giovedì 15 ottobre 2009

Il fascino perverso del collaborazionista

Sono le nostre ossessioni a comandarci quando scriviamo. La violenza, la sopraffazione, la banalità dell'orrore quotidiano che regola le relazioni di tutti noi. Questi sono gli elementi coi quali devo scendre a patti nella scrittura. Mi interessa la figura del collaborazionista, mi interessa la figura del poliziotto. Ma non è così semplice. Il collaborazionista a volte non sceglie quel ruolo, ma è la violenza a sceglierlo. E il poliziotto usa una violenza per combatterne un'altra e, alla fine, ne rimane prigioniero.
I personaggi, prima di entrare in una storia, devono cominciare a parlarmi. Devono cominciare a farmi capire cosa vogliono dire e cosa vogliono fare. Alcuni cominciano ora a manifestarsi. L'inizio di una nuova storia. Forse.
Il nostro immaginario non è più solo di parole. E' anche di azioni filmiche che si sono sedimentate nella nostra memoria.
Due film: Cognome e nome: Lacombe Lucien, di Louis Malle e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, di Elio Petri.
Immagini, parole, storie. Forse.

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