martedì 24 agosto 2010

Jonathan Franzen non cinguetta

Jonathan Franzen
Jonathan Franzen dichiara di non usare Twitter. Lo riporta il Sole24Ore. La sua analisi è, a mio avviso, molto americana. Molto americana nella misura in cui l'America (intesa come USA, secondo la figura retorica "il tutto per la parte") è il luogo per eccellenza dove le cose accadono, nel bene e nel male. Una nazione che si è trasformata (che ha saputo trasformarsi) in una sorta di immaginario permanente, che si racconta, che si inventa, che si impone culturalmente, come culturalmente si era imposta la Francia del Settecento. Con una fondamentale differenza. Che questo suo raccontarsi, questo suo descriversi con qualsiasi mezzo (cinema, televisione, narrazione) si è trasformato in un enorme business. Hollywood non è altro che la pietra di paragone più evidente. Se è il business (calvinista o selvaggiamente capitalista) a dominare, è evidente che le logiche mercantili hanno il sopravvento. Tuttavia, i maggiori anticorpi contro la deriva puramente commerciale della cultura, l'America li ha trovati proprio in una parte importante della sua narrativa. Don DeLillo, tanto per citare un autore che mi appassiona profondamente, da sempre si pone come una sorta di voyeur (in senso ovviamente positivo) che osserva tutto ciò che di inquietante si nasconde sottotraccia nella vita americana. Ed è forse questo fiume carsico che attraversa la vita di quella nazione, quello che più spaventa Franzen. Questo fiume carsico che si amplifica a dismisura, nel bene e nel male, creando un gigantesco white noise. Quello che lui definisce propriamente "il fast-food della cultura" o "lo sciame di mosche in una sala di lettura". Quel fiume carsico che è così difficile da controllare e che può essere portatore di mutazioni positive, così come può farsi interprete delle peggiori pulsioni. In questo senso definisco l'analisi di Franzen "americana". Nel senso di un'analisi ossessionata e spaventata da quel continuo mutare del presente che, nelle sue declinazioni positive e in quelle più follemente negative e paranoiche (“La violenza è americana come la torta di ciliegie", affermò H. Rap Brown), è la causa/effetto dell'America intesa come luogo dell'immaginario.
Ma se McLuhan ci ha insegnato che "il mezzo è il messaggio", sta a noi assumerci il compito di definire questo messaggio, senza farci usare dal mezzo. Sta a noi assumerci il compito di riempire questo messaggio di contenuti validi. I soli che, con la loro pregnanza, rappresentano la salvezza.
Usiamo Twitter (intaso come web, utilizzando qui la figura retorica "la parte per il tutto") per diffondere la nostra visione del nostro immaginario. Non consideriamolo l'unico mezzo possibile, ma utilizziamolo in sintonia con tutti gli altri, in primis, ovviamente, il libro. Magari, in questo modo, la "Vecchia Europa" ha ancora qualcosa da dire e da insegnare. Anche alla patria dell'immaginario dominante.

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