Credo fosse Borges a dire che le trame, le storie, sono solamente tre o quattro: una guerra, un amore e un profeta tradito dai suoi discepoli. E in questa mia incertezza del ricordo che, borgesianamente, diviene essa stessa verità imperfetta, mi rifaccio a ciò che scriveva E.M.Foster nelle conferenze che tenne al Trinity College, a Cambridge, e che vanno sotto il titolo di Aspetti del romanzo: "La Storia è in movimento, l'Arte è immobile." Lo stesso Forster confessò all'amica Virginia Woolf di non avere mai letto Defoe e si fece da lei consigliare i testi fondamentali per preparare quella serie di conferenze. Ed è in questa interessante presenza di reiterate lacune, che accomunano coloro i quali cercano un sottile filo rosso nella parola scritta (non tutti possiamo, con Karl Kraus, affermare: "Ma dove mai troverò il tempo per non leggere tante cose?"), che, inevitabilmente trova la sua ragion d'essere, comunque, la volontà inarrestabile dell'umanità di raccontare e di raccontarsi. L'esigenza irrefrenabile che spinge il cacciatore del neolitico a tracciare, sulla parete di una caverna, le scene di caccia vissute durante il giorno è quindi la stessa del narratore, a noi coevo, che tenta le più ardite sperimentazioni stilistiche.
Il raccontare, il narrare, le storie, le narrazioni, non sono soltanto lo specchio nel quale cerchiamo di riconoscerci, ma rappresentano lo stesso strumento che caratterizza il divenire stesso dell'umanità. Le intersecazioni fra i testi, le opere, le narrazioni, sono gli elementi fondamentali di quella circolarità del raccontare e del raccontarsi che è il punto fermo della Storia, sia quella eroica che quella immobile, per dirla alla Les Annales.
Ne I miserabili c'è l'apparizione quasi spettrale di monsieur Mabeuf che, speso ogni suo avere in libri, marcia assieme ai rivoluzionari, nei moti parigini del 1832.
Se la Storia eroica si rifà a Lawrence d'Arabia, a Byrhtnoth, ad Aiace Telamonio, a Galvano, a Henry Morgan, la Storia immobile trova la sua più alta espressione in quel vecchio intellettuale che marcia, forse senza alcuna speranza, con i rivoltosi. Ed è proprio quella l'incarnazione più simile a quegli hobbit che, resistenti al fascino perverso del potere, riescono a ritrovare la via di casa.
Forse, gli eroi imperfetti siamo noi.
Un libro.
L'eroe imperfetto, di Wu Ming 4 (Bompiani).
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