Ci sono momenti nella vita che rappresentano, forse, un attimo di unione fra i nostri affanni quotidiani e l'eterno.
Un flash. Un'idea. Forse. Nasce nella mia testa facendosi largo tra i pensieri dell'opprimente banalità. L'ho sentita un giorno. In radio. Non sono sicuro di averla ascoltata veramente. Non sono nemmeno sicuro che i protagonisti siano veramente quelli. Ma mi piace pensare che questa storia abbia una sua vita. Insieme a tutte le altre storie.
Syd Barret è ormai da anni in stato semicatatonico. La sua mente ha accarezzato il vuoto e ne è rimasta prigioniera. Moltissimi anni dopo il suo forzato ritiro e poco prima della sua morte, Roger Waters e David Gilmour decidono di forzare il suo isolamento, andandolo a trovare.
La porta è aperta dalla sorella. Syd Barret è seduto in poltrona e guarda nel vuoto. -E' così da sempre- dice lei. Waters e Gilmour tentano di parlargli, di farsi riconoscere. Ma lui non risponde. Non dice nulla. Non si accorge di nulla. Se ne vanno, decidendo di lasciare in pace il genio che ha creato i Pink Floyd e che si è rifugiato, senza speranza, nell'oblio senza tempo del suo presente.
Una voce. Un lamento. Forse.
Poco prima che i due escano, dice: -Insieme abbiamo sempre suonato bene.-
Waters e Gilmour si fermano. Lo guardano. Ma lui si è già ritirato nel suo silenzio.
Non so se quel giorno, andandosene, hanno pianto.
Io l'avrei fatto.
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