Sì, lo ammetto. Ho letto una storia della musica rock. Anzi più di una. Leggere di musica produce un sottile piacere. La parola scritta, il mezzo stesso della parola, trasfigura l'elemento dell'espressività musicale, creando una vera e propria illusione alternativa che, a poco a poco, diviene altro. Una casa editrice specializzata in testi sulla musica e sulla sua storia, chiamò anni fa una sua collana Vessazioni. Ecco, credo che il segreto stia tutto qui. Vessata dalla parola, la musica addirittura migliora.
Piero Scaruffi non è un critico musicale. Non è un giornalista che cerca la rockstar del momento. Piero Scaruffi è un navigante dell'underground. Non nel senso dell'ambiente anticonformista (spesso venato di conformismo e guidato delle sapienti mani del business discografico) che si fa bello di questa definizione. Scaruffi è un navigante e un esploratore del suo e del nostro underground. Di quello delle nostre anime.
Spietato con i mostri sacri. La sua quasi stroncatura dei Fab Four ha qualcosa di letterariamente immaginifico. La sua valutazione degli Stones e dei Ramones è la stessa che farebbe un mercante di cavalli ad una fiera quando, con disincantata esperienza, si attarda a guardare la dentatura degli animali per capirne quanto di artefatto ci sia in loro.
Un amore profondo (e un altrettanto profondo odio) lo lega a Zappa che alternativamente idolatra o distrugge.
Una passione infinita per il particolare maniacale. La rivalutazione di strumenti atavici delle origini della musica americana, come la washboard. La sua predilezione per esperienze inquetanti e singolari, come quella dei Residents. Il suo attardarsi nell'esaminare, con l'occhio scientifico dell'anatomopatologo, fenomeni produttori di stupefazione, come i Throbbing Gristle e la loro cantante Cosey Fanni Tutti, autentica icona di ispirazione warholiana, in bilico tra musica e porno. Il suo porsi con sufficienza di fronte ai Sex Pistols del tenutario di boutique Malcolm McLaren e dei suoi sodali Johnny "Rotten" Lyndon e Sid Beverly detto Vicious, lo renderebbe ad honorem coautore, con Julien Temple, de La grande truffa del Rock'n'Roll.
Il suo soffermarsi su fenomeni come i Tragic Mulatto o Jello Biafra gli fa alla fine affermare, quasi inconsapevolmente, che tutto comunque è in qualche modo debitore del punk. Come affascinante è la sua altrettanto inconsapevole e quasi paterna pietas per Lydia Lunch, poetessa, cantante, nichilista che lui definisce, con tenerezza priva di ogni acrimonia, "lamentosa".
Piero Scaruffi ha scritto e scrive di musica. A noi il compito di leggerlo sempre.
Due libri.
Storia del rock, di Piero Scaruffi (Arcana Editrice).
Blues, Jazz, Rock, Pop. Il Novecento americano, di Ernesto Assante e Gino Castaldo (Einaudi).
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