E' dal 1989 che seguo Thomas Pynchon. In quell'anno cominciai ad interessarmi alla letteratura postmoderna e alla cultura pop e underground. Se le date hanno una rilevanza nelle vite degli uomini, sono convinto che il 1989 sia stato un anno fondamentale. La caduta del muro di Berlino e il crollo della Churchilliana cortina di ferro provocarono un vero e proprio rimescolamento nelle vite di chi era abituato ad un mondo cristallizzato dalla guerra fredda e dal confronto immobile fra Usa e Urss. Sono convinto che gli avvenimenti della grande Storia abbiano inevitabilmente un riflesso sulle vite quotidiane di ciascuno di noi. E che, il venire meno di una certezza immobile come la guerra fredda, abbia provocato un interessante rimescolamento politico, sociale ed anche letterario. Il primo ad accorgersene fu John Le Carré, che infatti comprese come una intera produzione letteraria, basata sul confronto fra le superpotenze, dovesse essere, da un giorno all'altro, archiviata come una sorta di dinosauro letterario. E, se Graham Greene fosse ancora tra noi, ne converrebbe certamente.
Pynchon invece ci sorprende ancora. In attesa di parlare diffusamente di Vizio di forma, segnalo questo sito che, in perfetto stile postmoderno, affastella nozioni, interpretazioni filologiche e memorabilia sul suo ultimo romanzo.
Il libro diventa uno strumento, un mezzo, una variabile impazzita che prescinde dal suo contenuto per confondersi con significati nascosti, teorie del complotto e cointelpro.
Lunga vita al postmoderno.
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