C'è un peregrinare tra le parole scritte che ci porta a capire che il libro è più importante dell'autore. Leggo giap! Storie per attraversare il deserto, del collettivo Wu Ming. E qui scopro che il comune sentire delle nostre considerazioni può, a volte, trovare punti di incontro inaspettati, che si riconoscono, pur nella naturale mancanza di conoscenza reciproca.
La storia, le storie sono alla base della nostra insopprimibile esigenza di raccontare e di raccontarci. Le storie appartengono a tutti. Chi le narra è soltanto un tramite, soltanto un cantastorie, soltanto un aedo che ha il compito di raccogliere e di spargere. L'opera è sempre più importante dell'autore.
Borges! Ancora Borges! Ritorna in me costantemente la voce del grande argentino. Vado a braccio; parafraso con affanno, forse; cerco di ricordare le tracce che si affastellano nella mia memoria. Per Borges le storie, le trame sono tre o quattro: un omicidio, un amore, una guerra e un profeta tradito dai suoi discepoli. Chi scrive, chi narra, chi racconta altro non fa che ricostruire e riportare in un eterno circolo queste storie, queste trame.
All'autore rimane la grande e inaspettata scoperta di se stesso.
Cito le ultime frasi de La nausea, di Sartre: Un libro. Un romanzo. E ci sarebbe gente che leggerebbe questo romanzo e direbbe: è Antonio Roquentin che l'ha scritto (...) e penserebbe alla mia vita (...) come a qualcosa di prezioso e di semileggendario. Un libro. Ma naturalmente da principio ciò non sarebbe che un lavoro noioso e stanchevole, non m'impedirebbe d'esistere né di sentire che esisto. Ma verrebbe pure un momento in cui il libro sarebbe scritto, sarebbe dietro di me e credo che un po' della sua luce cadrebbe sul mio passato. Allora, forse, attraverso di esso, potrei ricordare la mia vita senza ripugnanza. (...) E arriverei - al passato, soltanto al passato - ad accettare me stesso.
Due libri.
giap! Storie per attraversare il deserto, di Wu Ming (Einaudi).
La nausea, di Jean-Paul Sartre (Einaudi).
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