Se la nostra vita, prigioniera del tempo, può andare verso un'unica direzione, le storie, per nostra fortuna (e forse per nostra salvezza) possono andare ovunque vogliono.
E' dalla nostra memoria, è dal nostro ricordo, è anche dalle nostre paure che nasce l'irrinunciabile desiderio di raccontare e di raccontarci. Ma questo desiderio nasce anche dai luoghi, dalle strade, dalle case, dalle pietre. E i luoghi, le strade, le case, le pietre diventano (o forse sono) gli specchi inevitabili delle nostre anime. E le nostre anime (le nostre vite) sono indissolubilmente legate, nel bene e nel male, a questi luoghi, a queste strade, a queste case, a queste pietre. Noi stessi siamo indissolubilmente legati alle nostre radici, che ci piaccia o no.
Vedi, per formazione sono abituato a cercare spiegazione nei libri, non nei ricordi. Per te il mondo è così giovane che il nonno di tuo nonno potrebbe essere stato il primo uomo. Le tue radici nel passato sono più vive e profonde. Partono dalla memoria e vanno giù verso il basso, attarverso i tuoi piedi fino a penetrare nel fondo di queste campagne. E sotto il suolo trovano i laghi sotterranei della memoria collettiva da cui tutte le fontane e le sorgenti attingono.
Massimo Bubola racconta una storia. Massimo Bubola parla a noi e parla di noi. Come una lieve poesia che, proprio per la sua levità, è la più adatta a sollevare i macigni più pesanti del nostro non detto.
Nella mitologia degli aborigeni australiani, il mondo continuerà finché qualcuno racconterà una storia. Quando le storie finiranno, finirà anche il mondo.
Sono sicuro che questo, Massimo Bubola lo sa.
Un libro.
Rapsodia delle terre basse, di Massimo Bubola (Gallucci).
Nessun commento:
Posta un commento