Penso spesso a Borges. Leggo spesso Borges. Cito spesso Borges. L'ho fatto anche qui.
Si insinua nei miei ricordi la Biblioteca di Babele, pubblicata da Franco Maria Ricci e poi passata agli Oscar Mondadori e ormai introvabile. Summa degli incontri tra la parola e il grande argentino. Ho davanti agli occhi L'antologia della letteratura fantastica, con Adolfo Bioy Casares e Silvina Ocampo.
Borges!
Un suo racconto. Descrive il dialogo fra un uomo (Borges? Un'altro uomo? Un suo doppio? Un altro Borges? Un doppelganger di Borges stesso?) e un personaggio di idee filonaziste. L'io narrante scopre, tra le pieghe del discorso propagandistico e affascinato di costui, una sottile ombra di terrore. Quasi che il male, da lui seguito con così tanta enfasi, alla fine e nonostante tutto, lo sconvolga.
Non ricordo che racconto sia, né in quale opera di Borges si nasconda. Io stesso ho seguito per vent'anni un racconto, prima di scoprirne l'autore. Ne ho già parlato qui. Lascio ad altri il sottile gioco della scoperta. Borges mi approverebbe.
Ero prevenuto nei confronti di Curzio Malaparte. Un atteggiamento di vita troppo blasé, troppo guascone. Ma i libri sono sempre migliori di chi li scrive.
Leggo Kaputt. E ritrovo un uomo che si confronta coraggiosamente con il male. Che si confronta coraggiosamente con la banalità del male.
E ne esce nauseato.
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