Subisco spesso la ricorrenza di un sogno. Su di me, come su tutti quelli che amano i libri, stare in una libreria o in una biblioteca, ha lo stesso effetto che una pasticceria ha su un bambino che ama i dolci.
Nella ricorrenza di questo sogno l'ambientazione è ovviamente una libreria. Immensa, con migliaia di scaffali, dove altrettante migliaia di libri non aspettano altro che di essere guardati, sfogliati, letti.
A pag. 100 de Il Quaderno, José Saramago così scrive: "L'ultima immagine che abbiamo del Brasile è quella di una libreria, una cattedrale di libri...una libreria per acquistare libri, certo, ma anche per godere dell'impressionante spettacolo di tanti titoli organizzati in modo così attraente, come se non fosse un negozio, come se si trattasse di un'opera d'arte."
Certamente è un'effetto della traduzione, ma mi pare di notare nella prosa di Saramago, a me che sono da sempre un frequentatore della parola di Borges, lo stesso ritmo, la stessa prevalenza del non detto che ritrovo spesso, e con sommo piacere, nel grande argentino.
Sempre Saramago, sempre Il Quaderno. Così a pag. 111: "...continuo a considerare (Borges, n.d.a.) l'inventore della letteratura virtuale, quella sua letteratura che sembra essersi slegata dalla realtà per meglio rivelarne gli invisibili misteri."
Due libri.
Il Quaderno, di José Saramago (Bollati Boringhieri).
Il fascino delle biblioteche, di Massimo Listri e Umberto Eco (Umberto Allemandi & Co.)
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