Oggi sulla pianura piove. Una pioggia umida, costante. Una pioggia, come disse una volta un mio amico, alla Blade Runner. Una pioggia che ti trapassa i muscoli e anche, forse, il cervello. Ecco perché viene voglia di scrivere certe cose (tutte comunque molto phildickiane).
Lo devo proprio confessare. Mi piace girare sul web per leggere quello che il web dice di se stesso. Digitare friendfeed o twitter o tumblr o wordpress su qualsiasi motore di ricerca e leggere tutto quello che si dice o si racconta o si spera o si prevede sui destini del web2.0, esercita su di me un fascino sconfinato. Adoro sapere se blogger ha ancora un senso. Mi piace conoscere quello che la blogosfera pensa (nel bene o nel male) di tumblr. Provo un senso di appagamento sapere dell’esistenza di ping.fm o di hellotxt. Mi perdo nelle considerazioni di chi cerca di dare un senso a Posterous. Che tristezza infinita e inconsolabile venire a scoprire che un follower ti ha mollato, o che su FB qualcuno dei tuoi amici è scomparso. E che orrore quando il disertore non si è cancellato, ma è ancora lì, con tutti i suoi amici e i suoi followers, e tutto questo senza di me! E il grave è che tutto quello che ho scritto fin qui, l’ho scritto senza alcun intento ironico. E’ questo il grave. E’ questa la mia folle web 2.0 addiction.
Mio nonno combatté nella Prima Guerra Mondiale. Si fece un paio di inverni in una trincea sul Carso, prima di essere colpito da una granata. Si lavava nella neve e, nelle lettere che spediva a mia nonna, ci metteva le pulci morte per far vedere come se la passava da schifo.
Mio padre combatté nella Seconda Guerra Mondiale. Si fece tre anni al fronte, prima di essere travolto dall'otto Settembre e finire preso dai Tedeschi.
Chissà. Almeno la guerra oggi si facesse solo via mail o su qualche social network. Sta di fatto che, come disse una volta un altro mio amico (che non abitava in pianura, ma sulle colline tortonesi): ci va giù bene!
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