Non mi sono mai piaciuti i personaggi principali e gli eroi. In un libro rimango affascinato dalle figure secondarie e nei film sono attratto dai caratteristi. Piuttosto che seguire una star, preferisco apprezzare chi fa bene il suo sporco e anonimo lavoro.
Una ventina d'anni fa mi capitò per le mani una rivista che si occupava di critica cinematografica. Non ricordo più come si chiamava e credo di non averla nemmeno più. E' una costante. Tutte le cose che mi ispirano visioni e storie, prima o poi scompaiono misteriosamente, così come, altrettanto misteriosamente mi si parano davanti (Borges troverebbe la cosa del tutto naturale).
Iginio Lardani non so dove sia nato. Ma il suo è un nome che mi sa di pianura e di appennino. E' un nome che mi sa di alessandrino, di vercellese, di tortonese, forse anche di oltrepadano o lomellino. Non so. E' un nome di confine.
Ci sono zone di confine tra le arti, dove solo un genio può creare. Iginio Lardani si era messo in una zona periferica del cinema. Aveva creato i più bei trailers del cinema italiano. Aveva creato un'altra arte a fianco di quella cinematografica.
In quella rivista c'era la storia della nascita del trailer di Queimada, che lui era riuscito a trasformare in un'opera autonoma, quasi vivente di vita propria.
Iginio Lardani è morto nel 1986. Proprio nell'anno in cui mi capitò davanti agli occhi quella rivista.
Nessun commento:
Posta un commento