E allora scrivi e scrivi e scrivi e scrivi e riscrivi e riscrivi e riscrivi e riscrivi. E poi ancora scrivi e scrivi e scrivi e scrivi e riscrivi e riscrivi e riscrivi e riscrivi. E, prima ancora di scrivere e di riscrivere, hai letto e letto e letto e letto ancora e poi ancora e poi ancora e poi ancora. Perché sai che, per scrivere, devi leggere e leggere e leggere e leggere e poi ancora leggere. E allora, dopo aver letto e letto e letto e letto ancora, scrivi e scrivi e scrivi e scrivi e riscrivi e riscrivi e riscrivi e riscrivi. Poi magari ti capita di riuscire a trovare un editore che ti pubblica e riesci anche ad ottenere perfino qualche recensione e allora sei contento e ricominci a leggere e a leggere e a leggere e a leggere ancora, per scrivere e scrivere e scrivere e scrivere ancora.
Poi un giorno ti capita per le mani questo libretto di Ferruccio Parazzoli, con il titolo accattivante. Accattivante perché sai che parla di gente come te, di gente che legge e legge e legge e legge ancora e poi scrive e scrive e scrive e scrive ancora.
Allora scopri che ci sei quasi arrivato vicino e che ti manca giusto tanto così per la perfezione e che ti sembra di poter già urlare come Martin Eden: lavoro già eseguito!
Ma scopri anche che quel tanto così che ti manca può valere un'intera vita e che forse un'intera vita non sarà abbastanza.
E allora leggi e leggi e leggi e leggi ancora e poi scrivi e scrivi e scrivi...
Due libri.
Martin Eden, di Jack London (Einaudi).
Inventare il mondo. Teoria e pratica del racconto, di Ferruccio Parazzoli (Garzanti).
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