo dell’editoria e quello della discografia sono distanti e incompatibili, credo, e lo dico a ragion veduta, visto che da sempre frequento assiduamente entrambi. Anche se la rete ha in qualche modo sparigliato le cose anche nel mondo della musica. Oggi la Bibbia non è più Rolling Stone (parlo della versione americana, perché quella italiana, nella quale ho anche scritto per i primi quattro anni di vita, non è mai stata la Bibbia alcunché), ma Pitchfork, che è un sito musicale. E i critici più interessanti si muovono in rete, più che sul cartaceo. Ovviamente, essendo la rete libera, oltre a nomi credibili e accreditati, sul web si muovono anche immensi ciarlatani, e scegliere chi seguire è rischioso e difficile (non c’è un direttore e un editore che ci mette la faccia, spesso, almeno riguardo ai blog). In Italia, invece, la faccenda è un po’ diversa. I giornali musicali stanno chiudendo tutti, e non c’è stato un ricambio in rete. Io ho scritto a lungo per Tutto Musica, che era la rivista leader del mercato, che ha poi chiuso. Ho scritto su Rockstar, che era la numero due, e che ha seguito la stessa sorte. Mucchio è da tempo diventata rivista di ultranicchia e sta rischiando di chiudere. Questo anche grazie a nomi vecchi e incapaci di farsi da parte, come lo stesso Bertoncelli, ma anche i vari Massimo Cotto e affini, lì, attaccati alla sedia manco fosse questione di vita o di morte. Ecco, loro dovrebbero abbandonare la professione, e lasciarla fare a chi ci mette ancora passione. E magari anche un po' di stile.

Credi che la stessa macchina organizzativa che crea un mito della musica, ovviamente fatte le debite proporzioni, possa anche creare un mito della letteratura?
Guarda, su questo ti chiedo qualche mese di tempo. Sto lavorando in quella direzione, ma al momento non posso dirti altro.

Un’ultima domanda. Ma tu volevi fare la rockstar, vero?
Io sono una rockstar. 

mercoledì 1 febbraio 2012

Una nuova collana per Dino Audino Editore

Una nuova collana per Dino Audino Editore. Nasce  La buona politica. Ecco la presentazione attraverso alcuni stralci di un’intervista radiofonica all’editore, registrata alla fine di dicembre 2011.
Abbiamo letto che la sua casa editrice aprirà una nuova collana dal titolo La buona politica. Come mai questa scelta così distante dall’attuale immagine della casa?
In realtà la distanza è più che altro apparente. Per quindici anni, tra il ‘68 e l’83, ho diretto la Savelli, la casa editrice di riferimento di quello che veniva allora chiamato il movimento, e cioè tutta l’area prevalemente giovanile, nata e sviluppatasi a sinistra del Pci negli anni ‘70. Con il rapimento Moro del marzo del ’78 in realtà si concluse tragicamente il cammino iniziato dieci anni prima. Da un giorno all’altro i giovani della sinistra extraparlamentare, fino a quel momento considerati con interesse e perfino simpatia dall’opinione pubblica, diventarono assassini o almeno complici di assassini. La casa editrice continuò a sopravvivere ancora per qualche anno, ma il movimento e una sinistra editoriale furono spazzati via. Oggi iniziare una collana dal titolo ambizioso costituisce il tentativo di ricollegarsi a oltre 30 anni di distanza a quella esperienza editoriale.
Ma non è appunto distante dalla linea editoriale che finora avete portato avanti, dedicata alla formazione nei settori dello spettacolo?
Proprio su questo non c’è grande distanza tra formazione politica e formazione culturale. Lo spettacolo – nel nostro specifico cinema, teatro e televisione – è una parte decisiva della cultura di massa. E la cultura a sua volta è la base non solo necessaria ma indispensabile per il funzionamento della democrazia e quindi della buona politica.
Non credo siano buoni politici coloro che ritengono, anche a sinistra, che gli elettori contino soltanto nel momento delle elezioni. Al contrario sostengo che per valutare il grado di democrazia e civiltà di una società, oltre al reddito procapite bisognerebbe guardare al tasso annuale di crescita della cultura e di consapevolezza civica di un cittadino. Gli strumenti formativi e di crescita culturale valgono anche per chi si impegna in politica o vuole cominciare a farlo.
Ma questo significherà lasciare la vecchia produzione dei manuali per sceneggiatori, scrittori etc.?
Nient’affatto, proprio per le cose dette le due linee saranno complementari, e produrremo una ventina di novità all’anno suddivise tra le due linee.
A questo punto siamo curiosi di sapere qualche titolo.
Tra qualche giorno sarà distribuito il primo libro Nostalgia canaglia, di Franco Giordano intervistato da Peppino Caldarola. Seguirà un dialogo tra Lidia Ravera e Nichi Vendola, poi sarà la volta di Sergio Chiamparino. Abbiamo già altri nomi in cantiere: l’idea di una possibile buona politica marcia dando voce alle diverse elaborazioni e riflessioni, ed anche alle diverse esperienze amministrative. A questo proposito ci occuperemo anche delle pratiche culturali di una città come Torino, con un libro di chi è stato assessore alla cultura per trent’anni di seguito in quella città, e altrettanto faremo con Roma e poi così di seguito.