lunedì 19 giugno 2017

Exit West, di Mohsin Hamid (Einaudi)

La condizione distopica fa sì che l'ucronia si espanda in universi paralleli che divergono l'uno dall'altro per un'asincronia appena rilevabile che, pur nella sua silente cronicità, li rende così estremamente similari, nella loro pur minima differenza, da permetterne la totale sovrapponibilità. 
La finzione narrativa che nasce da quel Settecento britannico da cui principia la figura del romanziere inteso in senso contemporaneo, appare nelle forme del pamphlet che, una volta sedimentato dallo scorrere dei tempi, si trasforma in romanzo fino al momento in cui all'osservatore appaiono entrambi fusi in un'unica espressione letteraria che, come una particella elementare immersa in un divenire quantistico, è al contempo sia materia sia oscillazione di onde elettromagnetiche.
La sfericità costante della materia dell'universo è paradigma tridimensionale della circolarità bidimensionale del tempo, inteso come prodotto del trasferimento di calore entropico che crea il divenire storico che sempre si ripresenta simile nelle sue differenze, e che è dato in dono agli umani come raccapricciante privilegio di vedere se stessi mutare senza poter essere in alcun modo in grado di governare questa mutazione perpetua che li rende oggettività nel medesimo istante in cui invece inculca in essi l'illusione di essere soggettività.
L'autodefinizione medesima che gli umani cercano di applicare a questa mutazione, a cui danno il nome di Storia, è essa stessa variabile a seconda del punto di vista dell'osservatore e così le “invasioni barbariche” della storiografia trincerata al di qua del Reno divengono “migrazioni di popoli” per la storiografia che invece al di là del Reno ha le sue fortezze e lo stesso Oriente sovietico, per un minuscolo secolo opposto all'Occidente capitalista, si trova oggi a esso accomunato in un Nord planetario che definisce invasioni barbariche quelle che un giorno (in questo momento non ci è ancora dato sapere da chi) saranno considerate migrazioni di popoli e, d'altra parte, i mongoli, considerati dalla minuscola Europa medioevale come un flagello disumano, sono considerati in questo medesimo istante come padri della nazione dalla Cina che ne saggiò per prima l'inarrestabile conquista.
Marc Bloch viene fucilato dalla Gestapo il 16 giugno dell'Anno del Signore 1944 a Lione (ex territorio dei franchi occidentali in quell'attimo quantistico occupato dai franchi orientali che si ammantano di un simbolo forse in uso sin dall'età del ferro e trasmigrato poi in ambiti iranici e tibetani con significati del tutto opposti a quello assegnato dalla circolarità dei tempi in quell'istante). Negli anni Venti del ventesimo secolo del secondo millennio fonda “Les Annales”, gruppo di storiografi che per primi osservano come la mutazione cui gli umani sono da sempre asserviti nasce anche e soprattutto da mutazioni meteorologiche, geografiche, idrografiche, climatiche che, unite alla ferocia bellica propria della specie umana, possono diventare porte attraversate da popolazioni definite barbari o migranti a seconda del lato della porta in cui si trovano. 
Nel 1875 a New York Madame Helena Blavatsky (dea o mistificatrice o profetessa o illusionista illusa) fonda la Società Teosofica e proclama al mondo di essere passata attraverso una porta che l'ha messa in contatto con i maestri che tutto conoscono del divenire dello spaziotempo (Albert Einstein, pur senza mai darne notizia, fu un lettore delle sue opere).
Cliccando sul traduttore di Google le due parole “exit west” otteniamo le tre parole italiane “uscire da ovest”, segnalazione apparentemente neutra, toponomastica, aeroportuale, indicazione da non luogo commerciale, autostradale, anonimo.
Se invece superiamo la soglia della porta che in questo istante quantistico è mimetizzata nell'oggetto tipografico in formato codex che ha per titolo le due parole anglosassoni allora ci troviamo nel nostro presente tra le strade e i palazzi di una metropoli mediorientale, forse mesopotamica, sicuramente eretta sulle rovine di mastabe e ziqqurat sumere che un tempo hanno nascosto altre porte da cui sono passati nomadi iranici, Ittiti e Popoli del Mare. Un presente che si sovrappone esattamente al nostro in cui le strade mediorientali sono solcate da pickup blindati condotti da profeti barbuti armati di kalashnikov e fasciati dalle bandiere nere di qualche califfato che idolatra il monolito islamico e che, mentre da un lato mette al rogo i devices simboli della colonizzazione europea e occidentale, dall'altro ne utilizza la penetrazione digitale per rendere eterna l'immagine plastica della sua lotta creando video di una realtà di orrore che coniuga sangue e tecnologia narrante alla Netflix.
Una metropoli mesopotamica che letterariamente discende in linea retta dalla città claustrofobica de La peste di Camus, aggiornata alla disarticolazione di questo nostro medioevo digitalizzato in cui domina l'errore di parallasse che amalgama i concetti di invasione, fuga da guerre disumane, migrazioni provocate da una silente metamorfosi climatica che è già avvenuta nei millenni, avviene ora e sempre avverrà.
Le porte appaiono misteriosamente e misteriosamente sono presidiate da insondabili uomini armati. Appaiono nella metropoli mesopotamica in cui sanguinarie milizie millenaristiche abbattono un governo forse filo occidentale ma altrettanto sanguinario, appaiono lentamente anche in altri luoghi del pianeta al cospetto di scenari di apparentemente tranquilla vita quotidiana, appaiono sempre più spesso e diventano una sorta di reticolo spaziotemporale con cui la natura cerca forse di regolare lo squilibrio numerico degli umani. Le sottili barriere che delimitavano l'illusorietà di una presenza immutabile di Oriente e di Occidente semplicemente svaniscono perché esistono solo nell'illusione degli umani e paesaggi urbani di future guerriglie diffuse si appalesano lentamente nella contrapposizione militare di chi è portato suo malgrado dalla corrente dell'eterna migrazione umana e di chi invece ha ottenuto a caro prezzo una stanzialità lottando per affrancarsi dal suo nomadismo originario.
Una ad una saltano le sicurezze e le certezze ingannevolmente acquisite e le vite quotidiane sono trafitte dal contrasto ormai planetario della mutazione climatica, geopolitica e sociale. Il lettore attento avrà il dovere di leggere Exit West di Mohsin Hamid perchè dalle pagine di questo imprescindibile romanzo si comprende il raccapricciante privilegio che il destino ci ha concesso: quello di essere al contempo soggetti, oggetti e testimoni di una millenaria mutazione al cui termine niente potrà mai più essere come prima.
Un libro.
Exit West, di Mohsin Hamid (Einaudi)

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