Corso Salani è morto. Va detta così. Senza fronzoli. A lui sarebbe piaciuto. A lui che era riuscito a capire che la realtà e la finzione si compenetrano e si sostengono a vicenda. A lui che si metteva in gioco in prima persona. A lui che metteva in primo piano proprio quelle ragazze dagli occhi e dai capelli scuri. Quelle ragazze che ti facevano innamorare. Quelle ragazze che erano desiderabili per il solo fatto di esistere, di parlare, di soffermarsi pensose, senza che tu riuscissi a capire a cosa pensassero. Corso Salani, come Rohmer, osservava e descriveva e lasciava parlare. Ma, a differenza di Rohmer, non infondeva, nelle sue opere, quel tocco un po' moralista del francese. No. Corso Salani sapeva benissimo che la realtà andava filtrata dagli stilemi della narrazione. Ma conosceva così bene quella lezione da averla capovolta e da riuscire a far filtrare la narrazione dagli stilemi della realtà. Le ragazze dei suoi film non dovevano ricorrere a quei trucchi da avanspettacolo che hanno trasformato il nostro immaginario visivo in un triste bordello. Le sue ragazze erano belle e desiderabili e terribili. Te ne innamoravi perché sapevi che erano più vere delle donne vere. Perché sapevi che, quando ami una donna, non la ami perché è bella, ma è bella perché la ami.
Piangeranno ora gli occhi scuri di quelle ragazze? Addio, Corso Salani.
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