lunedì 19 ottobre 2009

Flaubert e Matrix

Flaubert esortava a leggere non per divertimento, perché così fanno i bambini, né a leggere per imparare, perché così fanno i superbi, ma a leggere per vivere.
Ho letto per metà della mia vita come un bambino e poi come un superbo. Ma per imparare a scrivere devi, per forza di cose, leggere per imparare. Per imparare lo stile; per imparare il ritmo; per imparare, perché no, i trucchi del mestiere.
Nel tempo ho scoperto, quasi con orrore, che questo processo presenta i segni dell'irreversibilità. Dal momento in cui inizi a leggere per imparare a scrivere non sei più in grado di leggere per divertirti. Tantomeno per vivere.
In Matrix il personaggio di Cypher (il traditore; c'è sempre un traditore; forse anch'io lo sono) passa il tempo ad osservare la matrice non nella sua forma di rappresentazione, seppur artefatta, della vita, ma nella sua struttura originaria di incessante produzione di codice binario. E lo fa perché ormai è abituato e sa che ogni rappresentazione della matrice non riuscirebbe comunque a strapparlo dalla sua disillusa stanchezza.
Forse siamo tutti nella matrice.
Un film: Matrix.
Un libro: Auto da fé, di Elias Canetti.

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